Normalizing America again

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Normalizing America again

 

di Alex Marsaglia

 

Sono passati 40 giorni da quello che avrebbe dovuto essere lo storico vertice di Anchorage e il bilancio non è dei migliori. Quel vertice purtroppo non è stato fatto per la Pace nel mondo, bensì è stato un vertice di relazioni bilaterali tra Russia e Stati Uniti rivolto alla de-escalation. Niente più e niente meno. Un vertice muscolare, dove la Russia ha dimostrato di essere un attore che sa farsi rispettare anche dalla potenza dell’ex mondo unipolare. La conferma è arrivata nelle settimane successive con il carrozzone dell’Armata Brancaleone europea che è andato a prendere ordini su come portare avanti la guerra in Europa. Israele, dal canto suo sul fronte Mediorientale ha portato avanti lo sterminio palestinese come se niente fosse, allargando addirittura il tiro ad ulteriori paesi. E i suggerimenti lanciati da Trump, perché di questo si trattava, al resto del mondo sono caduti nel vuoto più totale: dei vertici bilaterali tra Putin e Zelensky non se ne parla praticamente più per manifesto disinteresse di quest’ultimo che si sente ancora le spalle ben coperte e l’UE continua ad indebitare le proprie popolazioni per armarsi e a spingere per la guerra alla Russia. A poco è servita la terapia dello shock trumpiana. Non è servito nemmeno mostrare la cartina Ucraina al Presidente Zelensky all’interno dello studio ovale, cioè un bagno di realismo, per raffreddare l’ego dell’ex attore ucraino che viene continuamente pompato dalla NATO e dall’UE. Trump dal canto suo ha continuato la sua politica isolazionista, concentrandosi sul giardino di casa latinoamericano: si veda l’accerchiamento al Venezuela che rappresenta il faro socialista del XXI secolo per il Sud America, nel tentativo disperato di spegnerlo per sabotare ogni speranza anche all’interno di attori fondamentali dei BRICS come il Brasile.

In mezzo a questo quadro di relazioni internazionali, in cui gli Stati Uniti tentano disperatamente di defilarsi più per aggiustare i loro bilanci che per una reale presa di coscienza della loro decadenza egemonica, vi sono stati pesantissimi scossoni all’assetto interno degli States. La faida interna alla FED, in cui attualmente risulta vincitrice l’ala democratica e quindi i banchieri che continuano a spingere per la stretta finanziaria, ma anche la guerra guerreggiata all’ultimo sangue tra la fazione repubblicana e quella MAGA nel Governo culminata con l’assassinio Kirk. Un omicidio sul quale gravano ombre pesanti, ma che si cerca, come da tradizione, di superare velocemente. Significativi i funerali “pubblici” di Kirk, di cui avremmo volentieri fatto a meno, in uno stadio con 200.000 persone in cui il sensazionalismo della società dello spettacolo americana ha dato il meglio di sé tra abbracci, pianti struggenti e un perdono forzatissimo lanciato dalla moglie ad uno “spostato” che “non sa quel che fa” con tanto di citazione del Vangelo secondo Luca (23,24). La politicizzazione dell’omicidio Kirk è iniziata a cadavere ancora caldo ed oggi a freddo è diventata ormai terapia per le masse imbonite: attaccate le etichette, tumulato il corpo, fatta la festa e salutato lo spirito critico che aveva messo in campo in vita. I santini sono pronti per Pontida. Il discorso di Trump all’Onu è poi stata la ciliegina sulla torta della normalizzazione trumpiana (si veda la trascrizione e traduzione completa qui: https://scenarieconomici.it/il-duro-discorso-di-trump-allonu-nella-sua-versione-completa-cosa-ha-veramento-detto-direttamente-dalle-sue-parole/#goog_rewarded). A quanto pare nell’ultimo anno non è bastato Netanyahu a certificare la morte del diritto internazionale, serviva anche l’irruzione di Trump all’Assemblea Onu, trattata come un bivacco di manipoli dell’Occidente mentre i Presidenti del Sud Globale chiedevano a gran voce l’intervento militare diretto in difesa del genocidio dei palestinesi. Il discorso del 23 settembre all’Onu di Trump è la normalizzazione interna degli Stati Uniti trasportata nelle relazioni internazionali, un’arringa dura in cui a tratti è giunto persino a rovesciare il tavolo di Anchorage messo in piedi poco più di un mese fa con Putin. Lasciamo da parte le auto-celebrazioni sugli accordi di pace promossi, la ripresa economica e la chiusura dei confini all’immigrazione illegale come propaganda da vendere all’interno degli Stati Uniti. Il succo di quel discorso davanti alla platea dell’Onu è stato l’attacco frontale all’Iran, dopo che a Giugno aveva chiuso miracolosamente la vicenda, e alla Russia. In poche parole il sostegno diretto degli Stati Uniti al fronte orientale e al fronte mediorientale contro i BRICS, il tutto perorato in sede ONU dove i BRICS da sempre cercano di aprire spiragli importanti per la loro politica internazionale. Se queste sono le basi per intavolare una pace con la Russia direi che Trump ha capito poco, siccome Putin ha da deciso coerentemente con i BRICS di sostenere l’economia russa con lo sviluppo economico del Sud Globale ritenendo l’Occidente collettivo un’entità schizofrenica e altamente instabile per poter basarvi il progresso del Paese. Trump ha infatti sostenuto il proprio attacco diretto a Russia e Iran con l’arma dei dazi, che lungi dall’essere una politica economica legittima di un Paese sovrano, vengono trattati come arma di guerra contro i BRICS, dice infatti:

