Qualche amara riflessione sul conflitto in Medio Oriente: gli interessi degli attori coinvolti e dei popoli

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Qualche amara riflessione sul conflitto in Medio Oriente: gli interessi degli attori coinvolti e dei popoli

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di Paolo Arigotti

Quella di oggi sarà una sorta di riflessione a 360 gradi sul conflitto in corso in Medio Oriente e sulle sue possibili ripercussioni, tentando di dimostrare come, a nostro avviso, alcuni dei potenziali sviluppi potrebbero dipendente più da interessi politici, strategici e/o economici, che da altre questioni, come le preoccupazioni, pure da più parti espresse, per la sorte dei civili.

Naturalmente non c’è nessuna pretesa di esaustività: quello che ci proponiamo è di fornire alcuni spunti, con l’invito ad approfondire le varie questioni tramite le risorse che l’editoria e il web mettono a disposizione.

Partiamo con una descrizione degli asset di alcuni attori coinvolti, più o meno direttamente, nella regione e nella conflittualità in corso.

La Repubblica Popolare Cinese vanta molti interessi economici e strategici in Medio Oriente, una regione che rappresenta una sorta passaggio obbligato per la Nuova via della seta, quella dalla quale l’Italia ha deciso di ritirarsi; ricordiamo che nei giorni scorsi a Pechino - padrone di casa Xi Jinping, ospite d’onore Vladimir Putin – si è tenuta la terza edizione del Belt and Road Forum for International Cooperation, con la partecipazione di dirigenti aziendali e studiosi provenienti da tutto il mondo[1].

È proprio in funzione di questi interessi che si può inquadrare la mediazione di Pechino tra Iran e Arabia Saudita, che non solo ha consentito ai due paesi di riallacciare le relazioni diplomatiche, ma ha aperto loro le porte per l’ingresso nei BRICS (dal prossimo primo gennaio). Come di tutta evidenza, lo scopo della dirigenza cinese non era tanto quella di dirimere un contrasto che divideva da anni le due massima potenze regionali dell’area, quanto eliminare un ostacolo che si frapponeva coi suoi interessi commerciali (e gli ingenti investimenti) e più in generale con la sua strategia geopolitica ed economica, regalando al Dragone un indubbio prestigio per il successo diplomatico.

Difatti, uno degli obiettivi più immediati della Cina sarebbe quello di ridurre la dipendenza dalle rotte infrastrutturali che passano per Russia e Ucraina, cercando nel Medio Oriente una sorta di percorso alternativo. Trovare una quadra per il conflitto israelo-palestinese avrebbe consentito a Pechino di chiudere il cerchio, oltre che rafforzare la credibilità della sua azione diplomatica, dimostrando di riuscire dove molti hanno fallito (per non fare nomi: America ed Europa).

In Asia c’è un’altra potenza emergente, che con la Cina non intrattiene tradizionalmente rapporti ottimali (pensiamo solo al QUAD[2]): ci riferiamo all’India. Se ci chiedessimo cosa c’entri il subcontinente con la regione mediorientale, dovremmo partire da lontano. Nel periodo della guerra fredda Nuova Delhi era schierata decisamente dalla parte dei palestinesi, ma nel nuovo millennio la sua relazione con Israele si è notevolmente rafforzata per via delle crescenti forniture militari ricevute dallo stato ebraico e della cooperazione nel settore agricolo e della gestione delle risorse idriche, circa le quali lo stato ebraico rappresenta un’avanguardia. Il che, però, non deve far pensare che i legami col mondo arabo si siano affievoliti, al contrario conservano ancora oggi grande importanza. Gli Emirati e l’Arabia Saudita sono rispettivamente il terzo e il quarto partner commerciale per importanza dell’India (il primo sono gli Stati Uniti), mentre le forniture gasiere del Qatar coprono circa il 40 per cento del suo fabbisogno. Non può stupire, fatta questa breve premessa, come la posizione indiana rispetto all’accendersi del nuovo conflitto sia stata quella di un compromesso tra le due parti: condanna degli attentati di Hamas, accompagnata dalle dichiarazioni di solidarietà verso Israele, ma allo stesso tempo Nuova Delhi ha ribadito il suo favore per la soluzione dei due stati, collocandosi su posizioni vicine a quelle espresse da Mosca e Pechino.

