Ucraina, Boltuc (SpecialEurasia): “L’Occidente parla di pace senza ammettere la controparte al tavolo dei negoziati”

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Ucraina, Boltuc (SpecialEurasia): “L’Occidente parla di pace senza ammettere la controparte al tavolo dei negoziati”

 

 

di Giulia Bertotto per L’AntiDiplomatico


Silvia Boltuc, Direttrice di SpecialEurasia. Analista specializzata in relazioni internazionali, energia e conflitti nello spazio post-Sovietico, in Medio Oriente e Nord Africa. Attualmente svolge anche l’incarico di responsabile dell’Area Energia e Nuove Tecnologie del CeSEM e di analista per la testata italiana Notizie Geopolitiche. È coautrice del libro Conflitto in Ucraina: rischio geopolitico, propaganda jihadista e minaccia per l’Europa (Enigma Edizioni 2022). L’abbiamo intervistata per conoscere alcuni dei retroscena di questo momento drammatico e infuocato del terzo millennio. E meno male che, secondo qualcuno, la storia era sul finire…

Si moltiplicano i focolai di conflitto nel mondo, una situazione pericolosa come forse mai prima d’ora. Facciamo il punto sull’area a noi più vicina geograficamente, l’Ucraina...

Contrariamente a quanto lasciavano intendere le recenti dichiarazioni del governo Meloni che alludevano all’interruzione di ulteriori rifornimenti diretti a Kiev, il 10 gennaio, nel corso del consiglio NATO-Ucraina, è stato riaffermato il pieno sostegno all’Ucraina. La Germania e la Francia hanno detto che rimarranno al fianco ucraino finché Putin non ritirerà le use truppe da tutti i territori contesi. Si continua quindi a chiedere la ritirata russa senza compromessi, limitando drasticamente la possibilità di andare alle trattative. Intanto negli stessi giorni, sullo sfondo delle accuse statunitensi che vorrebbero la Corea del Nord coinvolta nella fornitura di armi a Mosca, il ministro degli esteri nord coreano Choe Son Hui sarà in Russia, delineando una scacchiera davvero complessa. L’elemento più importante è quanto affermato proprio da Kiev: l’Ucraina non accetterà una condizione di stallo con la Russia. L’unica soluzione che si era timidamente paventata da esponenti statunitensi era, infatti, la congelazione del conflitto come avvenuto per altri territori contesi. Un ulteriore impedimento alla risoluzione diplomatica di un possibile stallo sul campo è il decreto firmato dal presidente ucraino, che impedisce i negoziati con il Cremlino. Zelensky non ha mai voluto scendere a compromessi.

Intanto Zelensky partecipa al Forum di Davos in corso in questi giorni...

Durante questo summit, Kiev presenterà la sua proposta di pace in dieci punti che sta portando avanti da più di un anno. Il problema principale è che richiede il ritiro completo delle truppe russe, che difficilmente accadrà a fronte dello sforzo militare fatto da Mosca. Una cosa interessante affermata dal capo dello staff presidenziale ucraino è che la Cina dovrà essere coinvolta nei futuri colloqui di pace; Cina e Russia sono infatti i grandi assenti. Ma come si fa a venire a patti se la controparte non è ammessa al tavolo dei negoziati?

Qual è oggi il ruolo dell’Italia in questo conflitto in Europa?

Il ministro Crosetto ha affermato di ritenere che si possa giungere a delle negoziazioni poiché il fronte interno ucraino pro-Zelensky non è più così compatto. Inoltre, secondo il ministro la Russia non può sostenere questo sforzo bellico a lungo, cosa che spingerà i due attori in campo ad una mediazione.


Sono giorni di grande apprensione anche in altre zone: nella serata del 15 gennaio Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) dell'Iran ha rivendicato l'attacco con missili balistici e ha annunciato la distruzione di "quartier generali di spionaggio e concentrazioni di gruppi terroristici anti-iraniani" in Iraq, nei pressi del consolato americano, secondo la rispettiva dichiarazione ufficiale citata dall’agenzia Tasnim.

Il quadro sembra meno grave di quanto appariva inizialmente, in quanto indiscrezioni della prima ora volevano gli attacchi dell’IRGC rivolti a target statunitensi. In realtà, Teheran ha colpito le sedi dello Stato Islamico in Iraq e Siria in risposta agli attacchi di Kerman. L’IRGC sostiene anche di aver attaccato un centro operativo dei servizi di intelligence israeliani, più volte accusati da rappresentanti del governo iraniano di essere i veri artefici dietro gli attentati in Iran. Difficilmente avremo una conferma ufficiale da parte israeliana dell’effettivo impiego dell’edificio per attività di spionaggio.  


Quali conseguenze economiche hanno, per il nostro paese, gli attacchi dello Yemen da parte di Usa e GB?

