Charlie Kirk in prima persona. L’incontro di un giovane italiano con TPUSA e il suo carismatico leader

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Charlie Kirk in prima persona. L’incontro di un giovane italiano con TPUSA e il suo carismatico leader

 

di Fabio Ashtar Telarico

 

Nel 2021 e nel 2022 ho avuto l’occasione di incontrare in prima persona Charlie Kirk e Turning Point USA (TPUSA) grazie a Lone Conservative (LC), la rivista studentesca per cui scrivevo al tempo. In quella che alcuni definiscono un’epoca "post-democratica", l'idea che uno schieramento politico possegga la chiave del rinnovamento sociale è immancabilmente defunta. Dopotutto ci sono pochi argomenti da opporre alla constatazione che i partiti politici tradizionali sono gli indistinguibili agenti di un unico consenso delle élite. Piuttosto, ciò che mi portò a collaborare con una rivista “di parte” come fu la possibilità di trovare occasioni per mettere in discussione e scardinare lo status quo. La testata, adesso inattiva, apriva le porte non solo ai giovani repubblicani più ortodossi, ma a chiunque fosse disposto ad analizzare la contemporaneità dei giovani con rigore. Insieme ad altri collaboratori impossibilitati a recarsi a Washington, seguì per due anni la Conservative Political Action Conference (CPAC, la principale kermesse della destra statunitense) in modalità virtuale. A CPAC mi presentai come un outsider: un europeo disilluso non solo da ciò che resta della sinistra, ma dalla politica mainstream nel suo complesso.

Oggi, dopo l’assassinio di Kirk il 10 settembre 2025 durante un intervento di TPUSA alla Utah Valley University, e con un sospetto ventiduenne in custodia, quell’esperienza assume un’urgenza diversa.

Mi collegai, nottetempo in Europa, con cautela e, inaspettatamente, un certo senso di trepidazione. L’atmosfera di CPAC era ben lontana dalle convention politiche italiane: tanto uno show quanto un evento politico, con riflettori hollywoodiani, palchi brandizzati e l’energia carnevalesca di un movimento politico in ascesa pronto a esibirsi davanti alle telecamere. Eppure, dietro la patina scintillante dello showbusiness, CPAC trasmette un paradossale senso d’autenticità sia per i temi trattati sia per l’idea onnipresente che la politica debba deferire all'uomo della strada e non ai tecnocrati di carriera.

 

Lone Conservative come trampolino imprevisto

Il mio accesso a CPAC passava per LC, una testata studentesca rivelatasi sorprendentemente aperta, quasi al pari de l'Antidiplomatico. Inizialmente pubblicai per LC analisi finanziarie ed economiche che spesso superavano i confini ideologici. Quando esplose il caso GameStop, discussi come quell’episodio mettesse a nudo le disuguaglianze strutturali nell’accesso ai mercati finanziari, osservando al contempo come investitori retail auto-organizzati potessero lanciare una sfida populista ai traders professionisti. Lo stesso approccio ha poi informato i miei pezzi più politici su Elon Musk, e Donald Trump, analizzando sondaggi e tendenze elettorali senza forzarli in schemi di "destra" o "sinistra".

Ciò che mi colpì di LC fu la libertà lasciata agli autori rispetto a testate simili ma di opposta tendenza politica. Dal punto di vista editoriale, LC era aperta e ricettiva senza l'asfissiante controllo ideologico che spesso dominano i forum progressisti. Le critiche alle élite finanziarie, politiche o di altro tipo, purché fattuali, non necessitavano d'adattarsi a un copione morale prestabilito. Il paradosso era evidente: una testata a marchio conservatore mi concedeva più spazio di onestà rispetto a piattaforme teoricamente più affini alle mie posizioni.

Fu anche una finestra istruttiva sulla politica al di là dell'Atlantico. I colleghi di LC erano molto più diretti nello stile dei loro coetanei europei, meno inclini al politically correct e immuni a ogni imposizione d'uniformità. All’interno del network dei collaboratori di LC si trovavno conservatori "reaganiani", libertari, sostenitori dei Tea Party, e persino lealisti di Trump impegnati in discussioni accese, ma rispettose. Lo spettro di posizioni era più ampio di quanto avessi visto tra i giovani europei e metteva in luce quanto diversa possa essere la "grammatica" del dibattito politico statunitense. Quella pluralità di voci, e la libertà ch'essa implica, trasformarono la mia esperienza di CPAC da uno spettacolo esotico a un esperimento politico. Attraverso LC entrai nel "circo" del conservatorismo americano e, in particolare, nel mondo di TPUSA e Charlie Kirk.

 

CPAC: messa in scena e l’incontro con Kirk

CPAC si rivelò meno una conferenza che una produzione mediatica. Ogni panel, ogni momento sul palco pareva concepito per lo streaming e la diretta TV. Dietro la presentazione raffinata, però, colpiva la diversità di voci e opinioni. La varietà di accenti regionali da sola trasmetteva una dimensione spesso assente nella politica europea organizzata; e, con il discorso plenario di Viktor Orban, il programma valicò anche i confini degli USA. L’atmosfera era combattiva ma ottimista. Partecipando a CPAC attraverso le videocamere di LC mi collocava spesso nell’equivalente dei corridoi del backstage: luoghi in cui la performance televisioni sfumava nel dialogo schietto con un movimento politico che avanza la propria casa con una sapiente miscela di spettacolarizzazione e sincera convinzione. In quello spazio liminale incontrai la figura determinante per il futuro del conservatorismo tra i giovani statunitensi: Charlie Kirk.