Come in parte la Cina (pensiamo allo Xinjiang), l’India sa molto bene cosa significhi una composizione etnica e religiosa variegata al proprio interno, e come questa possa alimentare conflittualità. Nel subcontinente vivono circa 200 milioni di musulmani, i quali ovviamente parteggiano per i palestinesi: non tener conto di questi numeri sarebbe quantomeno imprudente, nonostante una certa retorica antislamica sia presente nel dibattito politico; e non va trascurata la scadenza elettorale del 2024, quando si voterà per le consultazioni politiche generali. E poi, per tornare a tematiche di respiro economico, ci sarebbe il progetto della nuova via delle Spezie[3], una sorta di alternativa a quella della seta cinese, che pur non avendo al momento contorni ben definiti, sarebbe sicuramente minacciata dal disfacimento degli equilibri mediorientali.

Apriamo una breve parentesi sul rapporto tra le due grandi potenze del continente asiatico che, come sappiamo, non è mai stato dei migliori, nonostante la comune appartenenza al club dei BRICS, rivalità enfatizzate dalla svolta nazionalista del governo guidato da Narendra Modi. I contrasti vanno dalle scaramucce di confine lungo le pendici dell’Himalaya, alla concorrenza sui vari corridoi commerciali, dove ciascuna delle due nazioni cerca di crearsi un proprio spazio: pensiamo all’espansione marittima indiana in Sri Lanka o nelle Maldive, nell’ambito dell’oceano Indiano, che chiaramente cozza con molti interessi cinesi, come quelli collegati alla base di Gibuti. L’India sa bene che al momento non sarebbe mai in grado di eguagliare la potenza marittima cinese, sia in termini strategici, che produttivi, e anche per questo ha cercato nel QUAD nuovi alleati e sostegni, favorita in questo dagli USA che vedrebbero nel rafforzamento della marina di Nuova Delhi un’arma di distrazione nei riguardi di Pechino nel teatro dell’Indo Pacifico[4].

Eppure, nonostante i motivi di attrito passati e presenti, Cina e India hanno dimostrato una comune abilità, che purtroppo sembra fare difetto alla nostra vecchia Europa[5], e in particolare alla UE, la cui unica strategia sembra quella di andare “al traino”[6] degli alleati d’oltreoceano, spesso contro i propri interessi[7]. Al contrario, la Cina ha imboccato la strada della partnership strategica con la Russia, guadagnando forniture energetiche a condizioni molto favorevoli, mentre l’India ha dato prova di sapersi muovere con grande accortezza in scenari critici, a cominciare da quello innestato dal conflitto ucraino, rifiutando di applicare sanzioni contro la Russia e realizzando lauti guadagni seguitando a commerciare con tutte le parti. La Russia, non a caso, è divenuta il primo fornitore di greggio per gli indiani, oltre che un importantissimo esportatore di armamenti, visto che circa il 60 per cento degli asset indiani arriva proprio da Mosca. Allo stesso tempo, l’India è stata abilissima nello stringere legami con un altro avversario storico della Cina, il Giappone, a sua volta alleato di ferro di Washington.

Il senso di queste riflessioni è quello di dimostrare che due grandi potenze economiche (e in prospettiva militari) hanno saputo condurre una politica assai più lungimirante e conforme ai propri interessi di quanto non abbiano saputo fare gli europei e che l’aver conservato una posizione di equidistanza potrebbe aprire loro dei ruoli – ci riferiamo chiaramente alla diplomazia – che inevitabilmente rischiano di chiudersi, quantomeno assottigliarsi, per chi voglia sposare acriticamente le ragioni di una sola parte[8].

E se questo potrebbe valere per l’Ucraina, che oramai sembra destinata a uscire dal centro dell’attenzione, a maggior ragione potrebbe valere per il Medio Oriente dove, come abbiamo visto, gli interessi delle varie potenze asiatiche sono radicati.

E il ruolo della diplomazia si farà sempre più importante nella prospettiva, per nulla ipotetica, di un’espansione del conflitto nella regione mediorientale.  Israele ha già bombardato il territorio della Siria, in particolare gli scali di Damasco e Aleppo[9], mentre al confine settentrionale col Libano Hezbollah, organizzazione paramilitare islamica sciita sostenuta dal nemico per eccellenza di Israele, l’Iran, ha già più volte minacciato di intervenire in caso di invasione di terra a Gaza. La cosiddetta linea blu, visitata nei giorni scorsi dal premier Benjamin Netanyahu, ha già visto i primi scambi di fuochi tra IDF e milizie sciite e già si contano delle vittime.

