Il bagno rituale ebraico a Ostia Antica? Una risposta di studenti e ricercatori

1961
Il bagno rituale ebraico a Ostia Antica? Una risposta di studenti e ricercatori


di Agata Iacono

La "scoperta" del bagno rituale ebraico a Ostia Antica e pubblicizzato sui media anche di oltreoceano (NYT ad esempio), oggetto di conferenza stampa del ministro della cultura Giuli con Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma, viene smentito dagli stessi studenti e ricercatori archeologi che lavorano agli scavi. 

 
Di seguito il loro comunicato: 


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Una risposta sul caso della Domus di Ostia

 

Chiunque lavori nell’ambito della preservazione, della ricerca e della valorizzazione dei beni culturali non può che rallegrarsi quando i riflettori vengono puntati sui duri sforzi e l’impegno indefesso delle giovani generazioni di archeologi che si affacciano sul mondo dello scavo, del rapporto con la terra e con i materiali che generosi tornano a disposizione del contemporaneo. Nonostante le condizioni in cui versa la categoria di professionisti, noi tutti possiamo definirci realmente tolleranti, silenziosamente osservanti e rigorosi, pronti a subire il sopruso in nome di un amore sconfinato per la missione storica e scientifica che ci avviluppa con passione.

Quando le luci si sono accese sugli interessanti risultati delle campagne di scavo OPS (progetto Ostia Post Scriptum), non ci si aspettavano ringraziamenti, incoraggiamenti o riconoscimenti di sorta. Chi ha versato sudore e lacrime sugli strati picchiati dalla canicola estiva della bella Ostia antica lo ha fatto con dignità, consapevole di agire dietro una quinta ombrosa, mai abbastanza degna di menzione. Va bene così, ci siamo tutti abituati e fa parte del nostro lavoro, ciò che conta è parlare dei risultati e divulgarne gli aspetti focali.

Ma è proprio qui, arrivati a questo punto, che il silenzio termina. Tacita Muta ci leva la mano dalla bocca per commentare la strumentalizzazione di anni di lavori ancora non pubblicati. Il nostro apparato istituzionale purtroppo si spende nell’approssimazione e nelle semplificazioni che, ad oggi, non possono avere un reale e concreto seguito. La splendida domus scavata in questi anni dagli studenti dell’Università di Catania e del Politecnico di Bari ha regalato gioie insperate a tutti noi ricercatori, fornendo materiale di studio variegato e talmente ricco da non poter essere inquadrato in un chiaro e fin troppo definito scenario culturale.

Proprio per la natura complessa del contesto, è ancora impossibile poter capire di cosa si stia trattando, giacché sono stati rinvenuti, all’interno dell’ambiente recente oggetto di cronaca, elementi molto diversi fra loro. Su tutti i reperti rinvenuti nelle ultime campagne di scavo, solo uno di essi – una lucerna raffigurante una menorah – può far chiaro riferimento all’antichissima comunità ebraica di Ostia, ma questa non è stata rinvenuta nel vano di cui si sta trattando. Gli altri reperti appartengono a quello scenario di pluralità di cui il porto fluviale di Roma era uno splendido simbolo: numerose lucerne con chrismon, una con cratere, un’altra con delfini e un’altra ancora con leone dell’atlante. Per quanto concerne l’ambiente di cui si vuole trattare nello specifico, all’interno di esso sono state rinvenute un’iscrizione con dedica alle Ninfe ed alcuni frammenti statuari paganeggianti, le cui ricostruzioni preliminari farebbero pensare ad una figura stante con gamba incrociata, posa tipica di figure legate al culto di Cibele – Attis – o di Mitra – Cautes o Cautopates –.

L’ambiente in questione è inoltre dotato sulla sommità di un piccolo spazio absidato che farebbe pensare ad un elemento architettonico tipico dei ninfei, non a caso, la nicchia con colonnine visibile in alcune foto pubblicate è stata rinvenuta con tracce di colore azzurro e molte concrezioni e decorazioni in malacofauna. Le pareti circostanti e immediatamente sottostanti alla nicchia si presentavano, al momento della scoperta, rivestite da ricchi intonaci colorati, dall’azzurro al verde acqua fino al rosso. Perché dunque parlare di un luogo dedicato al mikveh – bagno per abluzioni e purificazioni ebraico – quando questo ambiente risulta tanto complesso e poliedrico?

In molti articoli che sono usciti nelle scorse ore e giornate si parla della collaborazione con l’Associazione Archeologia Subacquea Speleologia Organizzazione (A.S.S.O.), la quale avrebbe contribuito allo scavo del vano sopracitato consentendo il ritrovamento di una seconda lucerna con menorah – forma Atlante VIII –. Le recenti fotografie pubblicate dal MiC e dal Parco non consentono di comprendere o confermare ulteriori operazioni di scavo rispetto a quelle già effettuate dagli studenti e ricercatori, questo infatti risulta un punto su cui non si riesce a far luce e vorremmo che venissero date quanto prima delucidazioni. Non è del tutto chiaro inoltre se la “seconda lucerna con menorah” sia stata trovata sul fondo del pozzo – come afferma Il MiC[1] assieme all’agenzia ANSA[2] – o fra i detriti che lo coprivano e riempivano – strati di abbandono e di obliterazione ove sono state ritrovate l’iscrizione dedicata alle Ninfe, i frammenti statuari e alcune lucerne senza menorah – come invece indicato dal Parco Archeologico.[3]

