Argentina, il regime neoliberista di Mauricio Macri: triste storia di un fallimento annunciato

Argentina, il regime neoliberista di Mauricio Macri: triste storia di un fallimento annunciato

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di Fabrizio Verde
 

Ci risiamo. L’Argentina è tornata nel baratro. Caduta di nuovo a causa di quel neoliberismo che danni  inenarrabili aveva provocato al paese sudamericano. Fino al famoso default e alla fuga in elicottero dell’allora presidente Fernando De La Rua. Che aveva praticamente passato le redini del governo al Fondo Monetario Internazionale. Una scenario che sembra ripetersi con Mauricio Macri, dopo l’annuncio risalente allo scorso mese di giugno di un accordo raggiunto con l’istituzione finanziaria internazionale. 

 

L’ultima intesa tra Argentina ed FMI risaliva al gennaio del 2013: un accordo finanziario siglato dall’allora presidente Eduardo Duhalde, mentre il ministro dell'Economia era Roberto Lavagna. 

 

Poi giunse al potere Néstor Kirchner. Un populista come viene ancora oggi definito in maniera dispregiativa il defunto ex presidente. Questi decise di allontanare il Fondo Monetario Internazionale dall’Argentina estinguendo il debito in una sola soluzione. Così il governo di Buenos Aires pagò in una sola soluzione 9 miliardi e 800 milioni di dollari con un risparmio di ben 842 milioni di dollari di interessi. L’agenzia chiuse il suo ufficio permanente in Argentina e ai tecnici del fondo fu vietato di esaminare i conti del paese. 

 

Nel 2015 Mauricio Macri batte al ballottaggio il candidato kirchnerista Daniel Scioli. Durante la campagna elettorale cerca di nascondere il suo reale programma promettendo investimenti, ma è chiaro che in caso di vittoria implementerà un programma lacrime e sangue. Il classico piano di austerità neoliberista. Così sarà. Circa un anno fa l’imbroglio di Macri veniva denunciato in questo articolo (L'imbroglio neoliberista di Macri in Argentina) dell’economista Alfredo Serrano Mancilla, tradotto in italiano da l’AntiDiplomatico. Una delle poche testate giornalistiche a denunciare sin dal suo insediamento che le politiche di Mauricio Macri avrebbero riportato l’Argentina nel baratro economico e sociale.   


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Nel 2018 è costretto attraverso un «patetico, deprimente, disperato intervento televisivo», per utilizzare le parole di Emir Sader, ad annunciare agli argentini il ritorno ufficiale del Fondo Monetario Internazionale. A cui è stato richiesto un anticipo sul prestito di 50 miliardi di dollari pattuito. 


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La politica di Macri ha fallito. Come ben spiegato da Emir Sader sulle colonne del quotidiano argentino Pagina/12. Macri ha fallito «come tutti i governi neoliberisti falliscono, perché tale modello non ha la capacità di generare un ampio sostegno sociale, per non parlare del sostegno popolare. Perché promuovono gli interessi del capitale speculativo, che non genera espansione economica ma, al contrario, vive sull'indebitamento di governi, imprese e individui, riproducendo i meccanismi della recessione economica». 

 

Analisi interessante è quella fornita dall’ex ministro dell’Economia, Axel Kicillof, sulle colonne dello stesso quotidiano: «A questo punto degli eventi, è chiaro a nessuno che la crisi profonda che il paese sta attraversando non è il risultato della caduta della lira turca, né della stagnazione del Brasile, né della siccità, né del tasso di interesse internazionale, né dell'eredità ricevuta, né dell'ultimo tweet di Donald Trump. La grave situazione dell'economia reale - occupazione, produzione e salari in caduta libera - e l'enorme instabilità finanziaria sono l'inesorabile risultato del programma economico che Macri ha applicato sin dalla prima settimana del suo governo». 

 

Kicillof descrive in maniera efficace i guasti causati dalle politiche neoliberiste: «Nonostante il bombardamento mediatico, le manovre di distrazione e le opinioni degli ‘esperti’, è impossibile non notare che in realtà è un programma neoliberista ispirato al cosiddetto 'Washington Consensus'. In sintesi, le misure sono come al solito: 1. riduzione del salario; 2. apertura alle importazioni; 3. deregolamentazione finanziaria; 4. dollarizzazione dei tassi; 5. alto tasso di interesse; 6. austerità; 7. sconti fiscali per settori concentrati; e 8. indebitamento esterno».

 

«Le politiche neoliberiste - spiega l’ex ministro di Cristina Fernandez de Kirchner - conducono fatalmente alla deindustrializzazione, all'esclusione sociale e al sovraindebitamento. Per la produzione nazionale il cocktail è fatale. La politica di repressione salariale e austerità riduce la domanda interna e, quindi, la fatturazione e le vendite. Le tariffe, d'altra parte, aumentano i costi e l'alto tasso di interesse aumenta il credito fino a renderlo inaccessibile. In questo modo, i redditi diminuiscono e i costi aumentano, comprimendo i profitti. Ma, inoltre, l'alluvione delle importazioni toglie il mercato alla produzione nazionale». 

 

In poche righe vediamo condensata la triste storia di un fallimento annunciato. Perché le politiche neoliberiste oltre ad essere ottuse sono anche superate dalla storia e dalla pratica applicazione reale. Non vi è infatti al mondo nessun paese che abbia ricavato benefici dall’applicazione di tali scellerate politiche. 

 

Queste però continuano a essere propinate, da certi media e taluni esponenti politici, come la soluzione di tutti i mali che affliggono l’economia. In realtà abbiamo visto che i fatti hanno la testa dura e raccontano che proprio l’abbandono totale di certe politiche economiche senza alcun fondamento scientifico rende possibile risanare i guasti. I media mainstream, però, dopo oltre un ventennio di fake news propinate senza soluzione di continuità non possono fare retromarcia. Dovrebbero sconfessare quanto sostenuto finora senza provare un briciolo di vergogna. 

 

Forse questa chiave di lettura può aiutarci a comprendere - restando in America Latina - gli attacchi scomposti al Venezuela bolivariano sottoposto a una cruenta guerra economica senza esclusione di colpi. Così come l’occultamento sistematico dei successi fatti registrare dalla Bolivia di Evo Morales. 

 

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