Embraco, non esiste una terza via: o nazionalizzazioni o massacro sociale

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Embraco, non esiste una terza via: o nazionalizzazioni o massacro sociale



di Giorgio Cremaschi



L'Embraco Whilpool  licenzia, butta in mezzo alla strada 500 operai e le loro famiglie, mandando a stendere il ministro Calenda e tutto il governo italiano.


Hanno spiegato che non possono fare altro perché hanno degli impegni in Borsa. Il ministro ha  commentato che questo non l'aveva mai sentito. Ma dove vive, non lo sa che questa motivazione, dare valore agli azionisti, è alla base di ogni ristrutturazione, di ogni taglio di personale in tutte le grandi imprese?


Il ministro Calenda è tanto inutile quanto chiassoso. Quando Almaviva ha licenziato 1666 dipendenti il ministro ha scandito: inevitabile visto che quei lavoratori hanno rifiutato di tagliarsi i salari (di 700 euro al mese). Quando la Regione Puglia e il Comune di Taranto sono ricorsi al TAR per difendere la salute dei cittadini e dei lavoratori dell'Ilva, il nostro ha esclamato: così fate chiudere la fabbrica e fuggire la multinazionale che vuole rilevarla ( e che si prepara all'affare del secolo). Anche sull'Alitalia crediamo che il ministro si preparasse a gridare: basta indugi, diamola ai tedeschi ( che la faranno a pezzi). Ma qui i suoi lo hanno fermato, meglio aspettare dopo le elezioni.
Calenda ha mostrato tutta l'autorevolezza sua e del governo quando con Padoan ha firmato un appello agli azionisti di Italo chiedendo loro di quotarsi in Borsa. Non se li è filati nessuno e dopo due giorni Montezemolo e soci vendevano tutto agli americani.


Le multinazionali da noi fanno come le cavallette:  vengono, divorano e poi vanno altrove. In Germania o in Francia non potrebbero farlo, lì i governi glielo impedirebbero, Avete visto che Fincantieri ha dovuto rinunciare al controllo dei cantieri navali francesi. Da noi il governo è un tappetino ove le  multinazionali posano i piedi e allora Calenda urla. Ridicola la scena di un ministro che dice ad un'azienda: non vi voglio più vedere! E allora che ci sta a fare? In realtà la proposta del governo per Embraco era destinata al fallimento perché priva di qualsiasi credibilità.





Intanto Calenda si è dimenticato che il suo collega Poletti ha abolito la cassa integrazione per crisi e l'indennità di mobilità. Fino a poco tempo fa ,  quando un'azienda voleva chiudere,  c'erano i cosiddetti ammortizzatori sociali, cioè almeno due anni di cassa e poi altrettanti di mobilità, che permettevano ai lavoratori di reggere nel tempo e di trovare una soluzione per il futuro. Oggi in nome dei tagli alla spesa pubblica tutto questo è stato abolito, il licenziamento è diventato una sorta di obbligo di legge. E per i lavoratori c'é solo la NASPI, una misera indennità di disoccupazione che dura un anno. È una catastrofe sociale provocata dal governo Renzi: ci sono 200000 lavoratori che entro la fine dell'anno rischiano di finire come quelli dell'Embraco.


Calenda ha dunque proposto alla multinazionale di mettere i lavoratori Embraco in cassa per preparare la riconversione, ma la multinazionale ha opposto al ministro la sua stessa legge: vogliamo chiudere quindi dobbiamo licenziare. A questo punto cosa avrebbe dovuto fare un governo di uno stato degno di questo nome? Avrebbe dovuto rispondere che allora la fabbrica sarebbe stata requisita ai sensi della legge e della Costituzione e posta sotto gestione commissariale. Nazionalizzata insomma. Lo stesso avrebbe dovuto affermare quel fantasma balbettante del presidente della Regione Piemonte Chiamparino. Invece Calenda ha gridato: non li voglio più vedere.. ed è corso a Bruxelles. Dove gli faranno un breve corso sul principio fondante della UE, la libertà di movimento dei capitali. Poi il ministro ha assicurato l'intervento di Invitalia, una struttura pubblica che interviene nelle crisi, dimenticando però che questa può agire solo con il consenso della proprietà, cioè di Whirlpool.. Che magari sarà pure tentata di prendere altri soldi dallo stato, dopo aver licenziato.


Per Embraco, come per tutte le altre drammatiche crisi industriali che sconvolgono il paese, mentre Gentiloni e Renzi vantano la ripresa, il nodo è sempre lo stesso. O lo stato torna ad intervenire direttamente nell'economia e nel sistema produttivo, mettendo vincoli e controlli alle multinazionali e obbligandole a finanziare la ripresa e la riconversione coi loro soldi, oppure c'è il massacro sociale.


O nazionalizzazioni o massacro sociale e devastazione industriale, queste le alternative reali, il resto sono chiacchiere. E per queste ultime Calenda è l'uomo giusto al posto giusto.

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