Dazi USA-Cina: così il Brasile diventa il primo esportatore di soia verso Pechino

Pechino risponde alle tariffe di Washington tagliando gli ordini di soia e carne suina. Li Yong: "Il protezionismo isola gli USA, non la Cina"

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Dazi USA-Cina: così il Brasile diventa il primo esportatore di soia verso Pechino

Le dinamiche degli scambi agricoli globali stanno subendo un significativo riassetto, con la Cina che riduce drasticamente le importazioni di soia e carne suina dagli Stati Uniti, orientandosi verso fornitori alternativi come il Brasile. Questo cambiamento, accelerato dalla recente escalation di dazi avviata da Washington, non solo riflette le tensioni commerciali tra le due potenze, ma offre anche un esempio emblematico sulle conseguenze geoeconomiche del protezionismo.

Il porto di Ningbo-Zhoushan, tra i più trafficati al mondo, è diventato l’epicentro di questa trasformazione. Secondo i dati diffusi da China Media Group, ad aprile 2024 sono attesi 40 navi cariche di soia brasiliana, con un incremento del 48% rispetto allo stesso periodo del 2023. Solo al terminale Laotangshan, lo scalo prevede di movimentare 700.000 tonnellate di soia brasiliana (+32% su base annua), segnando un’accelerazione nella diversificazione degli approvvigionamenti cinesi.

Il contraccolpo per gli agricoltori statunitensi è tangibile. I dati del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) rivelano che, nella settimana 11-17 aprile 2025 (primo periodo completo dopo l’inasprimento dei dazi), le vendite nette di soia USA verso la Cina sono crollate del 50% rispetto alla settimana precedente, mentre quelle di carne suina hanno registrato un tracollo del 72%. Numeri emblematici: a metà aprile 2025, Pechino ha acquistato appena 1.800 tonnellate di soia nordamericana, contro le 72.800 tonnellate della settimana terminata il 10 aprile. Parallelamente, gli ordini di carne suina sono scesi a 5.800 tonnellate, il livello più basso dall’inizio dell’anno.

La risposta di Pechino all’offensiva tariffaria USA è stata immediata. Dal 10 marzo 2024, la Cina ha introdotto dazi del 15% su pollame, grano, mais e cotone statunitensi, e del 10% su soia, carne suina, frutti di mare e altri prodotti. Una mossa che, come sottolinea Li Yong, esperto della China Association of International Trade, “ha interrotto relazioni commerciali consolidate, costringendo la Cina a cercare alternative più convenienti”.

La transizione cinese verso nuovi fornitori è in corso da anni. Tra il 2016 e il 2024, la quota statunitense nelle importazioni cinesi di soia è crollata dal 40% al 18%, con il Brasile diventato il principale sostituto. Nel settore carne, il panorama è simile: nel 2024, la Cina ha importato 416.000 tonnellate di carne suina dagli USA (18% del totale), ma Brasile e Argentina guidano la classifica. “Paesi come Brasile, Argentina e Australia offrono prodotti comparabili, con politiche commerciali più aperte”, osserva Li Yong, evidenziando come i dazi USA stiano catalizzando una riallocazione globale degli scambi.

Il caso della soia illustra un paradosso del protezionismo: i dazi, pensati per tutelare le industrie domestiche, finiscono per isolare i produttori statunitensi dal più grande mercato mondiale. Intanto, il Brasile consolida il suo ruolo di gigante agricolo globale, mentre la Cina rafforza la sicurezza alimentare riducendo la dipendenza da un singolo fornitore.

La lezione è chiara: in un mondo multipolare multipolare, le politiche punitive rischiano di ritorcersi contro chi le promuove. Come avverte Li Yong, “solo eliminando i dazi unilaterali, gli USA potranno mitigare i danni ai propri agricoltori”. Intanto, Pechino continua a diversificare, dimostrando che, nell’era della globalizzazione, ogni vuoto lasciato da un attore viene rapidamente colmato da concorrenti pronti a cogliere l’opportunità.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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