"L'Urlo": strumentalizzazioni di destra e censure di sinistra

"L'Urlo": strumentalizzazioni di destra e censure di sinistra

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Sono stati giorni davvero intensi e le idee non ho ancora avuto modo di rimetterle bene a posto. Dopo gli articoli di Libero e l’annuncio di oggi del presidente del Senato, Ignazio La Russa, di voler incontrare Michelangelo Severgnini, però, due parole mi sono d’obbligo come direttore editoriale della casa editrice che ha pubblicato il libro ”l’Urlo: schiavi in cambio di petrolio”.

Partiamo da un presupposto: capisco perfettamente che, riguardo alle vicende di Napoli – la vergognosa censura subita da Michelangelo dopo essere stato formalmente invitato a presentare la sua opera al “Festival dei diritti umani” - la sponda offerta dalla destra è assolutamente parziale, quando non squisitamente strumentale. E che a molti dei suoi esponenti interessa esclusivamente il ruolo delle ONG.

Chi ha letto il libro e visto il film sa che è un aspetto assolutamente parziale e fallace. Perché ne "L’Urlo" c’è decisamente molto di più. E, anzi, la questione dei salvataggi in mare è del tutto marginale rispetto alle questioni geopolitiche.





Soprattutto perché parliamo della stessa destra che nel 2011 - e con l’appoggio delle sinistre arcobaleno - si è macchiata (al governo) della guerra contro Gheddafi. Una scelta scellerata, contraria a qualunque interesse nazionale italiano, portata avanti nell’esclusivo interesse della NATO da un governo di cui Ignazio La Russa fu ministro della Difesa. Una guerra che è stata la principale causa del caos libico. Perché - e questo va ribadito con estrema chiarezza - se la Libia è tutt’oggi in questa condizione, lo si deve principalmente a un’aggressione militare che ha raso al suolo un Paese sovrano tra i più fiorenti e progrediti dell’intero continente africano. Una destabilizzazione in nome della “democrazia d’esportazione” che ha portato soltanto macerie e trasformato la Tripolitania in una terra di nessuno dove da undici anni vige la legge del più forte. Dove spadroneggiano milizie e tagliagola che, con la connivenza e l’appoggio economico di tutti i governi occidentali, proseguono indisturbate e impunite a sequestrare e torturare i migranti a scopo di estorsione, a ridurli in schiavitù e a sbarazzarsi brutalmente di loro quando diventano scomodi o improduttivi.

Un sistema schiavistico vero e proprio che sfrutta centinaia di migliaia di esseri umani, e lì li tiene imprigionati nonostante supplichino di poter tornare a casa loro, per mantenere in piedi un sistema economico basato sul saccheggio delle risorse del popolo libico. Lo stesso popolo che, almeno a parole, l’Occidente voleva difendere defenestrando violentemente Gheddafi. E a cui viene tutt’oggi impedito di farsi governare dall’unico governo che essi hanno liberamente scelto. Un governo (quello esiliato a Tobruk) legittimato dalla volontà popolare, democraticamente espressa nell’unica circostanza in cui è stato consentito a libici di votare, ma inviso agli interessi occidentali e quindi bollato come illegittimo e terrorista. Incidenti della democrazia. Forse è per questo che non vogliono farli votare più…

Però… e qui arriviamo al dunque.

In tutta la vicenda dell’assalto squadrista al festival del “diritti umani” di Napoli, infatti, ci sta un però grosso quanto un ecomostro sulla costiera amalfitana. Perché sono passate più di 72 ore dai fatti eppure da “sinistra” non è arrivato uno straccio di messaggio di solidarietà. Esatto. Il mondo da sempre schierato a favore della tolleranza, della libertà di parola, dei diritti, delle campagne contro odio e discriminazioni e dell’antifascismo non ha ancora proferito mezza parola non dico di sdegnata disapprovazione, ma pure di formale condanna e presa di distanze rispetto a quanto accaduto.

Eppure in tutta questa storia ci sono in ballo alcune cose che dovrebbero stare parecchio a cuore a tutti i paladini dei valori democratici. La libertà di parola di un regista vittima di un comportamento squadrista, un fatto gravissimo già di per sé che se si fosse verificato ai danni di qualche cantore della “narrazione fiabesca” avrebbe immediatamente innescato la mobilitazione generale delle anime belle. E poi il diritto all’informazione dei cittadini italiani e in ultimo - ma non per importanza - la salute e i diritti di centinaia di migliaia di africani. A maggior ragione se, come nel caso de L’Urlo, questi elementi si intrecciano indissolubilmente. Ciò che rende prezioso il lavoro di Michelangelo Severgnini, infatti, è in primis il contenere elementi, prove e documenti assolutamente inediti in Italia. E in secondo luogo il farsi portatore di istanze provenienti direttamente dal suolo libico. Fonti di prima mano che mai nessuno si era preso la briga di andare ad ascoltare, e dicono una cosa molto chiara. Per quanto scomoda, fastidiosa e invisa alla narrazione dominante essa sia.




Se si hanno realmente a cuore le sorti dei migranti-schiavi in Libia vogliamo starli ad ascoltare una buona volta? Vogliamo esaminare la montagna di prove documentali che un autore coraggioso ci mette a disposizione per inquadrare una vicenda intricatissima in tutta la sua complessità? Vogliamo cioè entrare in possesso di tutti gli elementi necessari per aiutarli veramente? O si preferisce seguitare a tenere gli occhi chiusi e lavarsi la coscienza concentrandosi esclusivamente su opere “umanitarie” che non spostano di un millimetro né il problema urgentissimo della stragrande maggioranza delle vittime di questa torbida e drammatica vicenda né, tantomeno, gli interessi miliardari e geopolitici che ad essa sottostano? Finendo per di più per legittimare, quantomeno omissivamente, la più turpe e brutale censura di chi non vuole che tutti i tasselli del caos libico vengano messi chiaramente sul tavolo?

LAD edizioni è orgogliosa di aver pubblicato l’opera di Michelangelo Severgnini. Proteggeremo lui e il nostro lavoro in tutte le sedi possibili. Vi chiediamo di mobilitarvi presentando “l’Urlo” nelle vostre città. È il modo più efficace per combattere strumentalizzazioni di destra e censure di “sinistra”.


P.s. Per organizzare una proiezione del film scrivi a: lurlo.thescream@gmail.com

Per organizzare una presentazione del libro “L’Urlo” - schiavi in cambio di petrolio" scrivi a: info@ladedizioni.it

Antonio Di Siena

Antonio Di Siena

Direttore editoriale della LAD edizioni. Avvocato, blogger e autore di "Memorandum. Una moderna tragedia greca" 

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