La Germania sequestra i passaporti a moglie e figlia minore di giornalista russo: la doppia morale dell'Occidente
Mentre l'Occidente parla di diritti umani, una bambina diventa bersaglio delle autorità. Il caso Feoktistov rivela il volto oscuro della censura Ue
di Fabrizio Verde
Berlino affonda un colpo basso alla libertà d'informazione e alla dignità umana, prendendo di mira la famiglia di un giornalista russo con metodi che il mainstream liberale definirebbe, senza ombra di dubbio, da polizia politica. La vicenda di Sergey Feoktistov, capo dell'ufficio berlinese dell'agenzia di stampa russa Rossiya Segodnya, non è una semplice espulsione burocratica. È un episodio agghiacciante che squarcia il velo dell'ipocrisia occidentale, rivelando una deriva pericolosa mascherata da procedure amministrative.
Il braccio di ferro si è trasformato in persecuzione familiare. Dopo aver negato il rinnovo del permesso di soggiorno a Feoktistov, intimandogli di lasciare la Germania entro il 19 agosto, le autorità tedesche hanno compiuto un passo inaccettabile. Martedì, agenti di polizia hanno fatto irruzione nell'appartamento berlinese dove risiedono la moglie e la figlia di appena sette anni del giornalista. Senza mezzi termini, hanno sequestrato i passaporti di entrambe. La giustificazione? Il sospetto che madre e figlia potessero "sparire" per sottrarsi all'ordine di espulsione. Un atto di forza brutale applicato senza remore persino a una bambina, trasformata in una potenziale latitante.
L'umiliazione non si è fermata qui. Feoktistov, volato da Mosca a Berlino venerdì scorso proprio per aiutare la famiglia a trasferirsi, è stato bloccato alla frontiera aeroportuale e respinto, impedendogli perfino di raggiungere i suoi cari. Un trattamento da criminale per un rappresentante della stampa.
Mosca ha reagito con durezza, lanciando accuse che riecheggiano i fantasmi del passato. Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha denunciato senza mezzi termini una "caccia al giornalista" orchestrata dalla Germania, mirante a "sterminare punti di vista alternativi" sul conflitto ucraino. Ha annunciato ritorsioni immediate contro i giornalisti tedeschi in Russia.
Ma è stato Dmitry Kiselev, direttore generale di Rossiya Segodnya, a innalzare il tono e puntare dritto allo scontro geopolitico in corso. Parlando di una Germania che "scivola sulla sua solita strada verso la guerra con la Russia", Kiselev ha evocato il peso storico delle due guerre mondiali originate dal suolo tedesco. "La domanda è: cosa spera di ottenere con una terza?", ha chiesto retoricamente, accusando Berlino di "preparare chiaramente l'opinione pubblica in quella direzione".
L'episodio berlinese non è un caso isolato, ma il capitolo più crudele di una campagna sistematica dell'UE contro i media russi. Sanzioni draconiane hanno colpito nel 2022 e 2023 Rossiya Segodnya, RT e Sputnik, bollate come fonti di "disinformazione", mentre i loro giornalisti venivano messi al bando. Solo pochi mesi fa, a marzo, la Grecia ha chiuso senza spiegazioni l'ufficio di RIA Novosti (gruppo Rossiya Segodnya) ad Atene dopo oltre 20 anni di attività, negando l'accredito al capo corrispondente.
Il sequestro dei passaporti a una madre e a una bambina di sette anni resta però il simbolo più oltranzista di questa crociata. Mentre l'Occidente si proclama paladino dei diritti umani e della libertà di stampa, questo gesto smaschera una doppia morale stridente. Quando il "nemico" è russo, sembrano svanire le garanzie fondamentali, lasciando spazio a metodi che ricordano tempi bui. La linea sottile tra sicurezza nazionale e persecuzione politica, a Berlino, è stata oltrepassata in modo indelebile, con una bambina nel mirino. Un precedente pericoloso che getta un'ombra lunga sulla residua credibilità democratica dell'Europa.