Ucraina, il lato oscuro dei "prestiti" internazionali

Ucraina, il lato oscuro dei "prestiti" internazionali

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di Fabrizio Poggi* 


Uno degli ultimi impegni presi dalla junta ucraina per ricevere l'agognato ingresso senza visto nei paesi della UE e, soprattutto, un'altra trance di 600 milioni di dollari, è stato quello dell'abolizione della moratoria di 10 anni – seppur adottata un anno fa dalla Rada golpista stessa – sull'esportazione di legname da mobilio.


A farne le spese, sembra che sia principalmente la regione dei Carpazi, con prospettive niente affatto positive per l'equilibrio ecologico della regione. Nessuna abolizione è stata sinora decretata dalla Rada; ma a Bruxelles non manifestano particolare inquietudine, scrive Novorosinform: sanno che Kiev dovrà comunque compiere il passo e le imprese europee non avranno da attendere molto per accaparrarsi il pregiato legname al prezzo quasi stracciato di 63 euro al m3. Era avvenuto anche per l'abolizione della moratoria sulla privatizzazione dei terreni agricoli, lo scorso anno, condizione per ricevere dal FMI una tranche di “prestiti” per 1,7 miliardi di dollari. Anche in quel caso, si era trattato di una vera e propria istituzionalizzazione della vittoria dei grandi monopoli agroalimentari internazionali (Cargill, Monsanto, Dupont, AgroGeneration, ecc.) che già prima del golpe del febbraio 2014 (!!) avevano puntato i propri appetiti sulle fertili terre nere dell’Ucraina occidentale e meridionale.


 

Un altro settore per cui la UE esige da Kiev l'abolizione delle tasse sull'export è quello dei rottami metallici, che rappresentano per l'Ucraina una preziosa materia prima da cui ricavare, in presenza dei dazi, prodotti finiti da esportazione e che invece fanno gola, per la stessa ragione, alle industrie europee, che quindi puntano all'abolizione del dazio. Porošenko ha posto il veto alla proposta della Rada di prorogare ancora per due anni il dazio di 30 euro a tonnellata sull'export di metalli e ha chiesto di ridurlo a un anno. Si riducono anche le quote di produzione per le aziende agricole ucraine, col mercato europeo che, generalmente, si chiude entro marzo ai produttori ucraini.In generale, con l'agognata “integrazione europea”, l'Ucraina apre il proprio mercato alla UE, ma in cambio ottiene una misera quota per commercializzare in Europa i propri prodotti che, tra l'altro, non sono esattamente concorrenziali, dato il basso livello tecnologico e il potenziale produttivo.

 

Non va meglio per le forniture di carbone: se appena poche settimane fa, alle strette con le forniture dal Donbass, Kiev attendeva l’arrivo del Ministro USA per l’energia Rik Perry, per firmare un contratto per il rifornimento “come minimo di due milioni di tonnellate” di carbone dalla Pennsylvania, a “sconto” del diritto di prelazione yankee alla privatizzazione di compagnie energetiche ucraine, ora RT scrive che il prezzo imposto a Kiev per il carbone americano è di tre volte superiore al 2016.


Secondo un documento del Ministero USA, da gennaio a marzo Kiev avrebbe pagato 206 dollari la tonnellata, per 865 tonnellate di carbone d'oltreoceano, contro i 71 dollari di un anno prima, per 355 tonnellate. Nel documento è scritto che, ad esempio la Norvegia acquista lo stesso minerale a 125 dollari. Nonostante ciò, il Ministro degli interni golpista, Pavel Klimkin, giudica i prezzi USA “molto concorrenziali”!Naturalmente, ci sono delle responsabilità per questa situazione e, al solito, vanno ricercate a est; o, per non andare tanto lontano, tra gli agenti russi infiltrati all'interno della Rada ucraina, divenuta un “nido dell'intelligence del Cremlino”.


La sensazionale rivelazione si deve, ancora una volta, al consigliori del Ministero degli interni Anton Geraš?enko, curatore del sito ucraino “Mirotvorets” (“Mediatore di pace”!), tra le cui ultimissime scoperte c'era stata quella della “ennesima provocazione russa” nell'arresto in Italia di Vitalij Markiv, sospettato di responsabilità nell’assassinio del fotocorrispondente italiano Andrea Rocchelli. Secondo Geraš?enko, di agenti russi nel parlamento ucraino “non ce n'è più così tanti come prima del 2014”, tuttavia “indubbiamente ce ne sono” e si tratta di tutti coloro che hanno “imprese comuni con la Russia, comuni proprietà immobiliari, un comune passato”.

