Gli Usa non possono fare a meno del Maccartismo e della repressione

Non solo un fenomeno durato qualche decennio, ma una corrente politico-culturale presente nella storia degli Stati Uniti.

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Gli Usa non possono fare a meno del Maccartismo e della repressione

 

di Alessandra Ciattini - Futura Società

La solita vulgata storica ci fa credere che il Maccartismo, la grande campagna sviluppatasi negli Usa dalla fine degli anni 40 agli anni 50 del Novecento sia stato solo un episodio isolato e anche giustificato, mentre è un tratto costitutivo sempre presente nel clima culturale e intellettuale di quel paese e che oggi, secondo la grande storica Ellen Schrecker, di origine ebrea e membro dell’Associazione dei docenti universitari statunitensi, si sta manifestando in maniera ancora più virulenta.

Intervistata da «Democracy now», la Schrecker descrive l’attacco sferrato da Trump alla vita accademica e scientifica, sottolineando un’importante differenza: durante l’era associata al senatore Joseph McCarthy, nel 1954 censurato dallo stesso senato e probabilmente morto alcolizzato, venivano presi di mira e colpiti in vari modi docenti individuali soprattutto per le loro attività extra-curriculari, in particolare quelli che avevano avuto rapporti con il Partito comunista; oggi si interviene, si condanna e si reprime tutto ciò che avviene nelle università, generando un clima di paura e imponendo una forte censura assai peggiore di quello che si sperimentò durante il maccartismo. Addirittura, la storica statunitense, che ha studiato anche la storia delle università del suo paese, sostiene che mai si era assistito a un attacco così violento all’alta educazione minimizzato dalla stampa allineata al potere.

Prima di illustrare questo importante tema è opportuno ricordare che la Schrecker è autrice di moltissimi libri, non tradotti in italiano, tra i quali mi limito a citare i più noti Many Are the Crimes: McCarthyism in America (1998)American Inquisition: The Era of McCarthyism (2003), The Lost Soul of Higher Education: Corporatization, the Assault on Academic Freedom, and the End of the American University (2010). Ricordo anche che nel 2003 ha difeso un professore di origine palestinese, un ingegnere informatico, Sami Al-Arian, accusato di supportare il terrorismo, poi prosciolto dall’accusa, che fu licenziato dall’ Università della South Florida.

La conduttrice di «Democracy now», Amy Goodman, comincia la sua intervista alla storica ponendole questa domanda imprescindibile: cos’è e cos’è stato il Maccartismo? La risposta è inattesa e per questo molto interessante: secondo la studiosa “maccartismo” costituisce un termine improprio, dato che non si tratta solo di un episodio vincolato alla carriera politica del senatore McCarthy iniziata nel 1950, mentre il fenomeno si era già sviluppato nella società statunitense dalla fine degli anni ’40.Infatti, il 21 marzo 1947 il presidente Harry S. Truman emanò un ordine esecutivo che istituiva un “Programma fedeltà” ufficiale, il cui scopo era quello di individuare ed eliminare i comunisti dal governo e dall’amministrazione degli Stati Uniti.

Con questa decisione, poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in cui nel marzo del 1945 i nazisti tentarono di arrivare ad una pace separata con gli Alleati, Truman autorizzava l’Fbi a indagare sui dipendenti federali e istituiva comitati di controllo della “fedeltà” degli impiegati nei rami esecutivi, a tutti i livelli, nominati dalla stessa presidenza. Tra il 1947 e il 1953 furono indagati circa 4 milioni di dipendenti federali, di cui 378 licenziati dopo essere stati considerati pericolosi per la sicurezza del paese da questi Loyalty Review Boards, in 5.000 si dimisero.  

I reati previsti erano: sabotaggio, spionaggio, tradimento, sedizione, divulgazione intenzionale e non autorizzata di informazioni riservate, volontà di rovesciare con la violenza il governo degli Stati Uniti, appartenenza, affiliazione a qualsiasi organizzazione ritenuta totalitaria, fascista, comunista o sovversiva. Pertanto, secondo la Schrecker, sarebbe più opportuno definire questo fenomeno di repressione politica, diretto a colpire in primis i comunisti, Hooverismo dal nome di J. Edgar Hoover, all’epoca direttore del FBI, cui fu affidato il compito di monitorare i cittadini statunitensi.

