La "campagna d'Italia" del Dipartimento di Stato Usa

La "campagna d'Italia" del Dipartimento di Stato Usa

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«La borghesia trasforma tutto in merce, anche la storiografia. È nella sua natura, nella condizione d'esistenza, falsificare tutte le merci: essa falsifica anche la storiografia. E viene meglio pagata quella storiografia che è meglio falsificata per la borghesia».
Friedrich Engels

 

A quanto pare, il vaglio cui vengono sottoposte nei paesi vassalli le notizie sgradite a Washington sembra non più sufficiente e là sul Potomac non si è pienamente soddisfatti del lavoro degli italici “informatori”. Così, il Dipartimento di stato ha deciso di incentivare il lavoro dei suoi solerti controllori e, anzi, stimolarli a brevettare modi e momenti di diffusione del verbo “democratico” tra quei popoli che manifestano incertezze nell'accodarsi alla carovana resiliente e nella fiducia verso «la supremazia della democrazia».

Dunque, se i canali televisivi nostrani sono carenti quanto a spettacoli, film, show, bollettini meteo e filmetti americani da cui pare doversi desumere che la società americana sia divisa, da un lato, in ladri e assassini, tra i quali spiccano magnati e finanzieri e, dall'altro, in avvocati miliardari e poliziotti corrotti, ecco che chiunque, a partire dai mezzi di “informazione”, passando per cooperative sociali, patronati o club sportivi, può racimolare qualche migliaio di dollari diffondendo «una significativa quantità di elementi della cultura americana», così da fornire il proprio contributo alla «crescita della comprensione della politica e dei punti di vista USA». A porre rimedio alla situazione, ecco dunque la “Missione degli Stati Uniti in Italia – Annual Program Statement 2023 – Opportunità di Finanziamento”.

Francamente, varie osservazioni del commentatore Maksim Sokolov, il cui servizio riportiamo sotto, sembrano ricalcare alcuni vecchi stereotipi, o indicare una non perfetta penetrazione della sostanza dei rapporti tra governi italiani, passati e presenti, e ambasciata yankee in Italia, coi relativi ambasciatori, sin dal 1945. Tralasciate comunque quelle osservazioni (e anche altre, su cui non insistiamo) la sostanza della questione rimane.

A Washington non vedono sufficiente attaccamento alla politica USA tra i vassalli europei, e italiani in particolare. Galoppini di stampa e canali televisivi addomesticati non sembrano portare sufficiente consenso e non silenziano abbastanza la “disinformazione” russa e cinese. Diamo dunque un ulteriore stimolo a quei miserandi che scrivono e parlano “per un centesimo a parola”.

 

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Il Dipartimento di stato USA è partito alla campagna d'Italia

di Maksim Sokolov, Vzgljad

L'Ambasciata americana a Roma ha annunciato sovvenzioni che hanno l'obiettivo di «ampliare le capacità della società civile italiana nella definizione dei principi democratici e nel ripristino della fiducia nella democrazia». Il programma di ampia cooperazione culturale dovrà contribuire a rafforzare i legami tra Italia e Stati Uniti. Le iniziative «dovranno contenere una significativa quantità di elementi della cultura americana» e contribuire con ciò alla «crescita della comprensione della politica e dei punti di vista USA» tra la popolazione della penisola appenninica.

Quantunque ciò non scaturisca direttamente dagli obiettivi del programma, il Dipartimento di Stato definisce «la lotta alla disinformazione una delle aree prioritarie». Per “disinformazione” è d'uso oggi definire non tanto le notizie false, quanto i fatti e le opinioni sgradite agli Stati Uniti (come pure ai suoi satelliti UE), in quanto non lisciano loro il pelo, ma li spazzolano contropelo. È risaputo che agli animali domestici tale trattamento non piace. E nemmeno ai pilastri della democrazia.

Da qui, «le proposte sul tema dovranno accrescere la consapevolezza del pubblico di riferimento per quanto riguarda la disinformazione da parte di Russia e Repubblica Popolare Cinese e rafforzarne la capacità di contrapporsi o di contribuire alla lotta contro la disinformazione che mina la fiducia nella supremazia della democrazia».

Non c'è nulla di particolarmente nuovo, di per sé, nel contenuto di queste attività formative che si apprestano a condurre a via Veneto. Le ambasciate americane sono particolarmente impegnate nella evangelizzazione. Sappiamo quanto attivamente venga condotta tale evangelizzazione in Armenia, Georgia, Kazakhstan, Kirghizija e Uzbekistan. Ma non solo nei paesi della CSI. Programmi di evangelizzazione sono attivamente condotti in Bulgaria e nei resti della Jugoslavia: Montenegro e Macedonia.