L’Iran che non solo arma le milizie sciite, ma sostiene la stessa Hamas[10] (di fede sunnita), il che ha fatto avanzare l’ipotesi che l’azione di forza del 7 ottobre potrebbe essere stata favorita (per qualcuno fomentata) dalla Repubblica Islamica per contrastare il processo di normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra lo stato ebraico e la monarchia saudita. Al momento sarebbe impossibile confermare o smentire, ma è chiaro che un coinvolgimento più o meno diretto degli iraniani è assai probabile, il che accresce i timori dell’espansione del conflitto.

Eppure, per restare ai fatti, al momento non sembra che si stia andando in questa direzione. Le dichiarazioni bellicose sono all’ordine del giorno (a volte del minuto) e proseguono i bombardamenti israeliani su Gaza, dove già si contano migliaia di vittime, ma della famosa azione militare di terra non si vede traccia.

Gli israeliani hanno parlato di problemi meteorologici, ma forse l’impasse cela altri scenari, che si ricollegano agli interessi di molti degli attori menzionati. Non si può del pari escludere che il rallentamento dell’offensiva sia imputabile alla consapevolezza di dover fronteggiare un avversario molto più forte di quanto non si pensi: basti dire che Hezbollah, che ha già assicurato il suo intervento in caso di offensiva di terra, conta tra le sue fila circa 100mila combattenti, che da anni si addestrano allo scontro, muniti di un arsenale militare di tutto rispetto, con tanto di missili a lunga gittata[11], in grado di raggiungere il Sinai e molte delle città ebraiche. Inoltre, la stessa organizzazione gode di un certo sostegno popolare e ha un importante seguito politico, costituendo il terzo partito del Libano, paese che la ospita, e facendo parte della compagine governativa a Beirut, oltre ad esprimere diversi sindaci e amministratori locali.

In altre parole, il conflitto con Hezbollah finirebbe per coinvolgere il Libano, fatto dal quale scaturiscono una serie di ulteriori considerazioni.

La ex Svizzera del Medio Oriente ha conosciuto negli ultimi anni una gravissima crisi economica e sociale, per cui il terzo partito e membro del governo libanese potrebbe avere tutto l’interesse a evitare uno scontro armato con Israele, che si tradurrebbe in un disastro per la popolazione di entità difficilmente prevedibile. E non dimentichiamo gli accordi siglati lo scorso anno sui confini marittimi[12], che nonostante Libano e Israele non abbiano relazioni diplomatiche, hanno aperto la strada a uno sfruttamento di comune interesse dell’oro blu dei giacimenti offshore.

Non sono mancate, come accennavamo, le occasioni di scontro, anche in altri contesti: per il canale Telegram InfoDefenseItalia, si sono già verificati alcuni attacchi da parte di gruppi filoiraniani contro alcune basi militari statunitensi in Siria e Iraq, ma questo non implica necessariamente uno scontro generalizzato. Le stesse incursioni aeree contro Aleppo e Damasco potrebbero essere lette come una sorta di avvertimento all’Iran per moderare il suo operato, con la Russia e la Cina che stanno esercitando pressioni per evitare un’escalation che nuocerebbe ai propri interessi; basti pensare alla base militare di Mosca a Tartus, in Siria.

Gli stessi americani, come in parte abbiamo visto parlando della lobby ebraica, pur dichiarando sostegno a Tel Aviv e inviando proprie forze navali nel Mediterraneo, si stanno adoperando per evitare lo scontro, che non solo li distrarrebbe dal loro vero focus (l’Indo pacifico), ma che potrebbe rivelarsi controproducente in vista dell’appuntamento elettorale del 2024.

La questione di Gaza preoccupa gli americani, che difatti predicano moderazione al tradizionale alleato[13], anche perché paventano il rischio di una catastrofe umanitaria, che finirebbe per indebolire le proprie posizioni nella regione rispetto al tandem russo cinese, senza contare che un allargamento del conflitto a macchia d’olio, esteso potenzialmente a diversi stati (citiamo solo Iraq, Yemen, Libano, Siria) striderebbe con la politica di appeasement avviata con gli accordi di Abramo, in questa fase più congelati che mai.

Come scrive su Limes Federico Petroni[14]: “La guerra di Gaza manifesta la contrazione delle capacità americane di persuasione. È un nuovo episodio del crescente distacco dalle priorità dell’Occidente dei paesi non occidentali, il presunto Sud globale. Esattamente come buona parte del mondo condanna l’aggressione all’Ucraina ma non partecipa alla guerra economica contro la Russia, ora molti paesi condannano il barbaro attacco di Hamas ma pretendono un contenimento della violenza o addirittura un cessate-il-fuoco. Anzi, lo usano come modo per riproporre la questione di uno Stato palestinese.”