Da notare che nessuno dei casi esaminati ha individuato attività del tipo di quelle su indicate, benché sia ancora controverso il caso della condanna a morte dei coniugi Rosenberg, accusati di aver fornito ai sovietici informazioni sulle armi nucleari ottenute da un intermediario (il fratello di Ethel) che aveva lavorato nel laboratorio di Los Alamos. I figli dei condannati ribadiscono l’innocenza dei loro genitori e affermano che i documenti declassificati non sono quelli originali e che furono uccisi perché si rifiutarono di collaborare con gli inquirenti, denunciando altre ipotetiche spie. Altro elemento determinante della condanna fu la competizione tra repubblicani e democratici per conquistare gli elettori più conservatori, mostrandosi entrambi ferventi anticomunisti.

Nell’aprile 1953 il presidente Dwight D. Eisenhower sospese l’ordine di Truman, ma lo sostituì con un altro che ampliava la possibilità di controllare la “lealtà” di tutti gli impiegati federali. Fu Bill Clinton che nel 1995 e nel 1998 abrogò queste misure prese prima da Truman e poi da Eisenhower.

Tuttavia, come è avvenuto nel caso della discriminazione razziale, contro cui intervenne anche Truman, non bisogna credere che l’abrogazione di una norma implichi la sua immediata applicazione, particolarmente in queste peculiari questioni, giacché l’anticomunismo e il razzismo sono profondamente radicati nella società statunitense. E in effetti, nel settore accademico, l’anticomunismo continuò ad operare, sia pure in maniera nascosta, colpendo numerosi insegnanti, continuando a spiarli per anni, impedendo la loro assunzione. Abbastanza noto è il caso di George Stocking, un grande storico dell’antropologia culturale, che ha insegnato nell’Università di Chicago e che nel suo ultimo libro racconta la sua vicenda di sorvegliato dall’Fbi, basandosi sul suo personale dossier compilato dall’Fbi, che poté ottenere grazie al Freedom Information Act emanato dal presidente Lyndon Johnson nel 1966.

Per aver appartenuto al Partito comunista, per essersi opposto alla guerra di Corea e a quella del Vietnam, alla condanna dei Rosenberg fu spiato dal 1940 al 1984 ed era nella lista delle persone da incarcerare in caso di conflitto con l’Urss.

Sembrerebbe che in realtà lo stesso Truman, fautore della dottrina di “contenimento” dell’Urss, non credesse molto al pericolo comunista, ma decise di assumere questo atteggiamento per contrastare i conservatori e i repubblicani che avevano fatto del Red Scare la loro bandiera e che giudicavano il loro avversario troppo condiscendente verso i rossi.

D’altra parte, l’attività di McCarthy era stata preceduta dalla creazione della Commissione parlamentare per le attività antiamericane, avvenuta nel 1938, il cui scopo era indagare sui rapporti tra il Partito comunista degli Usa e l’Urss, per scoprire la presenza di spie e di comunisti nei sindacati, nei mass media, nel sistema educativo etc. Essa aveva lo stesso nome della successiva Commissione presieduta da McCarthy, che le fu cambiato nel 1969 (Commissione per la sicurezza interna). Dopo aver perseguitato per anni illustri intellettuali con Charlie Chaplin, Leonard Bernstein, Orson Welles etc. fu abolita formalmente nel 1975, ma lasciò in eredità la sua ideologia fascista ad ampi settori della società americana.

Ancora prima, nel 1940, era stato promulgato Alien Registration Act, conosciuto come Smith Act, che obbligava gli stranieri, ossia i privi di cittadinanza, a registrarsi negli appositi uffici del governo federale. L’intento era quello di tenere sotto controllo i possibili sovversivi non naturalizzati, condizione nella quale si trovarono gli anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, già inseriti in una lista di pericolosi rivoluzionari, quando nel 1927 furono ingiustamente condannati e uccisi sulla sedia elettrica. Non meno significativa è la vicenda dei 120.000 individui di origine giapponese, cittadini o no che, sulla base di un ordine esecutivo del presidente F. Delano Roosevelt, furono internati in appositi campi tra il 1941 e il 1944.

Secondo la Schrecker gli attacchi virulenti fatti da Trump e da Musk, da quando sono giunti al potere per poi separarsi non amichevolmente, sono molto peggiori di quanto fu prodotto dal vecchio Maccartismo, campagna cui partecipò anche l’avvocato Ray Cohn, vecchio amico di Trump, perché a suo parere essi mirano alla distruzione dell’università statunitense, fenomeno cui stiamo assistendo in tutti i paesi a capitalismo avanzato. Nell’ambito dell’alta educazione, oggi l’obiettivo dichiarato è espellere le concezioni radicali e il cosiddetto antisemitismo dalle università, utilizzando i tagli economici e l’appoggio dei docenti allineati. Quest’ultimo costituisce solo un pretesto dato che è impiegato da un personaggio razzista, da sempre legato a gruppi fascisti, come il presidente Trump.

