Alberto Negri: 'Il problema siriano parte da una lettura deviata delle primavere arabe. Il 6 luglio 2011, ad Hama, l’ambasciatore Ford (Usa) passeggiava con i ribelli'.
“E’ in corso la distruzione di un’intera civiltà. In Iraq tutti i cristiani sono rifugiati nella zona curda. Intere minoranze cancellate, per esempio gli yazidi. Aleppo era il crocevia della civiltà, per millenni. Un anno e mezzo fa ho rivisto la Cittadella, totalmente distrutta. La moschea degli Omayyadi a pezzi”, ha esordito così Alberto Negri, giornalista de il Sole 24 Ore intervenuto in conferenza stampa alla Camera dei Deputati, in presenza del Vescovo maronita di Aleppo Joseph Tobij e il capogruppo della Commissione Affari Esteri della Camera, Manlio Di Stefano.
“In passato, nel 2006 durante la guerra del Libano, la gente scappava dal Libano e andava in Siria. In Siria a Damasco c’erano centinaia di migliaia di rifugiati iracheni, e palestinesi lì dal 48 e dal 67. E la Siria era l’unico paese nel quale potevano lavorare liberamente. La Siria era molte cose e anche contraddittorie”, ha proseguito.
Adesso tutti gli stati del Medioriente sono disgregati. Come se si volesse ridurre in polvere la mappa geografica del Medioriente. “Il problema siriano parte da una lettura deviata delle primavere arabe. E’ indubbio che a Deraa nel 2011 ci fu una legittima protesta popolare; si diffuse poi anche a Damasco, ed era pacifica. Poi degenerò, sia perché soffocata dal regime sia perché è stata sequestrata da chi aveva le armi. Rapidamente diventò altro. Il 6 luglio 2011, ad Hama, l’ambasciatore Ford (Usa) passeggiava con i ribelli. Il giorno dopo arrivò l’ambasciatore francese. Così si legittimò l’autostrada jihadista. Li vidi, ad Anthiochia, uomini armati libici, tunisini e di tanti paesi, bivaccavano nei bar aspettando di andare in Siria. E i feriti erano curati ad Anthiochia, con i soldi del Qatar. Il giornalista Giovanni Porzio, grande inviato di guerra, mi disse allora “stanno creando un altro Afghanistan”.
Ma Negri sottolinea nel proseguo del suo intervento che “la Siria è una Jugoslavia araba, perché teneva insieme tante confessioni ed etnie. Anche i sunniti, non erano in maggioranza contro il governo. Ma nella Jugoslavia araba, così come nella Jugoslavia di Milosevic, non si videro per tempo i segni di disgregazione. Stavolta però a differenza di allora la Russia di Putin ha un comportamento molto diverso, perché ha di nuovo una profondità strategica”.
Il gioco non è da guerra fredda, è una guerra caldissima, con schieramenti molto chiari. “In questo, gli Usa sono ambigui, da una parte appoggiano i curdi antiIsis antijihad, dall’altro appoggiano i gruppi armati. Il cessate il fuoco russo-statunitense conteneva un paradosso: la rinuncia da parte dei russi e siriani a bombardare i ribelli che sono mescolati con Jabat al Nusra/AL Qaeda; e da parte Usa l’impegno a staccare i ribelli “moderati” dai jihadisti. E’ IMPOSSIBILE separarli”.
E, poi la conclusione che deve far riflettere tutti coloro che nell'informazione italiano hanno abusivamente occupato il filtro delle notizie all'opinione pubblica. “E poi avete notato? L’Isis è quasi scomparso, come se avesse già adempiuto alla propria missione: il mostro provvidenziale servito a giustificare interventi diretti per la spartizione di risorse e territoriò L’Isis, si riciclerà con altro marchio”.