A Bruxelles, il fascismo europeo attacca il Venezuela

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A Bruxelles, il fascismo europeo attacca il Venezuela

 

di Geraldina Colotti

L’11 settembre, giorno che ha ricordato il colpo di stato di Pinochet in Cile contro il governo socialista di Salvador Allende, 52 anni fa, nel Parlamento europeo, quella che può essere con ragione considerata una nuova internazionale nazi-fascista (e sionista) ha mostrato ancora una volta i denti contro il socialismo bolivariano. Con 355 voti a favore, 173 contrari e 15 astensioni, gli eurodeputati hanno approvato, infatti, una risoluzione proposta dal partito spagnolo Vox e dal gruppo Patrioti per l’Europa per includere il cosiddetto Cartello dei Soli, che per l’estrema destra è diretto da Nicolas Maduro, nella lista delle organizzazioni terroriste. Nell’elenco, il testo ha messo anche il Clan del Golfo, e le fazioni dissidenti delle guerriglie colombiane, delle Farc e dell’Eln, sottolineando che tutte rappresentano una minaccia per la sicurezza regionale e internazionale.

L'eurodeputato di Vox, Hermann Tertsch, uno dei promotori della misura, insieme ad esponenti di diversi gruppi politici (PPE, ECR, Renew) ha affermato: "Sotto Gustavo Petro l'attività del crimine organizzato e la produzione di coca sono salite alle stelle. La complicità di Petro con Maduro, il capo del cartello terrorista, è chiara".

La faccia tosta, certo, non gli manca, considerando il ruolo dei cartelli nei precedenti governi delle destre in Colombia. Ma tant’è. L’importante è mettersi in riga con Trump, che ha inviato una flotta armata nelle acque dei Caraibi, dopo aver dichiarato “narco-terrorista” il governo bolivariano e aver portato a 50.000 dollari la taglia sulla testa del suo presidente. Puro far west, in cui il tycoon, che già di suo ama fare il bullo a livello internazionale, viene scavalcato a destra dal suo segretario di Stato, Marco Rubio, voce rabbiosa dei potentati anticomunisti di Miami.

Un uomo di molto potere – ha detto Brian Nichols, sottosegretario di Stato per l’emisfero occidentale durante la presidenza di Joe Biden, facendo notare che Rubio è anche consigliere per la sicurezza nazionale. “Mai, dai tempi di Henry Kissinger due incarichi così importanti erano stati concentrati in una sola persona”, ha affermato Nichols in un’intervista molto enfatizzata dall’estrema destra venezuelana, vogliosa di sapere se, secondo il diplomatico statunitense, Trump invaderà il Venezuela.

Al democratico Usa è stato chiesto più volte di spiegare come mai il tycoon sia passato dal concedere alla sua multinazionale Chevron la licenza di operare in Venezuela all’assedio militare. “La strategia dell’amministrazione Trump – ha risposto Nichols – è quella di aumentare l’assedio militare per obbligare Maduro a negoziare per davvero”. Detto questo – ha aggiunto – nessuno può prevedere con certezza quel che Trump può decidere, visto il suo stile bizzarro e contraddittorio. E, comunque, l’esperienza ha dimostrato che “per togliere il potere a Maduro è necessario attuare a livello militare”.

Come? Lo ha lasciato intendere il segretario di Guerra statunitense, Pete Hegseth, in un’intervista a Fox News, che ha a sua volta fatto venire l’acquolina in bocca all’estrema destra venezuelana. Hegseth ha ricordato che Trump ha definito diversi cartelli del narcotraffico come organizzazioni terroristiche straniere. Questo passo consente al governo Usa di usare una varietà di strumenti legali e militari non convenzionali: che includono operazioni mirate contro i leader, i beni e le reti logistiche di questi gruppi nel continente.

La misura abilita le Forze Armate a intervenire, dando priorità all'azione diretta fuori dal territorio statunitense e con il supporto dell'intelligence nazionale. “Li tratteremo come abbiamo trattato al-Qaeda”, ha avvertito Hegseth prospettando, di fatto, un’aggressione simile a quella che ha colpito l’Iran, accusata di aver violato il trattato sulle armi nucleari.

