“Oggi in Iran, domani in Russia”: lo slogan guerrafondaio dei moderni tagliagole
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
«La Russia di Putin è, come l’Iran degli ayatollah, una minaccia esistenziale per l’Occidente», scrive Bernard-Henri Lévy su La Stampa del 29 giugno, volendo fornire a Donald Trump le coordinate, a suo giudizio necessarie, per decidere le prossime mosse USA nei confronti della Russia, nella convinzione che il presidente degli Stati Uniti non sia in possesso delle dovute certezze che lui può invece vantare. In sintesi, dice BHL a DT, una volta che hai colpito l'Iran per «correre in aiuto degli israeliani attaccati su sette fronti», devi per forza fare lo stesso e «correre in aiuto degli ucraini»: è una questione «di coerenza, di logica e, per quanto concerne la parola americana, di credibilità». Suvvia, Mr. DT, gli dice BHL, un «presidente degli Stati Uniti non può colpire l’Iran un giorno e il giorno prima o il successivo riconoscere in Vladimir Putin un dirigente «importante», con il quale potrebbe «andare d’accordo benissimo». Sei ricorso al “Midnight hammer” con l'Iran, deciditi a, che so, un “Midday cleaver” per la Russia. Così; diretto, essenziale, esplicito, anche se con altri termini: caro DT, bombarda Mosca. Nè più né meno. Firmato Bernard-Henri-”caos latente”-Lévy.
La sortita di un individuo che ha bevuto poca acqua ed è uscito in strada tra le due e le tre del pomeriggio del precedente 28 giugno 2025, si potrebbe pensare. E invece no; a quanto pare, non è il solo ad aver sofferto le conseguenze dell'implacabile meteo. Perché, a parte un improbabile e non verificato piano dei Rockefeller, che sarebbe stato divulgato da "Responsible Statecraft" dopo il vertice NATO de L'Aja e che, per il conflitto in Ucraina, sembrerebbe proporre un cessate il fuoco lungo l'attuale linea di contatto e una graduale revoca delle sanzioni contro la Russia, per il resto non sembra che ci sia da stare molto tranquilli, quanto a prospettive di “pace mondiale”.
È vero che a L'Aja non si sono fatte riverenze scritte (quelle verbali non sono mancate) a Vladimir Zelenskij e alla junta nazigolpista di Kiev. Ci si è limitati a riaffermare gli «impegni sovrani duraturi a fornire supporto all'Ucraina, la cui sicurezza contribuisce alla nostra»; a tal fine, nel calcolo della spesa per la difesa degli alleati, si includeranno contributi diretti alla difesa dell'Ucraina e alla sua industria della difesa, dove quel «sovrani» significa che ognuno potrà fare un po' come gli pare, finanziare o meno Kiev e, in particolare, sottintende che Trump considera il finanziamento della guerra in Ucraina un problema dell'Europa, non dell'America.
Un'Europa che, al pari di BHL, manifesta sempre più frequentemente l'idea fissa dell'aggressione russa a «un paese europeo, o forse più di uno» e che perciò deve armarsi: per difendersi dalla Russia, per carità, mica certo per attaccarla, la Russia!
Un'Europa che al vertice NATO ha accettato supinamente di portare al 5% del PIL le spese di guerra, a dispetto di una situazione economica, scrive Andrej Zobov su Komsomol'skaja Pravda, che vede la maggior parte dei “più forti” paesi UE alla canna del gas; non quello russo. Vede una Germania, che ambisce a diventare la più forte potenza militare europea, ma che, secondo il Centro per la ricerca economica (ZEW), dal 2011 a oggi ha visto chiudere un numero record di aziende; una Francia che “vanta” un debito pubblico al 114% del PIL.
