Il modello Venezuela: 64 tonnellate di droga sequestrate senza bombardamenti
La strategia di Caracas smaschera il vero volto della guerra alla droga USA: azioni spettacolari e letali che ignorano deliberatamente le rotte principali del traffico
Forte colpo assestato al narcotraffico internazionale: il Venezuela rende noto un bilancio che sfida apertamente le narrative dominanti. Diosdado Cabello Rondón, vicepresidente e ministro degli Interi della Repubblica Bolivariana, ha dichiarato che le forze di sicurezza nazionali hanno sequestrato, dall'inizio dell'anno, circa sessantaquattro tonnellate di droga. Un risultato ottenuto, ha sottolineato con forza, senza dover ricorrere a bombardamenti e senza aver causato la morte di alcuna persona. L'annuncio, fatto durante un congresso sul consumo di droga e la delinquenza giovanile, non è solo un resoconto operativo, ma un atto d'accusa preciso. Cabello delinea i contorni di una lotta che definisce radicale, condotta sulle strade e nei porti venezuelani, a differenza di azioni che etichetta come occasionali, vere e proprie messe in scena per coprire altri obiettivi.
Il contrasto con le operazioni statunitensi nella regione caraibica non potrebbe essere più stridente. Mentre Caracas rivendica un approccio che unisce la repressione a un lavoro di prevenzione e di trasformazione dei valori tra i giovani, il Segretario alla Guerra USA, Pete Hegseth, conferma un altro attacco contro presunti motoscafi dei narcos, un'operazione che ha portato alla morte di tre persone. È qui che le intenzioni reali degli Stati Uniti nel Mar dei Caraibi vengono messe a nudo con cruda evidenza. La scelta del termine "Segretario alla Guerra", un retaggio del passato riemerso nell'attuale amministrazione, non è un dettaglio semantico, ma un segnale chiaro di un approccio militarista e unilaterale. Gli Stati Uniti persistono nel focalizzarsi su azioni spettacolari e letali in zone specifiche, mentre, come fa notare Cabello, l'ottantasette per cento del traffico di droga continentale segue altre rotte, che restano inspiegabilmente scoperte dal dispiegamento militare a stelle e strisce.
Il caso venezuelano, con l'ultimo sequestro di oltre milleduecentocinquanta chili di super marijuana nello stato di Lara, presentata come una sostanza terribile inventata dai laboratori della DEA, si propone come modello alternativo. Un modello che integra l'azione di sicurezza con un sistema penale per adolescenti centrato sulla rieducazione e con un sistema giudiziario che, come sottolinea Cabello, si vanta di essere più vicino al popolo, uscendo dai palazzi per risolvere i problemi nelle comunità. Inoltre, un'operazione congiunta tra Colombia e Francia, che ha portato al sequestro di sette tonnellate e mezzo di cocaina senza spargimento di sangue, dimostra come la cooperazione internazionale basata sull'intelligence e non sull'uso della forza sia non solo possibile, ma estremamente efficace.
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Questi due modelli a confronto rivelano le faglie di una strategia. Da un lato, la lotta al narcotraffico come pretesto per un'espansione militare e un'ingerenza continua nella regione caraibica, un'operazione di facciata che ignora le rotte principali e produce vittime, con il solo obiettivo di destabilizzare il Venezuela. Dall'altro, approcci che, pur tra mille difficoltà e in contesti diversi, provano a costruire risposte diverse, fondate sul controllo del territorio, sulla prevenzione.
Le sessantaquattro tonnellate venezuelane e le sette tonnellate e mezzo colombo-francesi sono numeri che parlano chiaro. E il modo in cui sono state ottenute racconta due storie profondamente diverse sul vero volto della guerra alla droga e sulle priorità di chi la conduce.

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