 

Il “mediatore” non ha fatto nomi; in caso contrario, avrebbe dovuto cominciare da Petro Porošenko che, come noto, soltanto poco tempo addietro ha “chiuso” (solo ufficialmente) due filiali della sua “Roshen” in Russia che, solamente tra il 2014 e il 2016, scrive Svetlana Gomzikova su Svobodnaja Pressa, gli avevano procurato 72 milioni di dollari di dividendi. Almeno 600, secondo il sito arhano.ru, tra deputati, ministri, alti funzionari, civili e militari, magistrati, direttamente, ma più spesso intestandoli a familiari (forti dell'acquisita cittadinanza russa) o “amici”, continuano a detenere proprietà, terreni, ville, alberghi e altre attività in Crimea. Tra le “spie del Cremlino” si deve annoverare anche un fiero combattente majdanista quale l'ex presidente ad interim e attuale segretario del Consiglio di sicurezza Aleksandr Tur?inov, proprietario di estesi terreni nella valle del Bajdar, la cosiddetta “Svizzera crimeana”.


Ma le spie russe sembrano annidarsi in ogni angolo della Rada: il primo ministro Vladimir Grojsman accusa l'ultranazionalista ed ex caporione del battaglione “Donbass”, Semen Semen?enko di “intelligenza col nemico”, allorché questi propone il blocco del Donbass, un blocco peraltro – energetico, finanziario, pensionistico - decretato da Petro Porošenko; e qualche giornalista scrive che tutto quello che fanno i gruppi nazionalisti, a cominciare dalla ex Jeanne d'Arc del battaglione neonazista “Ajdar”, Nadežda Sav?enko, lo fanno su ordine di Mosca.


 

Dunque Petro Porošenko cerca di rattoppare alla bell'è meglio gli sbrani provocati dalla sua stessa banda. E va alla ricerca di “alleati” tra le ex Repubbliche sovietiche, con cui stringere un “cordone sanitario” attorno alla Russia. Dopo aver proposto aiuto alla Moldavia nel “reintegro della sovranità territoriale”, ammettendo guardie confinarie moldave in tutta una serie di posti di frontiera ucraini con la Transnistria, ora è la volta della Georgia, sulla questione di Abkhazia e Ossetia meridionale: tre regioni di due paesi in cui si manifesterebbe la “occupazione russa”. A Tbilisi, Petro Porošenko e Georgij Margvelašvili si sono accordati per un partenariato strategico e l'addestramento comune di fucilieri di montagna, contando sulla “vincente esperienza ucraina", manifestatasi appieno, come noto, nella serie di scacchi subiti in ogni scontro diretto con le milizie del Donbass.

 

In ogni caso, come nota Anton Mardasov su Svobodnaja Pressa, la cooperazione ucraino-georgiana si era già manifestata nella guerra scatenata nel 2008 da Mikhail Saakašvili, allorché le truppe georgiane fecero uso, contro gli aerei russi, di mezzi forniti da Kiev. E ora l'attivismo di Porošenko, che non si dispiega senza l'incoraggiamento USA, è quello di tentare di aggregare tutti i paesi dello spazio postsovietico con cui Mosca ha dei problemi; era già successo, ad esempio, nel 1997, con l'Organizzazione per la democrazia e lo sviluppo economico, tra Ucraina, Georgia, Azerbajdžan e Moldavia.

Domani, poi, Porošenko riceverà il presidente della Bielorussia, Aleksandr Lukašenko, il quale, nonostante il legame semi-istituzionale con Mosca, ha più volte parlato del primo golpista ucraino come del “mio amico Porošenko”, della “fraterna Ucraina che sta lottando per l'indipendenza” e che in varie occasioni non ha mancato di accusare ambienti moscoviti per diverbi doganali, prezzi del gas, crediti, senza dimenticare che, a partire dalla guerra in Cecenia e poi sulle questioni territoriali con la Georgia, Minsk non si è mai completamente schierata con Mosca.
 

Ad ogni buon conto, il presidente Petro, come era facile pronosticare, ha chiesto a Washington di lasciare nel mar Nero, per inglobarli nella flotta ucraina, i vascelli militari USA giunti per le manovre NATO “Sea Breeze-2017”.



*Articolo pubblicato contemporaneamente da L'AntiDiplomatico e Contropiano

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