Ovviamente ci sono anche altri interessi, che spingerebbe in tutt’altra direzione. In un recente paper[15] della Commissione “America’s Strategic posture” del Congresso, si legge un’esortazione a prepararsi a un conflitto su due fronti, contro le potenze nucleari cinese e russa, raccomandando l’erogazione di nuovi finanziamenti all’industria bellica e al settore energetico (compreso quello nucleare). Premesso che un impegno per la pace e il negoziato sarebbero più economici ed efficaci, anche se meno redditizi per qualcuno[16], citeremo un report della Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), istituto di ricerca indipendente[17], che riferendosi al decennio 2010-2020, parla di un fatturato di circa cinquemila miliardi di dollari, con un trend in netta crescita, per le cento industrie più importanti del settore[18]. In tal senso, sono un modello di ragionevolezza e buon senso le parole di Papa Francesco, il quale ricevendo in Vaticano lo scorso 2 dicembre una delegazione del Seminario Rabbinico Latino-americano proveniente dall'Argentina, così si esprimeva: “Pensare che se non si facessero armi per un anno, finirebbe la fame nel mondo, perché penso che quella bellica sia l'industria più grande"[19].

Non abbiamo ancora parlato della Turchia di Erdogan, che negli ultimi anni ha cercato un componimento nei suoi rapporti con Israele, specie in funzione anti-iraniana, gettando le basi per importanti accordi in materia di gas che, sfruttando le infrastrutture turche, potrebbe far giungere l’oro blu israeliano in Europa; e non dimentichiamo che lo stato ebraico è tra i principali fornitori armamenti all’Azerbaijan, importante alleato di Ankara. Alla luce di tutto questo, è evidente che la Turchia non possa non avere a cuore i propri interessi, ma allo stesso tempo non può non tener conto della sua opinione pubblica: Ankara ha condannato con fermezza i crimini commessi dallo stato ebraico con riferimento ai bombardamenti su Gaza (per quello dell’ospedale vi segnaliamo un’interessante analisi condotta da Al Jazeera[20]), impegnandosi al contempo per un accordo di pace, assai più funzionale al proprio interesse alla prosecuzione della cooperazione (anche di intelligence) con Tel Aviv[21].

Un cenno anche all’Egitto di Abdel Fatah al Sisi il quale, in quanto presidente del paese che confina direttamente con Gaza, teme afflussi insostenibili di profughi e percorre la strada della mediazione, “tentato” dagli aiuti promessi dall’Occidente in cambio di aiuto e accoglienza. Il paese arabo è alle prese con una crisi senza precedenti e guidato da un uomo come al Sisi che ha contrastato i Fratelli musulmani[22], organizzazione della quale Hamas è considerata una branca[23]. L’altro paese di confine, il regno di Giordania, popolato in gran parte da cittadini di origine palestinese e considerato filoccidentale, ha ugualmente i suoi timori contro ogni compagine considerata fondamentalista, pur non astenendosi dal condannare fermamente l’azione d’Israele su Gaza, col sovrano giordano Abdullah che ha parlato di un pericolo catastrofe[24].

E non andrebbero sottovalutati i pericoli di una recrudescenza degli attentati terroristici in Occidente[25], alimentati dalla propaganda che circola in Medio Oriente, che fa leva sulla questione palestinese per rinfocolare un nuovo clima di odio[26], senza contare i primi dati economici, diffusi dalla Banca Mondiale[27], secondo cui esiste il rischio che crescita e sviluppo – in una fase già di suo non particolarmente felice – possano essere messi in pericolo dallo scoppio della nuova conflittualità.

A questo punto l’ipotesi che si arrivi a una soluzione di compromesso, per esempio con Israele che si accontenti di togliere il potere a Gaza ad Hamas, per inverdire l’autorità nazionale palestinese, magari favorendo lo spostamento dei miliziani islamici in altri lidi (come avvenne col trasferimento dell’OLP dal Libano alla Tunisia nel 1982), potrebbe non apparite del tutto irrealistica?[28].

Difficile dirlo al momento, ma esistono molti elementi (e interessi) per ritenere che molte delle potenze coinvolte possano spingere verso questa o altre soluzioni per una “non escalation”.

Una cosa, però, è certa. Se mai si arrivasse a un esito di questo tipo, a muovere i potenti del mondo non sarebbe di sicuro il benessere delle popolazioni civili, a cominciare dai poveri innocenti coinvolti nelle azioni di ritorsione d’Israele[29] giudicate a dir poco eccessive da molti, compreso chi scrive, ma esclusivamente in nome degli interessi di cui sopra.

