Il travagliato rapporto tra Papa Francesco, Trump e i Repubblicani Usa

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Il travagliato rapporto tra Papa Francesco, Trump e i Repubblicani Usa

 

di Fabio Massimo Parenti 

Uno sorridente nel suo completo presidenziale in giacca e cravatta. L'altro, con indosso la tradizionale veste papale bianca, cupo in faccia e serissimo nello sguardo. Basta questa foto, scattata nel 2017 in Vaticano, all'interno del Palazzo Apostolico, per capire che Donald Trump e Papa Francesco “avevano opinioni nettamente diverse e forti disaccordi”, per dirla citando il New York Times.

Tra il presidente degli Stati Uniti e il defunto Pontefice non c'era quasi niente in comune, a cominciare da una visione del mondo completamente divergente. Prendiamo il tema dell'immigrazione: mentre il repubblicano Trump è stato eletto per due volte alla Casa Bianca giurando di fermare gli attraversamenti illegali delle frontiere Usa e accusando gli immigrati clandestini di essere dei criminali, Papa Francesco credeva che l'amore cristiano richiedesse una cura compassionevole per i migranti, e che il programma di deportazioni di massa del presidente statunitense violasse la dignità di molti uomini e donne e di intere famiglie.

Uno degli scontri più accesi tra il tycoon e il Santo Padre è avvenuto proprio a causa dell'immigrazione. Durante le elezioni presidenziali americane del 2016, il Papa criticò la promessa di Trump di costruire un muro al confine tra Stati Uniti e Messico, dichiarando che quanto suggeriva che il candidato repubblicano "non fosse cristiano". "Una persona che pensa solo a costruire muri, ovunque si trovino, e non a costruire ponti, non è cristiana", spiegava il Pontefice mentre faceva ritorno a Roma dal Messico.

Ai limiti della blasfemia la replica di Trump, che prima ha definito i commenti del Papa "vergognosi" e poi ha affermato che se il Vaticano fosse mai stato "attaccato dall'Isis", il Papa "avrebbe solo desiderato e pregato che Donald Trump fosse diventato Presidente". La rielezione di The Donald non ha cambiato di una virgola lo stato delle relazioni tra il Santo Padre e il leader repubblicano. A gennaio, per esempio, il Papa aveva dichiarato in un'intervista che sarebbe stata una "vergogna" se Trump avesse portato avanti i piani per intensificare i controlli sull'immigrazione.

Un mese più tardi, il Papa aveva invece pubblicato un'insolita lettera aperta ai vescovi cattolici americani denunciando le deportazioni di massa e prevedendo che la politica trumpiana avrebbe "fatto una brutta fine". Le critiche di Bergoglio sono state alimentate dalle immagini di migranti ammanettati e condotti verso aerei per il rimpatrio diffuse dalla Casa Bianca. Immagini che hanno suscitato indignazione internazionale e rafforzato la posizione della Santa Sede contro le politiche di deportazione degli Usa a guida repubblicana.

Allargando la visuale all'intero Partito Repubblicano Usa, il discorso non cambia: tra il Papa e i conservatori statunitensi c'è sempre stato un abisso. Nel 2013 alcuni leader del partito accusarono il Santo Padre di essere troppo progressista. John McCain, ex candidato alla Casa Bianca, si esprimeva così: "Il suo esempio di vita, la sua attenzione per i poveri mi hanno molto impressionato. Tuttavia non mi piace la sua visione economica". Paul Ryan, anche lui cattolico e repubblicano, dichiarava invece che: "Il Papa viene dall'Argentina, dove non c'è un vero capitalismo, ma una versione familistica, senza un reale sistema di libera impresa, come in America". La Fox News, nota per le sue idee conservatrici, aveva invece bollato il Papa come "l'Obama della Chiesa Cattolica".

Nel settembre 2015, quando Papa Francesco compì una storica visita negli Stati Uniti, diventando il primo Pontefice a parlare in una sessione congiunta del Congresso, ci furono altre polemiche sollevate dal Partito Repubblicano. "Penso che sia del tutto inappropriato che il Papa intervenga su tutte le questioni più delicate e di estrema sinistra", dichiarava il repubblicano dell'Oklahoma James Inhofe, uno dei senatori più conservatori. "Non ho bisogno di farmi fare la predica dal Papa sul cambiamento climatico", rilanciava il repubblicano cattolico dell'Arizona Paul Gosar. Tuttavia, al netto di immigrazione, diseguaglianze sociali e ambiente, il Papa ha sempre sostenuto anche visioni sociali in linea con quelle del GOP tra cui l'opposizione all'aborto e ai matrimoni gay.

C'è poi da considerare il discorso riguardante la politica estera, altro terreno d'attrito tra Papa Francesco e i Repubblicani. Uno degli episodi più emblematici risale al 2020, quando l'allora Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, aveva scritto un articolo d'opinione sulla rivista First Thing - una pubblicazione religiosa vicina alla destra cattolica - esortando il Vaticano a non rinnovare l'accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi. Pompeo aveva espresso preoccupazione per il rinnovo dell'intesa, sostenendo che avrebbe potuto compromettere l'autorità morale della Chiesa e minare la libertà religiosa in Cina. Per la Santa Sede si trattò di un'ingerenza pubblica nella propria politica estera.

Non fu forse un caso che, sempre nel 2020, durante una visita ufficiale a Roma, lo stesso Pompeo incontrò alcuni alti funzionari vaticani, ma non Papa Francesco. Ai repubblicani, insomma, non è mai piaciuto che Papa Francesco provasse a dialogare con Pechino. Dal canto suo Bergoglio ha più volte affermato che nella Chiesa statunitense esiste "un atteggiamento reazionario molto forte e organizzato", definito "arretrato", presumibilmente diretta conseguenza delle posizioni del GOP. 

Sempre sul fronte esteri erano evidenti le divergenze tra il Pontefice e i repubblicani in merito alla guerra e al genocidio in corso a Gaza. Papa Francesco ha sempre sostenuto una posizione chiara e coerente sulla questione palestinese, promuovendo la soluzione dei due Stati e condannando le violenze che colpiscono i civili.

Bergoglio ha anche espresso preoccupazione per la condizione umanitaria a Gaza, evidenziando la difficoltà di accesso agli aiuti e la carestia che affligge la popolazione palestinese. Ha lodato paesi come Giordania e Libano per l'accoglienza dei rifugiati e ha esortato la comunità internazionale a rispondere con solidarietà e cooperazione alle crisi umanitarie. Sul fronte opposto i repubblicani sono invece ferventi sostenitori di Israele e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, al quale Trump sta lasciando mano libera nel proseguimento di uno dei crimini peggiori contro un intero popolo che la storia contemporanea ricordi.

Ricordiamo infine che Trump dichiarò nel discorso inaugurale al suo secondo mandato presidenziale che avrebbe voluto far finire ogni guerra: un’intenzione quest’ultima che, almeno per quanto riguarda la Palestina, è rimasta completamente disattesa a fronte di un sostegno totale alle azioni militari israeliane. Possiamo dire dunque che Bergoglio ha rappresentato una delle voci più autorevoli nel denunciare i massacri contro i civili palestinesi.

 

Fabio Massimo  Parenti

Fabio Massimo Parenti

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali, Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia e membro di Earth Charter International China.
Le sue ultime pubblicazioni sono: La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, Meltemi, 2023; Chinese Way: Overcoming Challenges for a Shared Future (English Edition), 2024

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