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11 Settembre 1973. "La forza della ragione". L'estrema attualità dell'intervista, del 1971, di Rossellini ad Allende
Acquistata dalla Rai, questa intervista fu trasmessa solo la sera del 15 settembre 1973, in seguito alla notizia dell’assassinio del Compagno Presidente Allende
Oggi è l'11 settembre. Quest'anno, dal momento che ricorre il ventesimo anniversario dell'atatcco alle Torre Gemelle di New York, i media mainstream a maggior ragione ricorderanno, anche giustamente, le vittime statunitensi, ignorando quelle prodotte da Washington con la scusa della guerra al terrorismo e con l'esportazione della democrazia. Noi, come ogni anno, vogliamo ricordare quello del 1973, 48 anni fa, in Cile, dove un colpo di Stato fascista appoggiato dagli USA rovesciò il Governo legittimo di Unidad Popular, guidato da Salvador Allende.
Vi riproponiamo un'intervista che nel maggio del 1971 il regista Roberto Rossellini, autore di capolavori quali “Roma Città Aperta”, “Paisà”, “Germania Anno Zero”, si recò a Santiago del Cile per incontrare il Presidente Salvador Allende ed intervistarlo sul suo progetto politico. Nacque così il documentario “La Forza della Ragione”. Acquistato dalla Rai, fu trasmesso solo la sera del 15 settembre 1973, in seguito alla notizia dell’assassinio del Compagno Presidente Allende.
Rossellini, in merito all’intervista, raccontò: «Nella primavera del ’71 Allende aveva promosso l’operazione che si chiamava “Verdad”, l’operazione verità. «Aveva invitato personalità da tutte le parti del mondo perché si recassero a Santiago a vedere e toccare con mano l’autentica realtà cilena e il tentativo democratico di sviluppo socialista in Cile. Mio figlio Renzo, in quell’occasione, andò laggiù e io lo pregai di farsi latore di una mia preghiera: avrei amato incontrare Allende e avere un’intervista con lui. Allende mi fece sapere che sarebbe stato lieto di incontrarmi e così i primi di maggio andai in Cile».
Il cineasta sulla morte di Allende affermò: «Io personalmente non credo affatto alle tesi del suicidio di Allende perché egli era uomo troppo cosciente dei suoi doveri e delle speranze che erano riposte in lui. Egli sapeva benissimo – io ne sono convinto – che per poter arrivare all’affermazione delle proprie idee bisogna spingersi a tutti gli estremi dell’eroismo, compresa la morte violenta».
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