Alberto Negri - Ecco l'"oro della Turchia": mega-appalti (e debiti)

La Turchia ha annunciato due appalti giganteschi: il canale di 45 chilometri tra il Mar Nero e il Mar di Marmara e il terzo tunnel sotto il Bosforo. I mega progetti e l’edilizia sono “L’Oro della Turchia", debiti compresi

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Alberto Negri - Ecco l'"oro della Turchia": mega-appalti (e debiti)



di Alberto Negri - Quotidiano del Sud


La Turchia ha annunciato ieri le gare per due appalti giganteschi: il canale di 45 chilometri tra il Mar Nero e il Mar di Marmara e il terzo tunnel sotto il Bosforo. I mega progetti e l’edilizia sono “L’Oro della Turchia, che è anche il titolo dell’ultimo libro di Giovanna Loccatelli (Rosenberg & Sellier), un volume che descrive ampiamente la Yeni Turkiye, la Nuova Turchia voluta da Erdogan, al potere con il partito islamico Akp da ormai 18 anni.


Ma come fa la Turchia a realizzare questa colata di cemento e tecnologia anche in una fase di acuta recessione?


Erdogan ha basato per anni il suo successo su un mix di nazionalismo, religione, conservatorismo e misure economiche che hanno portato una crescita robusta che ha spesso raggiunto percentuali degne della Cina, con tassi annui del 6 e del 7 per cento. I tempi del boom però sembrano svaniti. La contrazione dell’economia è stata alla base del risultato delle elezioni amministrative dell’anno scorso quando il candidato a sindaco del partito d’opposizione repubblicano (Chp), Ekrem Imamoglu, ha messo a segno una vittoria schiacciante contro l’Akp, il partito musulmano conservatore, al governo dal 2002.


In questi anni per accaparrarsi il consenso degli elettori Erdogan ha avviato progetti a dire poco megalomani. Il libro di Giovanna Loccatelli è una descrizione avvincente di come è cambiato il volto di questo Paese che tutti pensano di conoscere ma che è mutato politicamente e socialmente, dai vecchi quartieri dei pescatori e dei marinai sul Bosforo all’Anatolia profonda.


Istanbul è diventata una fungaia di grattacieli e i centri commerciali sono diventati il segno distintivo di un nuovo modo di vivere. Un’urbanizzazione selvaggia che ha scardinato il tessuto sociale di interi quartieri. In questi giorni è stata inaugurata a Roma (presente la consigliera culturale di Erdogan) una bella mostra del fotografo armeno-turco Ara Guler sulla Istanbul del ‘900 che ci dà la misura di quanto avvenuto.


“A quel tempo _ diceva Ara Guler prima di morire circa due anni fa_ nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo.. Io stesso non avrei mai potuto immaginare che queste fotografie in bianco e nero sarebbero diventate l’unica testimonianza di un mondo andato ormai perduto”. E avendo visto i cambiamenti della Turchia negli ultimi 40 anni posso testimoniare che queste immagini sono l’ultima cosa concretamente tangibile rimasta del tessuto urbano di quella straordinaria città.


Lo stravolgimento edilizio ha investito non solo le città ma anche i cittadini: la classe media si è allargata ma allo stesso tempo si è ampliato drammaticamente anche il divario tra i ricchi e i poveri. Tutto questo è l’”oro della Turchia” voluto fortemente da Erdogan ma oggi, anche per una progressiva crisi economica, potrebbe smettere di luccicare.


Eppure la megalomania di Erdogan non sembra frenata neppure dalla crisi. Il Kanal Istanbul è un canale alternativo al Bosforo che collegherà il Mar Nero e il Mar Marmara: lungo 45 chilometri, con una capacità complessiva di 160 navi al giorno e un costo stimato di almeno 10 miliardi di dollari.


Il Tunnel sotto il Bosforo (6,5 chilometri) è un mega-progetto a tre livelli, ferroviario e autostradale, che si integrerà con la linea della metropolitana e una volta completato sarà utilizzato da circa 6,5 milioni di persone per viaggiare tra la parte asiatica ed europea di Istanbul.


La colata di cemento non si ferma _spiega Giovanna Loccatelli che ha vissuto e lavorato come giornalista in Egitto e Turchia _ perché il progetto di “Nuova Turchia” fortemente voluto da Erdogan è un piano socio-politico di trasformazione radicale del Paese dall’alto verso il basso allo scopo di costruire un nuovo corso parallelo ma di segno opposto a quello della Turchia laica e secolarista voluta da Kemal Ataturk.


La domanda però è: chi paga tutto questo? I debiti. Quando il credito a livello mondiale era facile e a buon prezzo non c’erano problemi. Ma da un paio d’anni il denaro in circolazione ha cominciato a diminuire e per i creditori ritenuti non proprio solidissimi come la Turchia la situazione si è complicata. Gli investitori internazionali hanno iniziato a temere che le società turche non siano più in grado di ripagare i loro debiti denominati in valuta straniera: per reazione hanno iniziato a liberarsi degli investimenti in lire turche. Ed è così che la lira turca è entrata in fibrillazione. Insomma, non è tutto oro quello che brilla nella Turchia di Erdogan e dei mega-progetti.

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