I 12 punti del "Piano cinese": no doppi standard nella soluzione di Pechino alla crisi ucraina

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I 12 punti del "Piano cinese": no doppi standard nella soluzione di Pechino alla crisi ucraina

 

Come da più parti anticipato nei giorni scorsi, e all'indomani della visita di Wang Yi, a capo della Commissione Affari Esteri del Partito comunista cinese, Pechino ha oggi presentato il proprio documento, suddiviso in 12 punti, per una possibile soluzione della crisi ucraina. Prima di descriverlo, va detto che esso è in linea con le tendenze tradizionali della diplomazia cinese e che ribadisce alcuni concetti più volte espressi, su tutti quello della natura “non esclusiva” e particolaristica della sicurezza. Altra considerazione che va tenuta ben presente: benché sia rivolto principalmente alla soluzione del conflitto militare in essere da ormai un anno, il documento si situa in una cornice di crescenti tensioni anche in Estremo Oriente, con particolare riferimento alla delicata questione di Taiwan (è di queste ore la notizia di un aumento della presenza di militari Usa nell'isola cinese).

Si parte quindi con la richiesta del pieno rispetto della sovranità di tutti i Paesi, in rispetto della Carta delle Nazioni Unite: “La sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale di tutti i paesi devono essere efficacemente sostenute.Tutti i paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, sono membri uguali della comunità internazionale.Tutte le parti dovrebbero sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l'equità e la giustizia internazionali”. Viene certo ribadita la condanna di ogni aggressione militare, compresa quella russa ai danni dell'Ucraina, ma tale condanna vale anche per un passato, anche recente, troppo spesso “rimosso” fatto di guerre scatenate da Usa e alleati; rimozione che rende poco credibili le attuali condanne espresse nei confronti di Mosca. Il primo punto termina, infatti, con questa specificazione: “Dovrebbe essere promossa un'applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti”.

Il secondo punto possiamo considerarlo un “classico” della diplomazia cinese post 1989 e disintegrazione dell'Unione sovietica quale l'abbandono della “mentalità da guerra fredda”. Ad essere presi di mira sono l'unipolarismo statunitense e l'allargamento della Nato, con la conseguente disseminazione di tensioni e destabilizzazioni, in un quadro internazionale oggettivamente avviato sulla strada della multipolarità: “La sicurezza di un paese non dovrebbe essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari. I legittimi interessi e preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi devono essere presi sul serio e affrontati adeguatamente. Non esiste una soluzione semplice a un problema complesso. Tutte le parti dovrebbero, seguendo la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile e tenendo presente la pace e la stabilità a lungo termine del mondo, contribuire a creare un'architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile. Tutte le parti dovrebbero opporsi al perseguimento della propria sicurezza a scapito della sicurezza altrui, prevenire il confronto tra blocchi e lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico”. Nella sostanza si sottolinea come la decisione russa di procedere all'invasione e all'occupazione di una parte del territorio ucraino sia anche il risultato di una politica sconsiderata – anch'essa aggressiva – che ha indebitamente elevato il particolare (l'espansione della Nato a Est) a universale (Occidente come garante della pace e del rispetto del diritto internazionale) minando gravemente la sicurezza della Russia.

In altre parti (punti 3 e 10) il documento individua nell'abbassamento della tensione a favore di una progressiva moderazione delle politiche delle parti contrapposte (Russia e Nato, più che Russia e Ucraina, come è ormai evidente a tutti). Accanto alla richiesta di evitare ogni minaccia di ricorso all'arma nucleare (avviso recapitato a Mosca), resta la ferma condanna di alcune pratiche quali l'innalzamento in quantità e qualità delle armi a Kiev, il sanzionismo unilaterale occidentale (del quale Pechino è storica vittima) da troppo tempo utilizzato come arma di ricatto, e la tendenza tutta occidentale di farsi poliziotto e giudice globale (facendo saltare la classica e liberale distinzione dei poteri). Riportiamo direttamente dal documento: “Tutte le parti devono rimanere razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni e impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura sfugga al controllo. Tutte le parti dovrebbero sostenere la Russia e l'Ucraina nel lavorare nella stessa direzione e riprendere il dialogo diretto il più rapidamente possibile, in modo da ridurre gradualmente la situazione e raggiungere infine un cessate il fuoco globale”. Inoltre “le sanzioni unilaterali non possono risolvere la questione; creano solo nuovi problemi. La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali e della 'giurisdizione a braccio lungo' nei confronti di altri paesi, in modo da fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina e creare le condizioni affinché i paesi in via di sviluppo possano far crescere le loro economie e migliorare la vita della loro popolazione”.

Per le altre richieste più specifiche come la protezione delle popolazioni, la messa in sicurezza delle centrali nucleari e l'esportazione di grano rinviamo direttamente al documento integrale al link qui allegato

Diego Bertozzi

Diego Bertozzi

Laureato in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Milano e in Filosofia e Scienze filosofiche all'Università degli Studi di Verona, si occupa da tempo di storia del movimento operaio e di Cina. Ha pubblicato per Diarkos  "La nuova via della seta. Il mondo che cambia e il ruolo dell'Italia nella Belt and Road Initiative" (2019)
 
 
 

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