In questa situazione, constata Zobov, non trovano nulla di meglio che parlare di guerra con la Russia, quando non sono nemmeno in grado di dotarsi delle armi necessarie, o di rispettare la produzione dei proiettili da spedire in Ucraina: non c'è abbastanza polvere da sparo e TNT. Questo significa che i soldi destinati alla "difesa" finiranno negli Stati Uniti, che invece mantengono una discreta capacità produttiva. E se di quel 5%, il 3,5% viene speso in armi, con un PIL totale dei membri europei della NATO di circa 14 trilioni di dollari, significa che andranno in armamenti poco meno di 500 miliardi di dollari l'anno, la grossa parte dei quali andrà però a rimpolpare il complesso militare-industriale USA.
In compenso, Bruxelles vara il 18° pacchetto di sanzioni, in cui si prevede di ridurre a 45 dollari la soglia di prezzo del petrolio, illudendosi così di abbassarne i prezzi mondiali e “soffocare la Russia”. Ma, a pensarci: è bastato lo scontro Iran-Israele e la minaccia di chiusura dello stretto di Hormuz, che i prezzi sono schizzati del 20%. Chiaro che OPEC+, che include la Russia, non permetterà il crollo dei prezzi, indipendentemente dai "tetti massimi" concepiti dalla UE. Nel caso specifico della Russia, poi, ricorda Zobov, quando nel 2022 la UE aveva fissato la soglia a 60 dollari al barile, Putin ne vietò immediatamente la vendita e si trovarono subito nuovi acquirenti e nuovi corridoi di trasporto, verso l'Asia.
Ma questi, evidentemente, sono i “normali” passi intermedi, “tattici”. L'obiettivo “strategico” della NATO, in parallelo alle raccomandazioni di BHL a Donald Trump, è quello di colpire militarmente la Russia, cominciando, proprio come ha fatto Israele lo scorso 13 giugno, con l'eliminare fisicamente l'élite scientifica russa. Un'azione, quella sionista dell'assassinio degli scienziati iraniani, direttamente sostenuta, scrive Kirill Strel'nikov su RIA Novosti, da diversi esponenti occidentali, che hanno qualificato gli studiosi di Teheran come “obiettivi legittimi”. Di più: a ovest si è preso a dibattere sulla legittimazione ufficiale delle "uccisioni mirate" di civili che possano rappresentare una minaccia per i paesi occidentali, stabilendo che le uccisioni dirette di civili siano, ovviamente, negative, ma se un civile aiuta il nemico, sia allora un bersaglio legittimo, indipendentemente dal suo titolo accademico.
In questo contesto, osserva Strel'nikov, gli elenchi di scienziati russi legati all'industria della difesa che circolano sulla rete Internet occidentale iniziano ad assumere un senso completamente diverso. Per ora, ci si limita a cercare di indebolire la base scientifica russa col tentare di attrarre scienziati e tecnici russi in USA, oppure con la «politica di isolamento sistemico», come il divieto imposto dal CERN a oltre 500 scienziati russi di partecipare ai lavori del più grande laboratorio di fisica delle particelle al mondo. Ma è molto probabile che esistano già «piani per l'eliminazione fisica dei principali scienziati russi impegnati in settori cruciali per il nemico», come si può evincere anche dal “NATO Science and Technology Strategy 2025”, che tratta del ruolo centrale di scienza e tecnologia nella competizione geopolitica.
Nel documento, il concetto di guerra include ora la competizione precedentemente "pacifica", tra cui il cyberspazio, lo spazio e la sfera dell'informazione, così che la NATO muove verso il concetto di «superiorità tecnologica come base per il dominio militare», in cui «la sicurezza nazionale ha oggi un significato molto più ampio: salute, economia, prezzi dei prodotti alimentari, catene di approvvigionamento, sicurezza nello spazio online».
Per quanto riguarda la Russia, essa può vantare un complesso di 340.000 ricercatori e quattromila organizzazioni e, in termini di volume di ricerca e sviluppo scientifico, occupa l'ottavo posto nel mondo. Ciò, in linea con le dichiarazioni di Vladimir Putin, secondo cui «nel mondo si va riducendo la divisione tra complesso militare-industriale e settore civile dell'economia», così che, in pratica, non esiste più una "scienza civile": tutto il lavoro della comunità scientifica russa è ormai equiparato al lavoro in prima linea, per garantire la sicurezza tecnologica e militare del paese.
