Nuova fase della guerra ibrida contro la Serbia

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Nuova fase della guerra ibrida contro la Serbia

 

di Giulio Chinappi

Dopo gli episodi dello dicembre, l’offensiva ibrida contro la Serbia si è nuovamente intensificata per mezzo del Kosovo, creazione della NATO, con il chiaro obiettivo di attaccare uno dei principali alleati della Russia.

Dall’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina, la Serbia ha sempre mantenuto una posizione in linea con la storica amicizia che unisce Belgrado a Mosca. Il governo del presidente Aleksandar Vu?i? si è categoricamente rifiutato di prendere parte a qualsiasi tipo di sanzione antirussa, e proprio per questo il suo Paese è entrato nel mirino dell’imperialismo statunitense, che attraverso le guerre NATO nella ex Jugoslavia ha creato un avamposto antiserbo e atislavo in Kosovo.

Già nello scorso dicembre, erano partite le prime provocazioni da parte kosovara, sempre con il sostegno delle forze dell’alleanza atlantica. Sin da allora, avevamo sottolineato come le mosse contro la Serbia avessero la duplice funzione di punire lo stesso governo di Belgrado, reo di non essersi allineato ai dettami di Washington, ma anche di aprire un nuovo fronte contro la Russia, visto che Mosca ha sempre ricoperto il ruolo di “fratello maggiore” del popolo serbo (ricordiamo il precedente più celebre che portò allo scoppio della prima guerra mondiale).

Marija Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha sottolineato come la NATO, che si erge a difensore dei diritti umani, rappresenti in realtà una fonte di destabilizzazione nella regione balcanica, dove guida la forza di sicurezza internazionale denominata KFOR (Kosovo Force). “Non solo i peacekeeper della NATO hanno mostrato la loro mancanza di professionalità, ma sono anche diventati una fonte di violenza non necessaria e un fattore di escalation“, ha attaccato Zacharova. “Coloro che dovrebbero proteggere la maggioranza serba locale dall’arbitrarietà dei kosovari hanno finito per schierarsi con le aspirazioni xenofobe di Priština e sono diventati sostanzialmente complici del terrore – assumendo il ruolo di sicurezza personale dell’autonominato governo degli albanesi del Kosovo che si sono rintanati negli edifici amministrativi“, ha detto la rappresentante diplomatica.

Zacharova fa in particolare riferimento agli episodi dello scorso 26 maggio, quando la polizia del Kosovo ha sequestrato edifici amministrativi nei comuni di Zve?anZubin Potok e Leposavi?, in cui vive una numerosa popolazione serba. Il 29 maggio, le forze di sicurezza internazionali guidate dalla NATO hanno chiuso l’accesso agli edifici amministrativi dove si erano radunati i manifestanti serbi, fino ad arrivare allo scontro, con un bilancio di almeno 52 feriti, secondo quanto riportato da fonti ufficiali serbe.

Va notato che gli scontri sono iniziati proprio nello stesso giorno in cui il presidente serbo Aleksandar Vu?i? ha ribadito il rifiuto del suo governo di applicare qualsiasi sanzione contro la Russia. Con chiaro riferimento al modo ossequioso con il quale altri Paesi obbediscono supinamente agli ordini di Washington, Vu?i? ha affermato che il governo serbo non prende ordini da ambasciatori o governi di altri Paesi. Il presidente ha poi affermato che la Serbia persegue la propria politica estera indipendente, e che spetta solamente al governo di Belgrado decidere se imporre sanzioni o meno.

In quegli stessi giorni era presenta a Belgrado anche il ministro degli Esteri dell’Ungheria, Péter Szijjártó. Pur essendo parte dell’Unione Europea e della NATO, anche il governo di Budapest ha dato molti segnali di insofferenza rispetto ai diktat statunitensi, sapendo che la rottura dei rapporti economici con la Russia piomberebbe l’Ungheria in una grave crisi energetica. “Cari amici, abbiamo problemi simili. Sia voi che noi affrontiamo attacchi spietati del mainstream liberale internazionale. Ma perché ci attaccano? Perché sia gli ungheresi che i serbi difendono sé stessi e i loro interessi nazionali“, ha detto Szijjártó, rivolgendosi al popolo serbo. “Ci attaccano perché vogliamo la pace in Ucraina e non contribuiamo al crescente rischio di un’escalation della guerra“, ha aggiunto il capo della diplomazia magiara.

Aleksandr Bocan-Char?enko, ambasciatore russo a Belgrado, ha chiaramente spiegato che la NATO vuole punire la Serbia per la sua insubordinazione, nonostante non sia un membro dell’alleanza: “C’è un assalto [dall’Occidente] contro il governo di Belgrado, contro il presidente Vu?i?. Il motivo è assolutamente ovvio: è la sua politica indipendente, i suoi sforzi per preservare l’indipendenza e la sovranità nelle condizioni attuali, che fanno semplicemente infuriare Washington e Bruxelles“, ha detto l’ambasciatore. Bocan-Char?enko ha sottolineato che anche in Serbia le forze dell’imperialismo occidentale stanno usando la strategia della guerra ibrida, con l’obiettivo di provocare una “rivoluzione colorata” in stile ucraino. Non a caso, nel mese di maggio sono state convocate quattro manifestazioni antigovernative, nonostante il presidente Vu?i? goda di grande consenso tra i cittadini.

L’ambasciatore russo ha anche affermato che Mosca offre tutto il suo sostegno a Belgrado per risolvere la crisi del Kosovo: “In questa situazione, la Russia ha fornito la valutazione più chiara, precisa e veritiera delle ragioni profonde dietro gli eventi attuali e ha rilevato i modi che possono portare la Serbia fuori dalla situazione attuale, sia impedendole di precipitare in una spirale di guerra nella regione sia riportando gli affari kosovari in carreggiata, sulla base della risoluzione 1244“, ha detto l’inviato russo.

A tal proposito, vale la pena ricordare che la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata il 10 giugno 1999, conferma che la regione autonoma del Kosovo e Metohija (in italiano nota anche come Metochìa) fa parte della Serbia. A dispetto della risoluzione, le autorità kosovare hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza nel febbraio 2008, ottenendo l’immediato sostegno degli Stati Uniti e di quasi tutte le altre principali potenze occidentali. Dopo la dichiarazione d’indipendenza unilaterale, gli accordi di Bruxelles del 19 aprile 2013 sulla normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Priština hanno comunque garantito l’autogoverno dei serbi che vivono in Kosovo, ma il governo kosovaro ha violato anche questi accordi, come dimostrano i recenti avvenimenti.

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