Sospinta da un branding più efficace di molte campagne di marketing professionali, nel 2021 e 2022, TPUSA era il caso di successo che tutti volevano studiare. Kirk ne incarnava l’approccio vincente: carismatico e apparentemente spontaneo, ma forte di una preparazione minuziosa. Conosceva i punti chiave dei suoi discorsi a memoria, ma li snocciolava con la scioltezza di chi sa improvvisare senza perdere il filo. Pur cercando comprensibilmente nuovi adepti, TPUSA non era a CPAC solo per reclutare, ma soprattutto per cantar vittoria. Kirk e la sua organizzazione prosperavano laddove i filoni più "radicati" del conservatorismo americano avevano perso ogni presa: tra i giovani e nei campus universitari. Il messaggio di Kirk combinava posizioni politiche serie e battaglie culturali scelte con astuzia, il tutto avvolto in un’operazione di branding che immediatamente richiamava alla memoria l’ascesa mediatizzata di Silvio Berlusconi.

Ciò che trovai più istruttivo era meno la sostanza delle politiche di TPUSA che la forma del suo appello ai giovani. Nella retorica di Kirk la linea tra "sinistra" e "destra" sfumava; ciò che contava era lo schieramento rispetto alla sfida montante all’establishment a stelle e strisce. Per chi è disilluso dalla politica mainstream, quell'approccio mostrava in maniera persuasiva come l’energia di un leader populista, veicolata dalla mobilitazione giovanile potesse ridisegnare la mappa politica. A seguito dell'assassinio di Kirk, TPUSA è anche una lezione di quanto vulnerabili tali movimenti diventino quando la polarizzazione politica si fa violenta.

 

Un terreno comune tra "sinistra" e "destra"?

A CPAC molti oratori toccarono temi a lungo rivendicati dalla sinistra. Nel 2021, Kirk fu egli stesso alla guida di quello schieramento. Il suo attacco a "Big Tech" lo portò a descrivere come le grandi aziende tecnologiche si siano trasformate in un blocco di potere inattaccabile, più influente degli stessi governi nel plasmare il discorso pubblico, nel sopprimere le opinioni indesiderate e nel fissare i termini del dibattito politico. Analoga convergenza emerse sulle tasse universitarie e l'istruzione superiore, in un panel dove TPUSA si scagliò contro costi gonfiati, la burocrazia eccessiva, e il peso schiacciante del debito studentesco — argomenti indistinguibili dalle critiche di sinistra alle politiche neoliberali in campo educativo.

Eppure, questi punti di contatto raramente si tradussero in un dialogo sincero. Le "guerre culturali" sono al contempo ponte verso gli elettorati tradizionalmente di sinistra e barriera alla convergenza tra i due campi politici. Ponendo l'accento sull’antagonismo circa le questioni LGBT e l'immigrazione, TPUSA unisce il malcontento economico a un più ampio discorso anti-élite. Lo stesso focus, però, impedisce che tali questioni diventino un vero terreno d’incontro con la sinistra più progressista: la retorica polarizzante di Kirk e i suoi accoliti ha spesso soffocato la possibilità di coalizione. Alla fin dei conti, TPUSA fu un'occasione mancata. La sfiducia nelle élite economiche, la frustrazione per istituzioni sclerotiche e la richiesta di maggior rappresentanza travalicano l'usurata dicotomia sinistra–destra. Ma lo stigma di quelle etichette resta invincibile. In Europa come negli USA, ciascun campo sembra perlopiù sordo agli argomenti dell’altro, anche quando entrambi levano la voce contro le stesse ingiustizie. L’assassinio di Kirk ha solo intensificato questa dinamica, irrigidendo le narrazioni più che aprendo varchi di dialogo.

 

Conclusioni: lezioni da CPAC e TPUSA

Per Kirk e TPUSA, CPAC non è mai stata un'occasione per far sfoggio di saggezza politica o ideologica, ma un meta-luogo dove dimostrare la propria inesauribile spinta propulsiva. Il populismo, con tutti i suoi difetti, resta il mezzo più efficace per mobilitare i giovani. Con TPUSA, Kirk fuse il suo carisma e spirito combattivo con il branding necessario per raggiungere una fascia demografica in cui lo spirito critico è spesso tacciato di "fascismo". Ma il successo di Kirk ha dei limiti innegabili. Mettono sul banco d'accusa "Big Tech" o i "burocrati di sinistra" gran parte della "nuova" destra statunitense sottolinea i sintomi. Ignorando le dinamiche strutturali che caratterizzano le società occidentali si rifiutano di affrontare la malattia, limitandosi a cavalcare la rabbia giovanile senza spingere un cambiamento sistemico. Un movimento anti-establishment trasversale è urgentemente necessario; per ora resta più una provocazione che una realtà, sebbene Kirk si muovesse in quello spazio.

TPUSA, in sé, appare squisitamente americano: il fiuto da uomo d'affari alla Berlusconi, la freschezza reminiscente del giovane John F. Kennedy, e l'idealismo dell’outsider di Kirk prefigurano un modello difficilmente esportabile. Eppure, lo stile di Kirk, la sua presa sui giovani, la comunicazione accorta e l'apparente schiettezza possono funzionare anche al di fuori gli Stati Uniti. Resta aperta la domanda se tali tattiche possano essere accoppiate a un programma che vada oltre lo show, domanda posta oggi nei termini più crudi dal vile assassinio di uno dei protagonisti di questa inaspettata convergenza degli estremi.

 

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