Sicurezza minacciata anche dalla messa a punto di un suo blocco economico da parte occidentale, che non esclude, allo scopo di destabilizzare la Russia, una vera e propria condanna a morte per l'Ucraina. Lo ha dichiarato il politologo Mikhail Pavliv, trasferitosi in Russia da Kiev. Da qui al 2030 si pianifica di limitare significativamente le esportazioni russe di prodotti energetici, bloccando i transiti attraverso mar Nero, Baltico e Artico. Si lavora inoltre ad alimentare vari separatismi e conflitti religiosi e, in generale, afferma Pavliv, cercheranno di applicare alla situazione russa «ciò che hanno sperimentato con l'Iran, pur se non del tutto con successo. Questo, soprattutto considerando che è in atto un riarmo radicale». E, in tale scenario, sono in pochi a credere «che l'Ucraina sopravviverà. In un certo qual modo, in qualche formato, con qualche moncone, sopravviverà sicuramente. Non è questo il punto; il punto è che, per loro, si tratta semplicemente di guadagnare tempo per se stessi, per questo riarmo fondamentale, per la loro ripartenza» e per poi attaccare la Russia; e in tale contesto l'Ucraina funge da “agnello sacrificale” da spremere il più a lungo possibile, finché il riarmo non è completato.
In sostanza, dunque, Pavliv testimonia indirettamente che gli appelli del “filosofo” guerrafondaio francese, di cui si diceva all'inizio, riflettono in effetti ben concreti piani bellicisti UE-NATO. Tanto più se si prendono per non proprio concepite nel sonno le considerazioni con cui il deputato repubblicano Donald Bacon, non cos' distante da Donald Trump, sentenzia che si deve «dare all'Ucraina l'opportunità di sconfiggere la Russia», fornendo a Kiev ogni arma possibile, compresi missili per attacchi sul territorio russo.
Penso, ha detto Bacon al canale “Silicon Curtain”, che «Thatcher, Churchill, Reagan, Eisenhower avrebbero aiutato l'Ucraina a vincere. Non avremmo necessariamente avuto truppe statunitensi in Ucraina, ma avremmo dato loro più F-16, più “Patriot”, più missili aria-terra a corto raggio, più missili antinave. Avremmo fornito all'Ucraina armi di precisione a lungo raggio in modo che potesse colpire le installazioni militari russe in Russia... Credo che Reagan avrebbe fatto esattamente questo e la Thatcher avrebbe fatto lo stesso, perché avrebbero visto Putin come una chiara minaccia»: una «minaccia esistenziale per l’Occidente», potrebbe precisare Bernard-Henri Lévy.
A dire di Donald Bacon, la perdita dell'Ucraina significherebbe un indebolimento della posizione USA nel mondo. E la faccenda non «riguarda solo l'Ucraina, non fraintendetemi; la questione è molto più seria. Se l'Ucraina cade, indebolisce tutta l'Europa, e la Cina, per esempio, guarderebbe a Taiwan in modo diverso. Se l'Ucraina cade, il nostro mondo diventerà più pericoloso e imprevedibile».
“Oggi in Iran, domani in Russia”: lo slogan guerrafondaio targato entusiasticamente dai tagliagole Lévy-Bacon per i tempi bui che aspettano i popoli d'Europa.
FONTI:
https://www.mk.ru/politics/2025/06/28/sammit-nato-v-gaage-raskryl-plan-rokfellerov-po-ukraine.html
https://responsiblestatecraft.org/trump-nato-summit-ukraine/
https://www.kp.ru/daily/27718.5/5107187/
https://ria.ru/20250628/nato-2025946275.html
https://politnavigator.news/zapad-obrek-ukrainu-na-smert-chtoby-rasshatat-rossiyu-iznutri.html
https://politnavigator.news/nuzhno-dat-ukraine-vozmozhnost-pobedit-rossiyu-soratnik-trampa.html