Andrea Zkok - "Infodemia istituzionale e stati ontologici dissociativi"

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Andrea Zkok - "Infodemia istituzionale e stati ontologici dissociativi"

In questo periodo, la più straniante delle sensazioni, una delle più traumatiche, consiste nell’impressione di vivere rispetto ad altri concittadini, conoscenti, magari amici di vecchia data, in mondi separati. La realtà che percepiscono i nostri sensi è la stessa, ma la realtà definita dalla cornice delle cause e degli effetti è invece incommensurabile, corre in parallelo alla realtà sensibile, e ha la meglio sulla prima.

Sul piano filosofico credo che poche circostanze storiche testimonino in modo più chiaro il ruolo giocato dalla concettualizzazione nel dare forma alla realtà. Non c’è bisogno di ricorrere a Kant o McDowell, perché possiamo vedere questo processo in atto.

Racconto questo episodio, a titolo illustrativo. 

L’altro giorno ero in attesa di entrare in una farmacia. All’esterno un’altra persona. Siamo su un marciapiede largo e sgombro, a circa quattro metri di distanza, mentre tira forte il vento. Abbiamo entrambi la mascherina, ma la mia, camminando, è finita sotto il naso. L’altro mi guarda con severità e mi chiede di tirare la mascherina su, per coprire il naso. Lo guardo. Per educazione lo faccio, ma poi non riesco a trattenermi dal dirgli che, ha ragione, le regole sono queste, ma la mascherina all’aperto è un orpello perfettamente inutile per prevenire i contagi. Al che l’altro mi guarda stranito e, accompagnando con un gesto della mano dalla sua bocca in mia direzione, mi dice: “Eh, ma oggi tira vento.” A questo punto sono folgorato e capisco. Il mio concittadino, persona certamente normodotata, forse anche intelligente, immagina che il virus possa cavalcare sopra la folata di vento e finire sparato nelle narici altrui.

Qui, naturalmente, se fosse un amico in un contesto accogliente, potremmo spiegargli che scientificamente una cosa del genere non sta né in cielo né in terra, portare dati statistici, spiegare questioni relative alla carica virale minima, ecc. Ma fino a prova contraria, prova che potrebbe richiedere molto tempo, molta pazienza e molta disponibilità reciproca per essere fornita, l’altro sta vivendo in un mondo con leggi causali differenti, e farlocche, quantomeno in rapporto alle dinamiche sanitarie.

Il punto è che, laddove le cornici interpretative sono sempre potenti nel definire la realtà, di fronte ad un elemento invisibile e pericoloso come un patogeno, la potenza di creazione di una realtà parallela espressa dalle “autorità narrative” (governo, media, CTS, ecc.) si esprime con un’intensità esplosiva. Il mio compagno d’attesa ha un’informazione proveniente dalle autorità narrative: “Per prevenire il contagio bisogna mettere la mascherina all’aperto”, e per dare senso a questa proposizione priva di senso si è costruito un modello causale fittizio che la possa giustificare, immaginando che il virus faccia surf sui refoli o qualcosa del genere.

Normalmente uno si aspetterebbe una tendenza alla costruzione di sistemi causali bizzarri e infondati tra i “complottisti” o i paranoici. Ma tale tendenza non dipende se non marginalmente da inclinazioni politiche o psicologiche. Essa dipende in maniera massiva dall’essere esposti ad un sistema di informazioni / credenze infondato. Chi raccoglie informazioni da fonti “alternative” corre sempre questo rischio, ma di solito sa anche di correrlo, e dunque il passaggio dall’informazione alla credenza è prudente.

 

Nelle presenti circostanze pandemiche è accaduta però una cosa inedita, ovvero la convergenza delle massime autorità politiche e mediatiche nella produzione di un sistema di tesi distorte, inattendibili o senz’altro false. Essendo questi attori, per definizione, “autorevoli” le “informazioni” si sono tradotte senz’altro in credenze per la maggior parte della popolazione. Ed è così che nel mezzo di quella che dovrebbe essere un’emergenza sanitaria, guidata dunque da precetti scientifici, stiamo nuotando in una realtà parallela fondata sulla più pura superstizione.

Per chi non avesse accesso a fonti di informazione alternative (o non avesse interesse a rivolgervisi) l’unico appiglio disponibile per una riconfigurazione della fantarealtà a disposizione è rappresentato dalle incoerenze interne della “narrazione autorevole”. Ma la logica è un’arma difficile da maneggiare ed è comunque sempre più debole rispetto alle forze della narrativa, perché la narrativa si muove in un flusso temporale e può sempre utilizzare la mossa di un “cambiamento delle circostanze” (“sono emerse nuove evidenze”, “si sono verificati nuovi e imprevedibili problemi”, ecc.), mossa che può di principio giustificare ogni incoerenza.

La lista delle incoerenze e assurdità che compongono la narrazione ufficiale, al di là delle mascherine all’aperto, è comunque strepitosa.