Il problema è che questi attacchi sono tesi a colpire la vita universitaria nel suo complesso: repressione delle proteste contro Israele, la minaccia di espulsione di studenti e di docenti, le pressioni sui contenuti dell’insegnamento, sulle decisioni nell’assunzione del personale etc. E ciò avviene in un contesto in cui il settore universitario è molto più debole, rispetto agli anni 60, quando nelle università si svilupparono i movimenti contro il razzismo, contro la guerra in Vietnam, contro la falsa democrazia Usa. Per questo, in quel periodo, nonostante continuasse in modo silente il monitoraggio politico di studenti e docenti, le università avevano acquistato prestigio ed esercitavano una certa egemonia nella vita politica. Ma già al tempo di Reagan si decise di contrastare questi movimenti sia con la repressione che con la solita politica dei tagli alle istituzioni universitarie che si dovettero rivolgere a finanziatori privati, che ovviamente condizionano fortemente le attività di ricerca e di insegnamento.

Come l’università italiana, anche quella statunitense ha sofferto delle politiche neo-liberiste, fondate sull’aumento delle tasse, sulla riduzione del sostegno pubblico, sull’aziendalizzazione, sulla precarizzazione dei docenti e sullo straordinario debito degli studenti, che ammonta oggi a 1,6 trilioni di dollari (debito detto ironicamente d’onore non contratto dagli italiani). Nonostante ciò, ancora oggi l’università Usa viene portata ad esempio dagli ammiratori dell’”America grande”, anche se proprio il suo funzionamento impedisce che il numero dei laureati sia adeguato alle esigenze del paese, aspetto rivelatore del suo declino egemonico. In particolare alla prestigiosa università di Harvard sono stati tolti 3 miliardi di dollari e, in generale, si vuole proibire l’iscrizione di studenti stranieri.

Oltre a questi processi distruttivi, la Schrecker menziona anche la campagna portata avanti da 50 anni contro le università, finanziata dai settori più conservatori e di destra, il cui scopo è espellere dall’accademia le correnti più progressiste per subordinarla completamente alla politica imperante. Tuttavia, il secondo mandato di Trump sembra aver rianimato l’anima protestaria e progressista universitaria, che non ha potuto avvalersi dell’esperienza storica degli intellettuali pacifisti, vicini al Partito comunista che furono brutalmente marginalizzati. Un bell’esempio di questa rinascita è stato il discorso tenuto al Massachusetts Institute of Technology da Megha Vemuri, presidentessa di corso e indo-americana, che indossando una kefiah rossa e bianca ha ricordato il sostegno della larga maggioranza degli studenti alla causa palestinese. Infatti, riprovando il genocidio, essi hanno votato perché siano interrotte le relazioni con lo Stato sionista e per questo sono stati oggetto di minacce e di intimidazioni da parte degli stessi funzionari dell’università.

È interessante anche che proprio di questi tempi è stato presentato a Broadway lo spettacolo “Good Night and Good Luck “, ripreso dal film dallo stesso titolo di George Clooney, che ha avuto uno straordinario successo. Nel corso dello spettacolo, di cui Clooney è protagonista, si descrive lo scontro tra un giornalista e il senatore McCarthy, e si mostrano filmati originali. Come ha dichiarato, con questo suo lavoro (il precedente film lo aveva girato all’epoca della guerra contro l’Iraq del 2003) l’attore-regista intende mostrare come le amministrazioni Usa tentino sempre, in un modo o in un altro, di sabotare la libertà di espressione e di subordinare i media.

Come si vede, nonostante l’Hooverismo sia sempre attivo nelle università Usa e fuori di esse, spesso incontrando ovunque il sostegno passivo e la vera e propria collaborazione, prestata da funzionari asserviti, vi sono alcuni segnali di risveglio in diversi ambiti alimentati da vari gruppi, che combattono contro la demonizzazione politica degli avversari, la cancellazione dei diritti essenziali dei lavoratori, l’espulsione dei migranti in un paese in cui solo una piccola parte di questi ultimi (l’élite al potere sempre più impopolare) cerca di mantenere il controllo indiscusso, avvalendosi anche di questa ideologia fascistoide. Del resto, bisogna ricordare che la Dichiarazione di indipendenza del 1776 fu pronunciata da un gruppo di latifondisti schiavisti che consideravano assai pericolosa la campagna abolizionista che stava prendendo corpo in madre patria.

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