Se oggi qualche vecchio militante del PCI avesse la fortuna di resuscitare, scoprirebbe che il suo partito:
di Antonio Di Siena
Se oggi qualche vecchio militante del PCI avesse la fortuna di resuscitare, scoprirebbe che il suo partito:
da comunista è diventato liberale;
che rappresenta borghesi e professionisti e non più operai e contadini;
che al controllo statale dell’economia preferisce la libertà del grande capitale transnazionale;
che alla gestione pubblica delle infrastrutture preferisce quella privata;
che alla spesa pubblica preferisce austerità e rigoroso controllo del debito;
che a Sraffa preferisce Cottarelli e allo Statuto dei Lavoratori il Jobs Act;
che ritiene dannosa e populista la politica fatta dai poco istruiti preferendo “esperti” e tecnici della grande finanza;
che alla Repubblica democratica a sovranità popolare preferisce un macro stato governato da banchieri e burocrati;
che al suffragio universale preferisce un sistema di voto per titolo di studio o Q.I.;
che alla lotta anti colonialista a favore dell’indipendenza dei popoli oppressi preferisce emigrazione di massa e tratta degli schiavi;
che alla tutela di un bambino preferisce il diritto di un adulto a poterselo comprare come fosse un Cicciobello;
che nelle periferie è passato dal 50 al 5%.
Dopodiché chiederebbe di morire di nuovo.
E forse anche in malo modo.