Non è una novità che del bene dei popoli ai grandi decisori politici non importi più di tanto, resta emblematica una frase di Pablo Neruda, che sta circolando sui social da qualche tempo: “Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma che non si uccidono”.

Vale per la guerra, ma forse anche per la pace.

Per coloro che, con tutte le ragioni, pensassero alle vittime di guerre e discriminazioni, ci sarebbe un’altra citazione da fare: ““Che differenza fa per i morti, gli orfani e i senzatetto, se la folle distruzione è perpetrata sotto il nome del totalitarismo o sotto il santo nome della libertà e della democrazia?”

Lo disse il Mahatma Gandhi, e aveva perfettamente ragione.

FONTI

www.agenzianova.com/notiziario/xinhua/653056631ddeb9.18397493/4612880/ Cina - India (e Brics) nella guerra in Medio Oriente 2023-10-17/cina-xi-jinping-architetto-capo-della-belt-and-road-initiative-3

lanuovabq.it/it/espellere-hamas-da-gaza-lunica-alternativa-alla-guerra-totale

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www.youtube.com/watch?v=MamfAjVQ0ho&t=1032s (Canale YouTube Spunti di riflessione). Alberto Bradanini: nei rapporti tra Cina e India la chiave dei BRICS

www.lafionda.org/2023/10/06/elena-basile-lassemblea-dellonu-e-le-vie-impervie-del-multipolarismo/

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www.youtube.com/watch?v=MVZNSAvDW-U&t=10s (Canale YouTube Spunti di riflessione). Alberto Bradanini: la crescente conflittualità è sintomo delle inquietudini del sistema

www.repubblica.it/cronaca/2022/12/04/news/papa_la_fame_nel_mondo_finirebbe_se_non_si_fabbricassero_armi_per_un_anno-377476540/

www.youtube.com/watch?v=9gM9Wpu0T34 (Canale YouTube Limes): Cina - India (e Brics) nella guerra in Medio Oriente

www.limesonline.com/israele-vs-hezbollah-l-altro-fronte-con-libano-siria-e-iran/134001

www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/10/10/le-conseguenze-di-israele-in-europa-rischia-di-tornare-il-terrorismo-islamico/7318366/

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www.youtube.com/watch?v=6fdSBn3tFj0 (Canale YouTube Il vaso di Pandora): L'Occidente tace sui crimini di Israele - Giacomo Gabellini Stefano Orsi

www.limesonline.com/turchia-israele-hamas-gaza-iran-erdogan-caucaso-azerbaigian-siria-cipro/133961

www.avvenire.it/attualita/pagine/tajani-migranti-usa

www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/10/israele-lex-ambasciatrice-basile-la-mediazione-e-possibile-se-si-riconoscono-le-cause-di-un-conflitto-ma-leuropa-e-inesistente-su-la7/7318551/

www.limesonline.com/rubrica/usa-israele-gaza-hamas-biden-netanyahu-iran-ucraina

www.aljazeera.com/news/2023/10/20/what-have-open-source-videos-revealed-about-the-gaza-hospital-explosion

www.lindipendente.online/2023/10/19/quello-che-non-torna-nella-versione-israeliana-sullattacco-allospedale-di-gaza/

www.limesonline.com/hezbollah-libano-siria-israele-gaza-iran/133933

www.youtube.com/watch?v=HF-c6506l70&t=3s (Canale YouTube Spunti di riflessione). Alberto Contri: la lobby delle armi statunitensi finanzia i maggiori partiti

www.limesonline.com/rubrica/usa-invasione-gaza-evacuazione-civili-blinken-netanyahu

www.ansa.it/sito/notizie/economia/2023/10/24/banca-mondiale-crescita-a-rischio-con-guerra-israele-hamas.html

www.analisidifesa.it/2023/10/la-reazione-dei-gruppi-terroristici-e-movimenti-estremisti-allattacco-di-hamas-e-alla-risposta-israeliana/

www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-24-ottobre-israele-palestina-gaza-hamas-estonia-finlandia-svezia-turchia-nato-russia-cina-taiwan/134005

www.geopoliticalcenter.com/attualita/il-potenziale-missilistico-dellhezbollah-libanese-e-la-sua-valenza-strategica-in-una-guerra-contro-israele/

 

