Ecuador, la dittatura di Moreno rinchiude in prigione preventiva il prefetto Paola Pabón. Non c'è nessuna prova denuncia l'avvocato

Ecuador, la dittatura di Moreno rinchiude in prigione preventiva il prefetto Paola Pabón. Non c'è nessuna prova denuncia l'avvocato

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di Fabrizio Verde

Il presidente del tribunale provinciale di Pichincha, affiliato alla Procura Generale dello Stato (FGE) dell'Ecuador, Julio Arrieta, ha decretato martedì la detenzione preventiva contro il prefetto della provincia omonima, Paola Pabón, che si trova in stato di arresto dallo scorso lunedì.

 

La FGE ha riferito che Pabón è accusata del crimine di ribellione, in relazione agli “atti criminali registrati nel corso delle proteste di massa", nel contesto del diffuso ripudio delle misure economiche prese dal regime di Lenín Moreno su ordine del Fondo Monetario Internazionale.

 

Insieme al prefetto di Pichincha, i dirigenti Cristian González e Pablo del Hierro sono stati arrestati, il primo in detenzione preventiva e il secondo, costretto a comparire ogni otto giorni davanti a un giudice. A loro è stato inoltre vietato di lasciare il paese. Ai tre condannati sono stati congelati i conti bancari e proibita la cessione di beni.

 

Paola Pabón è una dirigente e militante della Revolución Ciudadana. Ha con forza denunciato le persecuzioni politiche dal 14 ottobre scorso, giorni in cui hanno fatto irruzione illegalmente nella sua abitazione all’alba e successivamente l'hanno arrestata, "mi prendono in arresto senza prove. Essere opposizione in una democrazia non può essere un crimine. Non è democrazia quando gli oppositori politici sono perseguitati in questo modo", aveva denunciato in un video dopo la polizia del regime di Moreno aveva fatto irruzione in casa sua.

 

L'avvocato di Pabón, Ramiro Aguilar, ha indicato che la procura non ha presentato le rispettive prove che illustrano la partecipazione della sua cliente al presunto crimine, "l'entità ha presentato chat di WhatsApp su conversazioni di carattere politico", ha aggiunto il legale.

 

L’ex presidente Rafael Correa attraverso Twitter è tornato a evidenziare la strumentalità delle accuse nei confronti di Paola Pabón accusata in base all’articolo 336 di “disconoscere la Costituzione della Repubblica” e “sostenere un movimento armato per alterare la pace dello Stato”.

 

Durante e dopo le manifestazioni di massa, è iniziata la vendetta del regime contro i leader dell'opposizione, il 12 ottobre l'ambasciata messicana in Ecuador ha confermato di aver concesso protezione e rifugio alla deputata ‘corresita’ Gabriela Rivadeneira, che ha accusato il regime di averòa fatta oggetto di persecuzione politica.

 

A protestare contro la repressione politica è anche il Venezuela: il governo bolivariano attraverso un comunicato condanna “le azioni di persecuzione giudiziaria” contro dirigenti politici e sociali in Ecuador da parte del regime di Lenin Moreno.

 

Per le autorità venezuelane è "inaccettabile" che nel mezzo di un processo di dialogo, il governo Moreno "scarichi la sua frustrazione imprigionando indiscriminatamente leader sociali e politici, compresi i funzionari eletti, senza rispettare il giusto processo e la dignità umana".

 

Secondo il Venezuela, queste azioni hanno lo scopo di "distogliere l'attenzione" sulla vittoria che i movimenti sociali e indigeni hanno ottenuto nel paese, ottenendo l'abrogazione del decreto presidenziale che ha causato la rivolta popolare nel paese sudamericano. Secondo Caracas, questo fatto costituisce una "clamorosa sconfitta all'imposizione di ricette economiche del Fondo Monetario Internazionale".

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