La tappa romana del "World War Tour"

La tappa romana del "World War Tour"

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E’ stato definito "moderato" l’intervento di Zelensky oggi al Parlamento italiano in seduta comune. Sarà stata la figuraccia israeliana o la telefonata con il Papa, non abbiamo assistito, è vero, al solito inno alla terza guerra mondiale termo-nucleare. Tuttavia, il presidente ucraino due messaggi chiari all’Italia li ha mandati: impedite a qualunque nave russa di attraccare nei vostri porti e sanzionate tutte le banche russe, anche quelle con l’Italia continua a commerciare il gas.

In poche parole la morte economica e sociale del nostro paese, con circa il 70% del nostro settore manifatturiero che potrebbe entrare in crisi. Ricadute a livello di disoccupazione e povertà inimmaginabili.

Peggio ha fatto Draghi che, come ha sottolineato correttamente il Prof. Desogus, è sembrato il vero comico con la surreale dichiarazione del ruolo italiano nell'ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea.  

Davvero non vale la pena più ricordare che a parlare al Parlamento in seduta del nostro paese è il presidente di uno stato fantoccio della Nato, il cui esercito è in mano dal 2014 a neo-nazisti dichiarati e in cui leggi liberticide hanno messo fuorilegge partiti e oppositori. Non vale la pena ricordare neanche che è il presidente di uno stato che si è macchiato di indicibili crimini contro l’umanità nelle regioni russe del Donbass. E' il passato e anche gli organi filo Nato italiani sono impegnati a cancellare le prove da loro lasciate sul web.

Quello che conta è il futuro. Il World War tour di Zelensky ha raggiunto il suo scopo: aver appiattito sulle posizioni della Polonia (Usa) anche paesi che avrebbero per storia e cultura dovuto avere un approccio di mediazione che potesse raggiungere oggi l'obiettivo auspicabile da tutti coloro che hanno a cuore (Veramente) la pace: garantire la sovranità territoriale dell’Ucraina nel quadro di una pacificazione europea che tenga conto delle giuste richieste di sicurezza russa attraverso la neutralità di Kiev. Come scriveva correttamente Fabio Falchi, del resto, il fatto che l’avanzata russa proceda lentamente è la prova provata che le preoccupazioni di Mosca sul livello di armamento raggiunto dall’Ucraina, in particolare quella dei battaglioni neo-nazisti stanziati nelle regioni del Donbass, fosse una minaccia più che motivata alla sua sicurezza interna anche senza l'ingresso nella Nato.

Le armi all'Ucraina che finiranno ai battaglioni di neo-nazisti e la standing ovation di oggi del Parlamento in seduta comune a Zelensky sono sicuramente il momento politico più basso in epoca repubblicana.  

Quando giovedì 24 marzo la Polonia (Usa) chiederà al vertice d'emergenza della Nato "una missione di pace in Ucraina" (terza guerra mondiale) saranno Francia e Germania (forse) a impedirlo. L’Italia ha scelto la via dell’ignobile co-belligeranza appiattita.

Quando Biden si recherà in Polonia venerdì 25 marzo -  e forse al confine con l’Ucraina - vivremo il momento di massima tensione. Capiranno anche i più miopi quello che ha significato per l'Italia la supina sudditanza a Nato e Unione Europea, le decine di testate nucleari puntate contro la Russia presenti nel nostro territorio.

Ci stiamo avvicinando all'abisso tra gli applausi scroscianti della peggior classe politica della storia repubblicana. 

Aurelio Armellini

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Classe '49. Rivoluzionario per professione

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