Iran e Arabia Saudita avviano un difficile dialogo
Iran e Arabia Saudita hanno iniziato a dialogare. La notizia-bomba, data la rivalità “armata” che separa i due fari dell’Islam, è stata data dal Financial Times alcuni giorni fa e, all’inizio, sembrava priva di fondamento. Tanto da attirare anonime smentite degli interessati.
Ma, col passar del giorni, si è invece rivelata vera: il dialogo, iniziale e ancora tenuto da funzionari di basso livello, ha preso avvio, favorito da mediatori di eccellenza, le autorità iraniane, quell’Iraq sul cui suolo convivono, non senza punte di conflittualità, sciiti e sunniti.
A corroborare la notizia di un’apertura di credito tra i due Paesi, in un primo tempo, è stato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh, che ha dichiarato la disponibilità del suo Paese a un dialogo regionale.
Il difficile dialogo è iniziato
A confermare l’avvio del dialogo è stato Iraj Masjedi, ambasciatore iraniano a Baghdad, che, in un’intervista all’Agenzia di stampa Irna, ha dichiarato che alcuni Paesi che in questi anni hanno contrastato Teheran “hanno comunicato di essere disposti a ridurre le tensioni”.
“Sembra che le condizioni internazionali e la situazione regionale abbiano creato un’atmosfera più positiva per la soluzione di una serie di problemi tra l’Iran e gli altri paesi”, ha aggiunto l’ambasciatore.
Secondo la Reuters i due Paesi avrebbero parlato del ruolo di Hezbollah in Libano, che preoccuperebbe i sauditi, altre fonti riportano che avrebbero discusso della guerra in Yemen, dove sauditi e iraniani sono su fronti contrapposti, dato che Teheran appoggia i ribelli Houti contro Riad. Altri ancora riferiscono che avrebbero parlato del nucleare iraniano, sul quale si sta intrecciando un dialogo tra Washington e Teheran.
Indiscrezioni buttate lì a caso, prendendo spunto dai temi regionali del momento. Sul Libano, in effetti, pende la spada di damocle di un collasso economico, provocato dalla gestione squilibrata del potere negli ultimi anni e dalle durissime sanzioni Usa. Tanto che il Primo ministro dei Paese dei Cedri ha chiesto aiuto al Qatar, che sembra disponibile.
Ed è possibile che l’Iran sia interessato a salvare il Paese in cui risiede e opera l’alleato hezbollah, da cui una richiesta in tal senso a Riad non sarebbe del tutto priva di fondamento, anche se in realtà dovrà venire dalle autorità libanesi.
La guerra in Yemen e altro
Ma se tale tema al momento è solo aleatorio, più stringente è la questione yemenita, di certo oggetto del dialogo. Riad deve districarsi da questo conflitto, perché gli Usa hanno chiesto che finisca, ma non sanno come fare.
Nonostante anni di guerra, i sauditi stanno perdendo: non sanno più come fermare gli attacchi ai loro siti strategici portati dai droni e dai missili lanciati dai ribelli. E, giorno dopo giorno, devono arretrare le loro forze, tanto che sembra sul punto di cadere anche Ma’arib, centro nevralgico e di grande interesse petrolifero, verso il quale avanzano, inesorabili, le milizie Houti.
I sauditi devono chiudere la partita, ma non possono accettare un’indecorosa sconfitta. Da qui la necessità di negoziare con Teheran, l’unico attore regionale che può mediare con gli Houti (anche se prima di aprire al negoziato i ribelli vorranno prendere Ma’arib, per trattare da un punto di forza).
Non solo lo Yemen, in questi ultimi giorni Israele ha alzato il livello dello scontro con Teheran, con il rischio di aprire il vaso di Pandora di un conflitto regionale che Riad teme: se trascinata in guerra accanto a Tel Aviv, ne sarebbe incenerita. Ed è probabile che stia dando e cercando rassicurazioni sul punto.
Va considerato anche che i sauditi sono stati accreditati di aver sostenuto il fallito golpe in Giordania (BBC), cospirazione nella quale gli arabi, e non solo loro, credono sia coinvolto in qualche modo anche Israele (Axios).
Gli interessati hanno smentito tale coinvolgimento, ma la posizione saudita ne risulta comunque indebolita. L’esigenza di uscire dal vicolo cieco nel quale si sono cacciati li spinge così ad aprire a nuove possibilità.
Il nucleare iraniano
Infine, c’è la questione del nucleare iraniano, con Washington ferma nel proseguire il dialogo. Ma sul tema i sauditi non sono altro che spettatori interessati, dato che l’esito del negoziato si deciderà ai livelli più alti della geopolitica globale.
E però, è importante quanto riferito dalla Reuters il 14 aprile: una fonte saudita ha detto che qualsiasi accordo verrà trovato “dovrebbe essere un punto di partenza per ulteriori trattative alle quali dovrebbero partecipare gli Stati della regione per estendere le clausole dell’intesa”, con particolare riferimento al programma missilistico iraniano e ai suoi delegati regionali.
Al di là del solito giochino, che da tempo viene brandito da diversi ambiti, che è quello di tentare, tramite accordi stringenti, di disarmare l’Iran (condizione che ovviamente non potrà essere accettata dagli interessati) è interessante notare che l’accento della dichiarazione in questione non cade sulla trattativa in corso, come usato finora per sabotare il dialogo, ma sulle prospettive future.
In tal modo Riad di fatto asseconda l’azione diplomatica americana (né peraltro potrebbe pubblicamente ostacolarla), aggiungendo la prospettiva di un dialogo regionale allargato all’esito positivo della stessa. Di fatto, è un’apertura di credito a Teheran, come non si vedeva da tempo. Partita delicata. Da seguire.