PCI, è proprio vero che la storia la scrivono i vincitori

PCI, è proprio vero che la storia la scrivono i vincitori

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È proprio vero che la Storia la scrivono i vincitori. Anche quella del PCI. Vedi il recentissimo libro di uno dei suoi rottamatori, Piero Fassino. Basta il titolo: "Dalla rivoluzione alla democrazia", intenzionalmente immemore del fatto che per i comunisti la rivoluzione costituiva il primo passo verso la lenta attuazione di un’autentica democrazia, ben diversa dalla farsa messa in atto, ormai senza alcun ritegno, nei paesi del neocapitalismo reale. Capisco che a Fassino sembri molto democratico che il Pd (chiamato in quel modo per scimmiottare il Democratic Party americano così caro al suo amico Veltroni) nel 2013 si sia assicurato il 55% dei seggi pur avendo ottenuto il 30% dei voti mentre cinque anni dopo, grazie a una nuova legge elettorale ad hoc, i seggi assegnati al M5S siano stati molti meno (il 36%) malgrado un consenso popolare superiore (il 33%). Per non dire del vantaggio regalato ai miliardari e alle multinazionali con la licenza di mentire concessa alle loro tv, giornali e social e quella di corrompere garantita alle loro lobby. Una democrazia all’americana, da imporre con ricatti economici e se non bastano con interventi militari.

Lenin non è di moda, in particolare nei circoli frequentati da Fassino (forse per questo ho recentemente comprato i 45 volumi della sua opera omnia, pubblicata negli anni cinquanta-settanta da Editori Riuniti), ma a chi fosse sinceramente interessato, in questi tempi di diffuso irrazionalismo e dei conseguenti deliri di onnipotenza di massa (a destra il mito dell’uomo forte, possibilmente ricco e stronzo; a sinistra un massimalismo messianico), dicevo, chi fosse interessato a una attenta e profonda discussione della funzione della democrazia nel processo di emancipazione dei popoli, si legga "Stato e rivoluzione" (vol. 25 delle "Opere complete", che si possono leggere online; o come volume autonomo nell'edizione del centenario pubblicata da Donzelli, purtroppo editore anche di Fassino).

Per Lenin la democrazia era un mezzo, uno strumento indispensabile per dare il potere e al popolo, superare la divisione in classi e realizzare una società civile in grado di autogestirsi in quanto fondata sulll'eguaglianza economica, la solidarietà e la giustizia; per Fassino la democrazia è il fine ultimo, oltre che un destino manifesto, valido in sé stesso e senza altri scopi che la propria realizzazione e perpetuazione; come piace a chi grazie a questa finta democrazia ha messo insieme osceni patrimoni privati e li usa per comprarsi politici, istituzioni, coscienze, interi Stati, e distrarre la gente dall’inesorabile deriva morale, ambientale, culturale, politica.

D’altra parte un libro che raccontasse le vere ambizioni del PCI e dei comunisti, dal sogno della rivoluzione per la democrazia alla resa incondizionata alla democrazia del denaro e dei media, non se lo comprerebbe nessuno, neanche i milioni di italiani che ancora desidererebbero una società migliore e socialista ma solo se gratis e infatti non spendono un euro per aiutare chi cerca di fare controinformazione (tengono famiglia e già hanno da pensare agli abbonamenti a Sky, Mediaset Premium, Apple TV, Amazon Prime, Netflix). Il libro lo compreranno invece le madamine torinesi, pro TAV come il suo autore e come lui liberiste: la destra sa bene che è importante premiare chi fa i suoi interessi.

Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

 

Professore di studi italiani e romanzi a Harvard; in precedenza ha insegnato alla II Università di Roma e alla New York University, e come visiting professor alla Arizona State University, alla University of Toronto, a UCLA, a Johns Hopkins e a McGill

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