LA BASE DI AL-WATIYAH IN LIBIA: EPICENTRO DEL TERRORISMO N.A.T.O. IN NORDAFRICA

LA BASE DI AL-WATIYAH IN LIBIA: EPICENTRO DEL TERRORISMO N.A.T.O. IN NORDAFRICA

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Nell’aprile 2020, nel pieno dell’offensiva turca in Tripolitania per strappare le città da pochi mesi conquistate dall’Esercito Nazionale Libico (LNA), scambiai alcuni messaggi con un cittadino libico a Tripoli.

Sono tornato oggi a rileggermi alcuni brevi passaggi:

“L’interferenza turca sta cambiando il corso del conflitto e le milizie ricevono copertura aerea attraverso i droni. Hanno preso città della costa occidentale come Sorman e Sabratah. E ora si apprestano ad attaccare la base militare di al-Watiyah. Ci sono navi militari in mare a coordinare gli attacchi sulle aree controllate dall'esercito.

 

D: Chiaro. Che tipo di risposta ti aspetti ora?

R: : Mi aspetto che l'Esercito (Haftar, ndr) impari dai propri sbagli.

D: Per esempio?

R: La battaglia per il controllo di al-Watiyah è troppo importante. Ora non faranno più giochi politici o sociali. L'Esercito risponderà duramente. Non penso che dopo un anno intero (di guerra, ndr) e così tante vite perse l'esercito si arrenda adesso”.

 

Alla fine l’LNA non ebbe modo di imparare dai propri sbagli, perché qualcosa di inatteso (e finora non conosciuto) accadde. Il 18 maggio 2020 infatti, dopo settimane di assedio, L’LNA infatti fu costretto a ritirarsi e lasciare la base in seguito ad un bombardamento della NATO che solo in questi giorni sembra trovare conferme.

 

LA BASE MILITARE LIBICA DI AL-WATIYAH

 

 

La base aerea di al-Watiyah si trova a soli 27 chilometri del confine tunisino e a 125 chilometri da Tripoli. E’ stata una delle poche basi militari a sfuggire alla distruzione durante l'intervento NATO nel 2011. Anche per questo è oggi considerata una delle più importanti in Libia.

Oggi, da diversi mesi ormai la base di al-Watiyah, così come la base Mitiga di Tripoli e i porti di Zawiyah, Tripoli, Misurata, e Khoms, opera in regime di extraterritorialità. In altre parole, per quanto non formalmente, di fatto è diventata territorio turco. 

 

LA NATO BOMBARDO’ AL-WATIYAH NEL MAGGIO 2020

 

Nei giorni scorsi il giornalista libico Mahmoud Al-Misrati ha pubblicato un post in cui ha affermato di aver parlato con il feldmaresciallo Khalifa Haftar, il comandante dell'LNA, e di aver appreso da questi che AFRICOM (missione militare americana in Africa) aveva bombardato direttamente le posizioni dell'LNA ad al-Watiyah, costringendo le sue forze a lasciare la base e minacciando altri attacchi aerei se l'esercito non si fosse ritirato totalmente da Tripoli.

La caduta di Al Watiyah nel maggio 2020 è stata un punto molto cruciale nella guerra, poiché ha segnato l'inizio della fine della campagna dell'LNA per liberare Tripoli.

La prima conferma ufficiale da parte dell'esercito nazionale libico, che effettivamente gli Stati Uniti AFRICOM hanno preso di mira le sue forze, è arrivata dall'ammiraglio Faraj Al Mahdawi, che in un'intervista a “pronews.gr", girata a luglio ma rilasciata pochi giorni fa, ha dichiarato che "I missili provenivano da navi americane non turche", mentre ha aggiunto che "gli americani ci hanno bombardato ad al-Watiyah”.

Un attacco con missili da crociera da una nave americana sembra uno scenario altamente probabile.

Dunque non furono nemmeno i temibilissimi droni turchi a sconfiggere l’LNA, ma gli Stati Uniti in persona. Che poi hanno lasciato ai Turchi il compito di occupare la base e rafforzarla.

 

IL PRESIDENTE TUNISINO SOTTO TIRO

 

Il 20 agosto scorso il presidente tunisino Qais Saied ha parlato in diretta televisiva di un piano per ucciderlo. Sempre il giornalista libico Mahmoud al-Misrati, in esilio in Tunisia, ha pubblicato nei giorni scorsi un documento dell’Interpol in cui si sostiene la presenza di elementi terroristici all'interno della base libica di al-Watiyah, protetti dalla Turchia e pronti ad infiltrarsi in Tunisia:

“Abbiamo una dichiarazione del presidente Qais Saied sul tentativo di ucciderlo. Abbiamo una corrispondenza del ministro dell'interno (libico) e dell'Interpol che parla di 100 terroristi turchi che intendono entrare in Tunisia. Un gruppo di questi terroristi che stavano pianificando l’omicidio di Saied è già stato arrestato nel nord della Tunisia”.