 

Ho anche lavorato incessantemente per fermare l’uccisione in Ucraina. Pensavo che, delle sette guerre che ho fermato, questa sarebbe stata la più facile a causa del mio rapporto con il presidente Putin, che è sempre stato buono. Tutti pensavano che la Russia avrebbe vinto questa guerra in tre giorni, ma non è andata così. Non sta facendo fare bella figura alla Russia, la sta facendo sembrare pessima. Questa è stata una guerra che non sarebbe mai dovuta accadere. L’unica domanda ora è quante altre vite andranno inutilmente perse da entrambe le parti. La Cina e l’India sono i principali finanziatori della guerra in corso continuando ad acquistare petrolio russo, ma in modo imperdonabile, anche i Paesi della NATO non hanno tagliato gran parte dell’energia russa. Stanno finanziando la guerra contro se stessi.

Nel caso in cui la Russia non sia pronta a fare un accordo per porre fine alla guerra, allora gli Stati Uniti sono pienamente preparati a imporre una serie molto forte di tariffe potenti, che credo fermerebbero lo spargimento di sangue molto rapidamente, ma affinché quelle tariffe siano efficaci, le nazioni europee, tutte voi riunite qui in questo momento, dovreste unirvi a noi nell’adottare le stesse identiche misure. Voi siete molto più vicini. L’Europa deve darsi una mossa. Devono cessare immediatamente tutti gli acquisti di energia dalla Russia, altrimenti stiamo tutti perdendo un sacco di tempo”.

 

In questi pochi passaggi Trump ha delineato chiaramente il nemico: Russia, Cina, India (di Brasile e Iran già ne abbiamo parlato prima). E ha chiarito la strategia fatta di sanzioni e boicottaggi, che è poi quella che sta attuando l’UE dai tempi di Biden. A cui ha poi aggiunto l’arma dei dazi, su cui l’Europa e la NATO dovrebbero darsi una mossa. Poco importa che l’UE già sia stata incaricata di sobbarcarsi una guerra lungo un fronte di 1.500 km contro un colosso economico e militare alleato con la Cina. L’arma dei dazi aiuterebbe gli europei ulteriormente in questo frangente secondo Trump, ovviamente in quanto arma di guerra non sarebbe da applicare per il bene sovrano del Paese interessato, ma per il bene degli Stati Uniti che resterebbero pressoché l’unico cliente da cui rifornirsi visto che ci si dovrebbe sacrificare tutti per salvare la pelle dell’Occidente in bancarotta.

Insomma, anche se resta da apprezzare l’ultima parte del discorso sulla de-escalation nucleare, all’Onu abbiamo assistito ad un Trump ampiamente normalizzato, anche nelle relazioni internazionali con la Russia. E le pressioni interne subite nell’ultimo mese di sicuro non devono avergli fatto bene.

Alex Marsaglia

Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989, assiste impotente per evidenti motivi anagrafici al crollo del Muro di Berlino. Laureato in Scienze politiche con una tesi sulla rivista Rinascita e sulla via italiana al socialismo, si specializza in Scienze del Governo con una tesi sulle nuove teorie dell’imperialismo discussa con il prof. Angelo d’Orsi. Redattore de Il Becco di Firenze fino al 2021. Collabora per un breve periodo alla rivista Historia Magistra. Idealmente vicino al marxismo e al gramscianesimo. Per una risposta sovranista, antimperialista e anticolonialista in Italia e nel mondo intero. 

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