In questo momento è ancora difficile stimarle, tuttavia come tutti i paesi, anche il nostro è passibile delle conseguenze dovute all’interruzione delle catene di approvvigionamento. La crisi in atto nel Mar Rosso impatta anche sulle forniture energetiche e sui prezzi. Immediatamente dopo l’attacco statunitense alle basi degli Houthi in Yemen, infatti, c’è stato un aumento nei prezzi del greggio. Diversi attori stanno bloccando il transito delle imbarcazioni nel Mar Rosso scegliendo vie di transito alternative. È il caso della QatarEnergy che ha sospeso l’invio di navi cisterna attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb in seguito agli attacchi. Le rotte alternative devono circumnavigare l’Africa e questo provoca un ritardo dai 6 a 15 giorni in base alle tratte da percorrere. Naturalmente in questo scenario i prezzi delle risorse subiscono delle maggiorazioni. I paesi del Golfo che già hanno manifestato nervosismo per l’impossibilità di ottenere un cessate il fuoco a Gaza, davanti al bombardamento dello Yemen hanno reagito con malcontento. Gli Huthi, infatti, hanno dichiarato che fermeranno gli attacchi quando si raggiungerà una tregua per Gaza. Alcuni attori del Golfo vedono nella possibilità statunitense di esercitare una pressione su Israele per un cessate il fuoco a Gaza la vera risoluzione della crisi nel Mar Rosso.

Quale esito può trovare la questione palestinese a questo punto? L’Occidente sembra essersi infilato in un vicolo cieco politico, storico, umanitario, etico; come se ne esce?

A livello umanitario è certamente una tragedia senza pari. Dal punto di vista geopolitico è invece purtroppo tutto molto coerente: molti governi europei con un posizionamento geopolitico di stampo atlantista hanno perseguito una linea di interesse strategico. L’Italia in particolare è un paese NATO e ha importanti collaborazioni con Israele nella gestione delle questioni relative al Mar Mediterraneo. Per quanto le incursioni a Gaza non stiano avvenendo nel rispetto dei diritti umani, cosa su cui la Corte Penale Internazionale si pronuncerà a breve, le politiche di Roma sono sempre state apertamente schierate al fianco di Tel Aviv.

Esiste uno scontro di civiltà tra cultura occidentale liberista e quasi orgogliosamente atea e la cultura islamica che rivendica la propria fede?

Certamente alla luce dei recenti eventi si è riaperto il dibattito sulle due identità, quella occidentale/cristiana e quella islamica. Molti dei paesi emergenti hanno una diversa concezione della vita civile e della democrazia. Alcuni dei nostri partner strategici sono paesi con sistemi di governo molto distanti dai nostri e questo è un dato importante che non possiamo ignorare. Ciò nonostante, la logica del profitto, la necessità di diversificarci energeticamente, di garantire stabilità e sicurezza in alcuni scenari chiave, ha reso l’Europa più incline a chiudere un occhio rispetto a violazioni sul piano dei diritti umani. Va anche sottolineato che, in merito alla condizione palestinese, anche i governi arabi non si sono spinti più in là delle mere condanne. La Palestina è stata spesso una carta da giocare all’occorrenza ma in fin dei conti nessuno è disposto a scendere in guerra per l’autodeterminazione di questo popolo. Un caso interessante è quello turco: Erdogan ha sfruttato una campagna mediatica in favore della Palestina per guadagnare un certo elettorato e sostegno interno, ma la Turchia ha più volte cooperato con Israele e rimane pur sempre un paese NATO.

Sembra si debba aprire la Terza guerra mondiale. Ci si sta giocando il passaggio dall’ordine unipolare a quello multipolare del globo.

Sì, assistiamo alla transizione dal vecchio status quo ad un mondo che vede emergere nuovi poli di potere. Più superpotenze significa più interessi, talvolta contrastanti fra loro. I BRICS sono l’esempio lampante di questa trasformazione, particolarmente con il loro tentativo di contrastare il dominio del dollaro. C’è una parte di mondo che tenta di instaurare un nuovo modello e un’altra che cerca di frenare questi cambiamenti epocali. Per questo è prevedibile che nel prossimo futuro assisteremo a diverse crisi che rappresenteranno le scosse di assestamento di queste dinamiche.  

Giulia Bertotto

Giulia Bertotto

Giulia Bertotto, giornalista per diverse testate online, è laureata in Filosofia a La Sapienza di Roma e ha un master in Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale, ha scritto due raccolte poetiche, un saggio, e partecipato alla stesura di diversi volumi con altri autori. Svolge e stravolge interviste, recensioni di film e libri, cronache da eventi e proteste. Articoli per sopportare il mondo, versi e rime per evaderlo.

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