Che gli Usa abbiano inviato nelle acque caraibiche persino un sottomarino nucleare, violando il trattato di Tlatelolco (un trattato, firmato a Città del Messico il 14 febbraio del 1967, che proibisce la circolazione e l'uso delle armi nucleari in America latina e nei Caraibi) non viene tenuto in conto. A protestare sono stati solo i paesi dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della Nostra America, e alcuni presidenti progressisti, come il colombiano Gustavo Petro, a cui spetta la presidenza pro-tempore della Celac. Un organismo internazionale che, nel 2014, in un vertice a Cuba, ha dichiarato l’America latina e i Caraibi, zona di pace.

"La Colombia non presterà il suo territorio per un'invasione. Come potremmo permettere un'invasione?", ha detto il leader colombiano. Quindi, ha insistito sul fatto che l'attacco di navi militari statunitensi a un'imbarcazione civile venezuelana nei Caraibi che, secondo quanto riferito dagli Usa, trasportava droga, e che ha causato undici morti, deve essere trattato come un omicidio.

Ha aggiunto che se i Paesi del Sud America non protesteranno per un tale atto, se si metteranno a difendere i governi che si schierano dalla parte dei genocidi, potrebbero subirne le conseguenze in futuro. "L'America Latina, che è padrona dei Caraibi, non può sopportare ciò e rimanere in silenzio perché altrimenti, in futuro, le bombe cadranno su Bogotá, Rio de Janeiro, e altre città della regione", ha affermato Petro.

Un atteggiamento che ha contribuito a metterlo al centro della risoluzione votata a Bruxelles, e ad aumentare il livore dell’estrema destra europea. Uno schieramento che, da tempo, ha adottato la posizione di Maria Corina Machado, una delle firmatarie, insieme all’attuale prima ministra italiana, della Carta di Madrid: un documento con cui Trump, durante il suo primo mandato ha patrocinato la nascita della nuova internazionale nazi-fascista, scagliandola all’epoca contro il Foro di San Paolo e il Gruppo di Puebla. E ora organizzandola in una nuova finta crociata antidroga.

E poco importa se a dirigerla c’è uno come Rubio, le cui ascendenze non gli consentirebbero esattamente il ruolo di paladino della lotta al narcotraffico: tanto che, a sinistra, da tempo lo chiamano “Narco-Rubio”. Per anni, infatti, il personaggio - che si fa passare per rifugiato “cubano-americano” quando i suoi avi se ne sono andati da Cuba ai tempi del dittatore Batista -, ha vissuto nella casa del cognato, che era un centro operativo di narcotraffico. Il cognato finì in carcere e subì una condanna per aver distribuito circa 15 milioni di dollari in cocaina. Quando, però, Rubio venne eletto deputato per la Florida, nel 2000, venne liberato e entrò a far parte del suo staff politico.

Per intanto, però, Rubio incassa il plauso dei governi vassalli dell’America latina e dei Caraibi, come quello della Guyana e di Trinidad e Tobago. Da tempo, conta su quello dell’Ecuador di Noboa, ricco imprenditore di banane, noto per i suoi intrecci con i cartelli del narcotraffico (quelli veri, non quelli inventati come il Cartel de los Soles). E, ora, ha incassato anche il plauso del presidente neoliberista di Panama, José Raúl Mulino: il quale ha detto che “non gli tremerà la mano” se dovrà classificare il Cartel de los Soles come organizzazione terrorista. Non contento di aver scatenato massicce proteste popolari per le misure neoliberiste imposte, Mulino cerca di ritagliarsi il ruolo di cagnolino da cruscotto degli Usa, che già una volta hanno fatto capire l’aria a suon di bombe a un ex pupillo che gli si era messo contro, Noriega.

"La Terza Guerra Mondiale è già iniziata. Io credo che sia così. L'impero statunitense ha un piano di guerra per cercare di rafforzare la sua egemonia politica, economica, culturale e militare nel mondo", ha detto il presidente Maduro. Intanto, tutti i settori popolari, ma anche quella parte di opposizione che ha accettato la dialettica parlamentare, si stanno mobilitando. Se gli Usa decidessero di invadere il paese, ha avvertito il presidente, incontrerebbero “un nuovo Vietnam”.

Il congresso straordinario del Psuv e della gioventù del partito ha mandato lo stesso messaggio, ripetendo l’esortazione di Maduro, pronunciata in questi anni tante volte, in risposta alle tante aggressioni imposte dall’imperialismo all’eroico popolo bolivariano: “Nervi d'acciaio, calma e saggezza, massima mobilitazione popolare”.

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

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