Un tempo, tali programmi erano svolti anche in Russia. Ricordiamo le visite del pubblico progressista alla "Spaso House” (la residenza dell'ambasciatore USA a Mosca; ndt) per l'ascolto collettivo dei discorsi radiofonici di Barack Obama che toccavano il cuore. Qualcosa di simile accadeva anche nella Russia Bianca, finché Aleksandr Lukašenko non si arrabbiò e bloccò il soft power americano. Al contrario, in Ucraina la fede nella supremazia della democrazia è stata instillata con tale successo che oggi succede a volte che il Dipartimento di Stato non sappia come far fronte all'impulso democratico degli ucraini. Qualcosa di simile si è verificato anche in Africa, Asia e America Latina. Tutto, in base alla regola «E ora andate e insegnate a tutti i popoli a osservare i comandamenti del governo USA».

La vera novità è che da mezzo secolo, se non di più, i Paesi dell'Europa occidentale erano stati risparmiati dalla catechesi americana. Quantomeno, essa rivestiva un carattere meno evidente e più delicato, non attraverso la diretta predicazione dell'ambasciata americana. Naturalmente, anche tra i paesi della Vecchia Europa, l'Italia un po' si distingueva, sia per la plastica sciattezza italiana, vuoi per varie inclinazioni di sinistra - il partito comunista è stato per decenni una forza sistemica – vuoi, in generale, per il carattere abbastanza specifico dei rapporti col blocco occidentale della NATO.

Gli italiani avevano capito che non si poteva capovolgere la geografia. Chiaro che la NATO non avrebbe mai ceduto lo stivale italiano in mezzo al Mediterraneo. Un serio elemento è rappresentato anche dalla principale base della 6° Flotta USA a Napoli. Ma c'era un tacito accordo tra Roma e la Nuova Roma (variazione del tema di Cartagine) che sta oltre Oceano. «Noi non danneggiamo né ostacoliamo il tuo potere imperiale, e tu non interferisci più di tanto nei nostri affari interni». Con questa formula, l'Italia ha vissuto dal 1945. Il ricordo che ha spinto a innalzare nei cimiteri italiani monumenti con la scritta "Ai caduti e dispersi sul fronte russo" era abbastanza forte da impedire precipitosi attacchi all'URSS-Russia. Si riteneva l'esperienza fatta con Mussolini oltremodo indesiderabile per esser ripetuta.

Questa tradizione è anche oggi più o meno rispettata dagli italiani. Le persone sono oltremodo riluttanti a batter la testa contro il muro: non sono mica polacchi o anglosassoni. Anche la classe politica è riluttante. Il massimo che si può ottenere dai ministri del 68° governo della Repubblica Italiana è l'osservanza del comandamento "Fregatene e bacia la mano del cattivo" (cit. da “La figlia del capitano” di Puškin; ndt). Anche questo non è male, ma significa una completa mancanza di zelo. E, cosa più importante, mostra abbastanza chiaramente che quando alla forza egemone accade qualcosa, gli italiani sono i primi a correre. Stalingrado ha ancora un grande impatto educativo.

Ora, «con una significativa quantità di elementi della cultura americana», l'ambasciata americana intende superare tutta questa tradizione storica, così come la duratura avversione verso i rozzi barbari tedeschi - "O, brutissimi!"- risalente all'epoca del Barbarossa (se non prima). Questo, indipendentemente dal fatto che Roma abbia 2750 anni e gli Stati Uniti non ne abbiano ancora 275. Mentre la produzione dell'Italia, allo stesso livello della Kirghizija, forse semplifica le azioni degli americani secondo la loro metodica, tutto questo sorprende abbastanza (a dir poco) i figli della felice Ausonia.

In ogni caso, a via Veneto hanno deciso di fare economia. Il costo di una sovvenzione va da 10 a 50 mila dollari. Probabilmente l'ambasciata ha deciso di cercare combattenti contro la disinformazione tra i lazzaroni napoletani, che si distinguono per una forte mancanza di pretese quotidiane. Per fare un confronto: un UFO è stato abbattuto sul Lago Huron da due missili (uno non bastava) del valore di 400.000 dollari l'uno. Un missile vale dunque da 8 a 40 sovvenzioni. La storia della grandezza e della decadenza degli imperi è sempre istruttiva.

https://vz.ru/opinions/2023/2/17/1199414.html

 

(traduzione e introduzione Fabrizio Poggi)

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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