La storia di Zouma e del suo gatto: il cortocircuito totale dell'antirazzismo di facciata

La storia di Zouma e del suo gatto: il cortocircuito totale dell'antirazzismo di facciata

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Storia di un gatto che è diventato razzista.

L’antirazzismo si sa che è tema delicato, da maneggiare con cautela. Soprattutto da quando, da sacrosantissima battaglia egalitaria, si è trasformato in una sorta di paravento giustificatorio di ideologie politiche e/o culturali che con l’antirazzismo non c’entrano nulla, trasformandolo, molto più spesso di quanto si crede, in un cortocircuito del pensiero. A tal proposito la storia di Zouma e del suo gatto è davvero emblematica.

L’altro giorno in Inghilterra è scoppiata una bufera incredibile dopo la diffusione in rete di un video in cui si vede il calciatore del West Ham e della nazionale francese che, insieme a suo fratello, si diverte a maltrattare il suo gatto. Calci, schiaffi e ciabattate condite da risatine divertite mentre il gatto, poveretto, scappa terrorizzato per tutta la casa. Immagini che hanno giustamente scatenato il putiferio e fatto mobilitare animalisti e semplici cittadini che, in un moto di sdegno generale, hanno invocato sanzioni nei confronti del giocatore. Come era logico aspettarsi e come è normale che sia. Soprattutto in un paese, il Regno Unito, che da decenni promuove un modello di sport ultra etico in cui è bandito qualunque comportamento sconveniente da parte di atleti, dirigenti e tifosi. Dalle esultanze allo stadio troppo esagitate ai cori eccessivamente irriverenti o coloriti, in Inghilterra rischi una sanzione praticamente per tutto ciò che può costituire un “modello sbagliato”. Opinabile, per carità, ma la linea inglese è quella. E ne ha crocifissi tanti per molto, molto meno di quanto fatto da Zouma. Eppure…puntuale come un orologio a cucù salta fuori il razzismo.

Ehi un attimo, che cazzo c’entra il razzismo? Direte giustamente voi. C’entra c’entra. Perché il livello di mentecattaggine è ampiamente sopra il livello di guardia, quindi non stupitevi troppo.

In pratica un compagno di squadra di Zouma ha prontamente (e sapientemente) preso le sue difese tirando fuori l’asso nella manica. Il passe-partout buono per tutte le stagioni quando bisogna tirare fuori qualcuno dal mare di merda in cui si è cacciato. “Credete che sia peggio del razzismo? Non sono assolutamente d'accordo con quello che ha fatto, ma ci sono persone che sono state condannate per razzismo, e in seguito hanno giocato a calcio. E allora chiedo a tutta la gente là fuori: quello che ha fatto è peggio di ciò che hanno fatto queste persone?”

Meraviglioso vero?

In pratica è sbagliato bullizzare il proprio gatto per sadico divertimento, però c’è sempre il razzismo che è la cosa peggiore di tutte. Un’arringa francamente strabiliante. E anche abbastanza ridicola, calcolando che nessuno (fra quelli sani di mente) aveva mai chiesto la radiazione di Zouma. Ma qualche sanzione certamente si. Che è puntualmente arrivata. Ed è qui che giungiamo al culmine di tutta questa storia grottesca.

Il West Ham, infatti, pur non sospendendo Zouma, l’ha punito con una multa da 250mila sterline. Un trattamento ritenuto troppo tenero dagli sponsor che, per ovvie e comprensibili ragioni (magari anche soltanto di banalissimo marketing), si sono invece sfilati. Vitality ed Experience Kissimmee hanno annullato i contratti col club londinese accusandolo di aver comunque convocato il calciatore per la partita successiva e non averlo punito abbastanza duramente. E Adidas, sponsor tecnico di Zouma, ha interrotto la sponsorizzazione col giocatore. E qui arriviamo all’apoteosi.

Probabilmente incoraggiati dall’illuminata denuncia del compagno di squadra, su Twitter è partita la campagna di boicottaggio di Adidas, accusata di razzismo nei confronti del povero Zouma. Il tutto, ovviamente, condito dall’immancabile hashtag #blacklivesmatter. Perché un personaggio pubblico prende pubblicamente a calci il suo gatto, il suo sponsor principale cestina giustamente il contratto per non subire pesanti ripercussioni di immagine, ma la colpa è di chi recede perché è razzista. Non fa una piega. Povero Zouma incolpevole ennesima vittima di una società governata da sadici bianchi razzisti senza cuore. Molto diverso sarebbe stato se il carnefice fosse stato che so, uno come Ibrahimovic o Bonucci. Per dirne due a caso.

Mi auguro solo che per questi paladini dall’uguaglianza, che con tutta evidenza non si preoccupano minimamente di ridicolizzare il senso della lotta antirazzista, almeno alla vittima dei maltrattamenti sia consentito essere un pochino risentita per tutte le botte che ha avuto. Ma solo un poco, senza esagerare. Che se si incazza troppo e poi graffia il padrone, diventa razzista pure il gatto.

Antonio Di Siena

Antonio Di Siena

Direttore editoriale della LAD edizioni. Avvocato, blogger e autore di "Memorandum. Una moderna tragedia greca" 

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