 

• “Raggiungeremo l’immunità di gregge con i vaccini e ritorneremo così alla normalità”

 (mai stata una possibilità scientificamente accreditabile con vaccini che non bloccano la trasmissione);

 

• “Le persone che hanno superato il Covid e hanno titolo anticorpale alto vanno comunque vaccinate”

(prassi contraria a quanto sempre avvenuto per le altre vaccinazioni);

 

• “La protezione fornita dal superamento della malattia è inferiore (6 vs. 9 mesi) e poi uguale a quella fornita dal vaccino” 

(laddove è acclarato che dura molto di più, almeno 13 mesi, forse indefinitamente);

 

• “Bisogna vaccinare i bambini per proteggere gli anziani” 

(con un vaccino che non impedisce la trasmissione?);

 

• “Bisogna vaccinare i giovani perché le nuove varianti li colpiscono seriamente – segue sproloquio sugli ospedali pieni di bambini intubati” 

(la severità e letalità della Sars-Cov-2 è rimasta la medesima nella fascia giovanile da inizio pandemia per tutti i paesi; in Italia sotto i 20 anni è stabile allo 0,0004%, solo in presenza di comorbilità);

 

• “Bisogna inoculare forzosamente i giovani per “compensare” la fascia di anziani che non si sono vaccinati”

(compensazione matematicamente impossibile: i ricoveri in T.I. sotto i 40 anni sono lo 0,4% del totale);

 

• “Non c’è niente da preoccuparsi, i vaccini sono assolutamente sicuri”

(36.000 segnalazioni di decessi correlabili a vaccino su Eudravigilance; in Italia 16 decessi da vaccino finora accertati e passati in giudicato - nonostante le condizioni incredibilmente restrittive poste agli accertamenti)

 

• “Bisogna far firmare un consenso informato a chi si sottopone alla vaccinazione perché il vaccinando deve essere consapevole dei rischi e acconsentirvi volontariamente” 

(consapevole di rischi che neppure i produttori conoscono? – e infatti hanno chiesto specifica esenzione da responsabilità; consenso volontario per il frutto di un’estorsione? – “o la borsa o il vaccino”);

 

• “Bisogna vaccinare tutti perché i vaccinati danno una garanzia di sicurezza a chi gli sta attorno” 

(questa è la bugia più grave di tutte, bugia ora conclamata, e tuttavia per tenerla in vita si è scatenata una repellente caccia all’untore, che ancora dura);

 

• “Il Green Pass è uno strumento necessario per aumentare le inoculazioni e ridurre i contagi” 

(l’implementazione di questo “strumento necessario” ha invece irrigidito le posizioni, forzando la mano alle sole fasce giovanili e in età lavorativa; + non ha affatto ridotto i contagi, che sono esplosi dopo l’approvazione del GP);

 

• Dopo la fase “Non esistono terapie” si è passati alla fase “Abbiamo sempre promosso le terapie in parallelo ai vaccini” 

(con il ministro della Salute che si è tenuto nel cassetto per 5 mesi, da ottobre 2020 a marzo 2021, le terapie con anticorpi monoclonali? Con le richieste di chiusura e radiazione di chi operava volontariamente sul piano delle terapie domiciliari? Dopo aver lasciato il sistema sanitario nel totale marasma, senza fare nulla in due anni, e mettendo tutte le forze disponibili a vaccinare in catena di montaggio?)

 

• “Bisogna dare una stretta sul Green Pass per salvare il Natale” 

(l’operazione è riuscita, il paziente è morto);

 

E si potrebbe continuare a lungo.

 

Il problema di fondo è che per tener insieme un intero sistema di incoerenze, insensatezze e falsità conclamate si è generato come effetto collaterale complessivo un mondo virtuale, in cui per gran parte della popolazione sono venute in essere relazioni causali inesistenti, pericoli insussistenti, colpevoli inventati, ecc. Tutto ciò ha creato una spaccatura delle “ontologie” vissute da diverse parti della cittadinanza, spaccatura che ha prodotto un micidiale effetto di incomunicabilità.

 

Ignoro come ne usciremo da questa vicenda come paese. Comunque non bene. 

Ma, a vicenda conclusa, avremo bisogno di tutta la comprensione reciproca possibile di fronte ad una forma di “creazione mediatica della realtà” mai esperita in una forma così radicale (la propaganda di regimi passati era infinitamente meno estesa, proprio nella capacità tecnologica di toccare grandi numeri). 

Tale sforzo di comprensione, cui tutti saremo chiamati, non credo però possa e debba in nessun caso includere due gruppi.

Il primo gruppo è quello dei “decisori”, cioè di coloro i quali a livello di vertice portano la piena responsabilità di aver creato questa situazione (governo in primis). 

Il secondo gruppo vorrei chiamarlo il gruppo dei “kapò”, cioè tutti quelli che, pur non essendo parte dei decisori, si sono compiaciuti di esercitare tutto il potere che erano in grado di esercitare per ferire, costringere, respingere, denigrare, ricattare quelli che le “verità di regime” rappresentavano come “colpevoli”. Per essi, almeno per quel che mi riguarda, non c’è comprensione possibile, perché quali che siano le nostre “informazioni” deve sempre esistere una riserva sul piano umano prima di accondiscendere a nuocere al prossimo, soprattutto quando esso è in posizione di debolezza.

Andrea Zhok

Andrea Zhok

Professore di Filosofia Morale all'Università di Milano

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