Questa ultima dichiarazione ufficiale vorrebbe l’instrumentum domesticum del caso provenire dallo stesso cumulo in cui furono trovate anche le lucerne e i frammenti statuari già menzionati. Stando così le cose, le opzioni sul tavolo rimangono fondamentalmente due: o tutti quegli strati di butto e crollo sono da considerare totalmente fuori contesto, pertanto svincolati dall’ambiente specifico in questione, o hanno tutti quanti una attinenza con esso, tertium non datur. Nel secondo caso possibile, non potremmo che trovarci davanti ad una affascinante commistione di elementi di matrice sia politeista che monoteista, il che aprirebbe una serie di intriganti scenari ipotetici e metterebbe temporaneamente da parte le assolute certezze avanzate nei giorni scorsi.

La ricchezza della domus e il suo evidente sincretismo simbolico e decorativo farebbero invece pensare – ci teniamo a dirlo in via del tutto ipotetica – all’abitazione della potente famiglia dei Lucilii Gamalae, probabilmente provenienti dalla Palestina[4] ma di cui non si è mai appurata una fede all’ebraismo, anzi. Publio Lucilio Gamala Senior si spese personalmente per la costruzione dei quattro tempietti[5] [6] – dedicati a Venere, Fortuna, Cerere e Spes – verso la metà del I secolo a.e.v., in un’area molto poco distante dalla domus ancora in corso di scavo. Abbiamo a che fare così con prototipo perfetto di integrazione sociale e culturale, rappresentato architettonicamente da un ambiente in cui l’acqua era senza dubbio protagonista.

Perché dunque ricollegare tutto al mondo strettamente ebraico con così tanta fretta, senza concedere la possibilità di approfondire in più versi e soluzioni gli studi sulla natura di questo ambiente e più in generale della domus che lentamente sta riemergendo? Vorremmo che si facesse una generale chiarezza, che si evitassero gli annunci sensazionalistici della politica, oltretutto non suffragati ancora da prove concrete. Non possiamo che tentare di attenerci ai fatti scientifici e ci è dunque impossibile accettare, per ora, le narrazioni basate sulle occasioni e sulle convenienze.

In seguito a tale rivendicazione – da smentire o confermare nel tempo con ulteriori verifiche scientifiche ed una opportuna pubblicazione –, la parola “tolleranza” si disperde fra i venti dell’Est. Non solo non ci sono ancora i mezzi per dare certezze scientifiche a chi ne va congetturando l’esistenza, ma non possiamo più permetterci di accettare supinamente una identificazione senza sciogliere prima questi punti di dubbio, affinché si lascino pacificamente le porte aperte anche per altre ipotesi più inclusive e composite. Davanti a queste evidenze, noi che ogni giorno fatichiamo per i beni culturali, per l’arricchimento artistico e per il devastato mondo dell’archeologia diciamo no all’essere strumenti di narrazioni politiche come quelle a cui abbiamo assistito, soprattutto in un’epoca travagliata come questa.

Ciò detto, pur non condividendo la strumentalizzazione subita, i nostri più vivi ringraziamenti vanno alle nuove opportunità di scavo dopo decenni di “stop” in un sito di pivotale importanza come quello di Ostia antica, sempre generoso nel coadiuvarci verso una maggiore comprensione della nostra profonda identità mediterranea, degli evidenti intrecci culturali e religiosi che caratterizzavano il mondo romano e di conseguenza, per fare in modo che il dibattito scientifico sia sempre vitale e cospicuo. Forti della sobrietà e della serietà scientifica che ci contraddistingue, continueremo il nostro lavoro con la massima professionalità, per il bene dell’archeologia e del nostro patrimonio.

 

[1] https://cultura.gov.it/comunicato/27331?fbclid=IwY2xjawI8-31leHRuA2FlbQIxMAABHZ8CS4B__FZdHWtNBW50VOMdmPLVN2bvTDG8h3KG4aTA5uojF39qeiKWsQ_aem_R1Ga7a2JgwFeDwOsa5f1nQ.

[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2025/03/10/il-bagno-rituale-ebraico-riemerso-dagli-scavi-di-ostia-antica_a9c18a65-19a4-4ce8-8d17-7a4af9449b31.html.

[3] https://www.ostiaantica.beniculturali.it/it/eventi/nuova-luce-sulla-presenza-ebraica-a-ostia-scoperto-un-mikveh-bagno-rituale/?fbclid=IwY2xjawI8WJpleHRuA2FlbQIxMAABHbtdK66foO8FxBbhGlKfwAG-T6ZH4HqdwwkPBqSSxBNASnhdJINfL8w8nQ_aem_8lwuzCkyijc3Iix65UVSfQ.

[4] Zevi F., “P. Lucilio Gamala senior e i quattro tempietti di Ostia”, Mélanges de l'école française de Rome, 1973, p. 577.

[5] Zevi F., “P. Lucilio Gamala senior e i quattro tempietti di Ostia”, Mélanges de l'école française de Rome, 1973, p. 556.

[6] CIL XIV, p. 70, n. 375.

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