Giano bifronte o cavallo di Troia?La contrattazione arrendevole conferma la natura subalterna della Cgil
di Federico Giusti
La dinamica contrattuale ha visto nel 2024 la firma di numerosi contratti nazionali e in diversi casi con paga oraria inferiore a un ipotetico salario minimo a conferma di una evidente contraddizione delle Cgil, autentico Giano bifronte del panorama sindacale.
Veniamo ad evidenziare le principali contraddizioni e lo facciamo alla luce delle proteste, anche di iscritti a questa organizzazione, dopo la firma di alcune intese e contratti nazionali tra la fine del 2024 e la prima parte del 2025. Facciamo uscire questo articolo dopo il Referendum per non dare pretesti a chicchessia di astenersi.
È fin troppo facile parlare del ritorno a una buona regolarità nei rinnovi contrattuali rispetto al decennio precedente, la firma di tanti contratti conviene alla parte datoriale con il sostegno di un Governo che mira direttamente alla pacificazione dei luoghi di lavoro. E ogni Contratto rinvia al secondo elemento di contrattazione parti economiche rilevanti e l’applicazione del vasto sistema di deroghe ai contratti. Ci sarebbe invece da chiedersi quale sia l’atteggiamento della Cgil che va a sottoscrivere intese deprecabili con erosione del potere di acquisto e di contrattazione, gestisce previdenza e sanità integrativa con la Cisl ma poi vorrebbe ergersi a sindacato diverso, conflittuale e dalla parte dei salariati.
Se si criticano, a ragione, i 10 anni di jobs act dovremmo anche estendere la analisi e la opposizione a tutti i contenuti che quella infame legge si è portata dietro in materia di lavoro. Ma nel momento in cui critichi le tutele crescenti non vuoi far trasparire che il mondo del lavoro prevede da tempo, con tanto di accordi sindacali, trattamenti economici e normativi diseguali e sono proprio queste disuguaglianze ad avere frammentato l’unità delle istanze rivendicative.
In tutti i contratti acquisisce sempre maggiore forza il welfare aziendale (rinviamo a quanto scritto su Antidiplomatico)
In merito ai contenuti della Legge delega sulla contrattazione decentrata, registriamo una incredibile attinenza tra i temi trattati e i punti salienti della stessa legge come se la contrattazione decentrata, anche per volere della Cgil, seguisse pedissequamente i dettami del Governo attraverso la mediazione delle associazioni datoriali
Stando ad una ricerca Adapt i temi trattati sono lavoro a tempo determinato nel 35% degli accordi con particolare attenzione alle causali che non a caso vorrebbero rimuovere.
Nel 20% dei rinnovi considerati si è parlato di retribuzione degli apprendisti e della loro formazione tirando sempre in ballo gli Enti bilaterali. Nel 36% degli accordi di rinnovo si è parlato di orari di lavoro all’insegna della flessibilità e degli interessi aziendali mentre in 8 casi su 10 esiste un capitolo appositamente dedicato a salute e sicurezza che poi si riducono a tutele individuali per gli ammalati a lungo termine o nella gentil concessione di uno smart che sovente è accompagnato da carichi di lavoro aggiuntivi. E mai si discute della organizzazione del lavoro, dei tempi, dei ritmi, degli strumenti a disposizione.
Chiudiamo sulla formazione, in teoria dovrebbe essere tra i capitoli più gettonati da imprese che lamentano di non trovare professionalità sul mercato, ebbene solo nel 20 per cento dei contratti il capitolo formativo ha trovato spazio. Ancora una volta è evidente quali siano gli interessi delle aziende: abbattere il costo del lavoro, ottenere aiuti fiscali generosi dallo Stato, accrescere la flessibilità e le deroghe, rinviare gran parte delle decisioni alla contrattazione di secondo livello dove hanno maggiore forza
Il vero paradosso è dato dal fatto che solo in pochi casi si è parlato di inquadramento e di professionalità come se da questi elementi non dipendesse anche la corretta attribuzione di adeguati livelli in base alle prestazioni erogate e alle conoscenze acquisite. E ancora più emblematica l’esclusione della disabilità da quasi tutti i contratti, se un tempo sembravano privilegiare i diritti civili al posto di quelli sociali, oggi non tutelano manco quelli
Il tema in assoluto più gettonato è il welfare aziendale che conviene alle aziende e allo Stato perché permette di ridurre il welfare universale, favorisce la privatizzazione con pacchetti di servizi offerti nelle strutture private sanitarie, agevola la contrattazione di secondo livello che porta con sé tutte le agevolazioni fiscali possibili e deroghe peggiorative rispetto ai CCNL
E quasi in metà dei contratti nazionali siglati si parla di coinvolgimento dei lavoratori sui processi decisionali, insomma il modello Cisl con l’avallo Cgil è già vigente, va solo perfezionato e migliorato cercando di pettinarlo al punto giusto per scongiurare sul nascere ogni elemento di conflittualità, estenderlo, cosa più difficile, dalle grandi alle piccole aziende dove il padroncino non è avvezzo a discutere ma solo ad imporre le sue decisioni
Focalizzando l’attenzione sulle dinamiche salariali, si nota come la quasi totalità degli accordi in materia retributiva affronti il tema dalla prospettiva del salario premiante. Tra gli obiettivi più ri correnti per la retribuzione di risultato si rilevano la produttività e l’efficienza economica, che rappresentano il criterio predominante insieme alla redditività e, in misura minore ma comunque significativa, alla qualità. Più della metà degli accordi in materia di premio di risultato prevede l’opzione di welfarizzazione del premio.
Microsoft Word - 2025_rapporto_contrattazione_XI
Non serve un fine analista o giuslavorista per capire che stiamo parlando dello scambio tra aumenti contrattuali e benefit che poi potrebbe convenire alla parte datoriale sia sotto il profilo fiscale sia perché in molti casi il datore, o anche il sindacato, ha anche interesse (siamo forse prevenuti?) nell’ambito di elargizione dei benefit stessi (pensiamo alle convenzioni con strutture della sanità privata offerti dal welfare aziendale con la firma di chi poi si erge a difensore del servizio sanitario nazionale e del welfare universale). Insomma se te la prendi, come la Cgil, con il jobs act non puoi allo stesso tempo ergerti a paladino del welfare aziendale o se lo fai qualche spiegazione dovrai pure fornirla a chi, come noi, sommessamente avanza critiche ragionate.