Ecco perché il presidente tunisino Saied ha sentito il bisogno di denunciare alla nazione il rischio di subire un attentato. Nel frattempo il confine tra Tunisia e Libia è stato chiuso e sono state aumentate le misure di sicurezza.

 

UN COMMENTO DA TRIPOLI SUGLI EVENTI IN CORSO

 

Ho deciso pertanto di sentire una mia fonte a Tripoli per capire come la faccenda sia vista da quelle parti e per farci spiegare meglio il significato di ciò che sta accadendo.

“Sin dal 2011 gli Stati Uniti sono stati contrari ad un esercito libico, che fosse quello di Gheddafi o l’LNA. L’LNA aveva lanciato un’offensiva su Tripoli per liberarla dalle milizie criminali, dai terroristi e dalla Fratellanza Musulmana. Gli Stati Uniti non potevano lanciare un intervento militare direttamente, ma hanno lasciato che Erdogan lo facesse. E abbiamo visto cosa è successo.

Al-Watiyah è una delle basi più grandi e importanti in Libia, sta a soli 25 km dal confine tunisino. Nel 2019-20 era sotto il controllo dell’LNA. I droni turchi non riuscivano a vincere l’assedio, mentre dall’altro lato Tripoli stava cadendo. Ed ecco che AFRICOM decide di bombardare. Non solo, hanno minacciato Haftar di ulteriori bombardamenti se non si fosse ritirato. La base fu bombardata, l’LNA si ritirò fino a Tarhuna, ma ancora non era abbastanza per gli Stati Uniti. Il ritiro doveva protrarsi fin molto più a est. E così successe.

A quel punto Erdogan ha preso la base, facendola diventare una base militare turca. Ai Libici non è permesso entrare, a meno che i Turchi non li autorizzino.

L’Isis e al-Qaida sono presenti in Libia dai tempi dal 2011, ma Erdogan ne ha aumentato il numero portando altri militanti dell’ISIS tra i mercenari siriani. Molti di loro in questo momento soggiornano nella base di al-Watiyah.

Da quando il presidente tunisino ha cacciato Ghannouchi e la Fratellanza Musulmana dal potere, Erdogan e la Fratellanza Musulmana in Libia sono in allarme e molto arrabbiati. Qualcosa va fatto in fretta per salvare Ghannouchi dalla resa finale. Per altro, tra i militanti dell’Isis portati dalla Siria in Libia ci sono anche 2.500 di nazionalità tunisina.

Il piano è di infiltrarli e lasciare che facciano il loro lavoro: omicidi e attacchi terroristici. Infiltrarli dal confine è facilissimo, dal momento che il comando militare del confine è retto da al-Namroush, membro della Fratellanza Musulmana in Libia e alleato dei Turchi da quando era ministro della difesa nel governo Sarraj.

Del resto l’intero confine tra Tunisia e Libia è controllato dalle milizie. 

In ogni caso, qualcosa è andato storto, perché una cellula è stata presa dai servizi tunisini.

Quando è stato poi pubblicato il documento dell’Interpol e il ministro degli interni di Tripoli ha dovuto ammettere, la questione è diventata parecchio tesa. Anche Norland (ambasciatore americano a Tripoli) è dovuto intervenire per proteggere il ministro libico da una situazione imbarazzante, ma ormai era troppo tardi.

Qualsiasi cosa Norland possa fare, la Fratellanza Musulmana in Libia non smetterà di insultare e provocare il presidente tunisino”.

 

E LE ELEZIONI?

 

Il 24 dicembre prossimo si dovrebbero tenere le elezioni in Libia, le prime dal 2014. Se da un lato l’attuale governo a Tripoli è in carica dallo scorso marzo con l’obiettivo di far rispettare la scadenza, tutto lascia pensare che le elezioni non si terranno, per l’ostruzionismo della Turchia che teme che le elezioni (come già successo nel 2014) non premino la Fratellanza Musulmana. Tant’è vero che persino il feldmaresciallo Haftar da Bengasi ha dovuto fare appelli perché la scadenza sia rispettata. Ho chiesto un commento sulla situazione alla nostra fonte:

“Elezioni!!? La registrazione procede bene. Il problema non sta lì. Ma non vedo nessuna possibilità di elezioni finché ci saranno milizie, Isis e forze turche. Forse gli Stati Uniti faranno un miracolo e faranno in modo che si tengano, ma in quel caso non sarebbero vere e democratiche elezioni. In mia opinione tante altre altre cose succederanno tra qui e dicembre”.

 
 
 
 
 
 
 

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Ora dalle sponde siciliane anima il progetto "Exodus" in contatto con centinaia di persone in Libia. Di prossima uscita il film "L'Urlo"

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