[1] www.agenzianova.com/notiziario/xinhua/653056631ddeb9.18397493/4612880/2023-10-17/cina-xi-jinping-archi 3

[2] www.agi.it/estero/news/2022-05-24/che-cosa-e-alleanza-quad-16845527/

[3] www.ilgiornale.it/news/politica/g20-ecco-delle-spezie-india-emirati-arabia-europa-regia-usa-2208113.html

[4] Una interessante analisi è stata condotta al riguardo dall’Amb. Alberto Bradanini: www.youtube.com/watch?v=MamfAjVQ0ho&t=1032s

[5] www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/10/israele-lex-ambasciatrice-basile-la-mediazione-e-possibile-se-si-riconoscono-le-cause-di-un-conflitto-ma-leuropa-e-inesistente-su-la7/7318551/

[6] www.avvenire.it/attualita/pagine/tajani-migranti-usa

[7] Peraltro non nuovo: it.insideover.com/politica/il-fallimento-diplomatico-di-usa-e-ue-sullescalation-tra-hamas-e-israele.html

[8] it.euronews.com/my-europe/2023/10/18/ursula-von-der-leyen-difende-il-suo-viaggio-in-israele-al-parlamento-europeo

[9] www.rainews.it/articoli/ultimora/Raid-Israele-su-scali-Damasco-e-Aleppo--02f09091-e2ec-421b-8b13-365113cac86c.html

[10] www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/14/il-leader-di-hamas-in-libano-iran-ci-sostiene-da-40-anni-il-loro-aiuto-a-un-livello-superiore-allargamento-del-conflitto-chance-reali/7323083/

[11] www.geopoliticalcenter.com/attualita/il-potenziale-missilistico-dellhezbollah-libanese-e-la-sua-valenza-strategica-in-una-guerra-contro-israele/

[12] it.euronews.com/2022/10/27/firme-separate-ma-accordo-israele-libano-per-i-confini-marittimi-e-per-il-gas-storico

[13] www.limesonline.com/rubrica/usa-israele-gaza-hamas-biden-netanyahu-iran-ucraina

[14] www.limesonline.com/rubrica/usa-invasione-gaza-evacuazione-civili-blinken-netanyahu

[15] www.ida.org/-/media/feature/publications/A/Am/Americas%20Strategic%20Posture/Strategic-Posture-Commission-Report.pdf; it.insideover.com/politica/gli-usa-si-preparano-ad-una-guerra-su-due-fronti-con-cina-e-russia.html

[16] www.infodata.ilsole24ore.com/2022/04/07/lindustria-delle-armi-ha-fatturato-circa-cinquemila-miliardi-di-dollari-in-dieci-anni/?refresh_ce=1

[17] www.sipri.org/

[18] www.youtube.com/watch?v=HF-c6506l70&t=3s

[19] www.repubblica.it/cronaca/2022/12/04/news/papa_la_fame_nel_mondo_finirebbe_se_non_si_fabbricassero_armi_per_un_anno-377476540/

[20] www.aljazeera.com/news/2023/10/20/what-have-open-source-videos-revealed-about-the-gaza-hospital-explosion

[21] www.limesonline.com/turchia-israele-hamas-gaza-iran-erdogan-caucaso-azerbaigian-siria-cipro/133961

[22] www.wired.it/article/hamas-statuto-palestina-israele/

[23] www.repubblica.it/esteri/2023/10/19/news/egitto_al_sisi_crisi_israele_gaza-418222937/

[24] ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/10/10/le-conseguenze-di-israele-in-europa-rischia-di-tornare-il-terrorismo-islamico/7318366/

[25] www.infopal.it/giordania-egitto-il-fallimento-nel-fermare-la-guerra-a-gaza-portera-la-regione-ad-una-catastrofe/ttoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/10/10/le-conseguenze-di-israele-in-europa-rischia-di-tornare-il-terrorismo-islamico/7318366/

[26] www.analisidifesa.it/2023/10/la-reazione-dei-gruppi-terroristici-e-movimenti-estremisti-allattacco-di-hamas-e-alla-risposta-israeliana/

[27] www.ansa.it/sito/notizie/economia/2023/10/24/banca-mondiale-crescita-a-rischio-con-guerra-israele-hamas_2ef1a048-43a3-465d-b665-b32228816c12.html

[28] lanuovabq.it/it/espellere-hamas-da-gaza-lunica-alternativa-alla-guerra-totale

[29] www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-24-ottobre-israele-palestina-gaza-hamas-estonia-finlandia-svezia-turchia-nato-russia-cina-taiwan/134005

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