“Bastona il cane che affoga”. Il ruolo dello Zio Sam nel tramonto della Françafrique

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“Bastona il cane che affoga”. Il ruolo dello Zio Sam nel tramonto della Françafrique



di Alberto Fazolo

La Francia da sempre vive al disopra delle proprie possibilità, ciò è possibile solo grazie alla costante rapina ai danni di stati che di fatto sono ancora loro colonie.

Ora questo sistema di sfruttamento si sta sgretolando e l’esempio di alcuni coraggiosi africani viene raccolto in tutto il continente.

Nel generale quadro di decolonizzazione dell’Africa occidentale -che si sta progressivamente liberando del giogo di Parigi- c’è stato un fatto inedito. Finora la deposizione dei regimi filo francesi è in qualche misura avvenuta sulla spinta del vento di cambiamento che sta portando alla definizione di un nuovo ordine mondiale di tipo multipolare. I nuovi governi che si sono insediati al posto degli scagnozzi dei francesi sono generalmente propensi a favore del rafforzamento dei BRICS.

Se finora ciò ha portato all’emancipazione degli stati che nel momento di debolezza della Francia hanno colto l’opportunità di liberarsi, adesso c’è un fatto inedito.

Il colpo di Stato in Gabon forse non può essere collocato nella scia degli altri cambi di governo che hanno recentemente interessato il continente. La giunta che si è insediata non sembra orientata ad avviare un processo di decolonizzazione, ma solo ad un cambio di padrone. Nello specifico, parrebbe che il nuovo Governo abbia dei legami molto forti con gli USA. Se così fosse, sarebbe uno scenario alla “bastona il cane che affoga”: gli USA contrasterebbero il proprio declino a danno anche degli altri partner NATO. Cosa che in realtà è alla base anche dell’attuale strategia occidentale in Ucraina.

In precedenza Washington si sarebbe fatta qualche scrupolo a sottrarre una colonia alla Francia, ma evidentemente qualcosa si è rotto anche negli equilibri atlantisti e l’insofferenza monta in molti stati subalterni agli USA. La Francia sconta il fatto di aver espresso dei tentennamenti sul programma guerrafondaio americano, il colpo di Stato in Gabon potrebbe essere il prezzo che Washington gli vuole far pagare per mandare a tutti un messaggio: non sono ammesse defezioni nel blocco atlantista. La logica non è molto distante da quanto avvenuto alla Germania con la distruzione del gasdotto North Stream 2.

Non si può che guardare con piacere a ogni deposizione di governi fantoccio coloniali, ma l’attacco alla Francia potrebbe servire a rinforzare l’egemonia statunitense. Forse la strada verso la libertà è ancora lunga per il popolo del Gabon, ma in questo momento di grandi trasformazioni ci sono opportunità finora inedite.

Nella situazione di difficoltà in cui si trova la Francia, arriva dall’Italia un colpo tanto imprevisto quanto duro, anche Giuliano Amato “bastona il cane che affoga” e lo fa accusando Parigi della Strage di Ustica. Si fa fatica a credere che una persona come Amato abbia preso in autonomia da Washington la decisione di rilasciare certe dichiarazioni. La versione proposta da Amato non è inedita, è una di quelle su cui si è maggiormente soffermata l’attenzione degli investigatori, cioè l’abbattimento accidentale dell’aereo da parte delle forze francesi per tentare di uccidere il leader libico Gheddafi che viaggiava su un aereo poco distante. Quella che fino ad oggi era solo un’ipotesi, assume tutt’altro peso in quanto espressa da uno degli uomini che ha rivestito le più alte cariche dello Stato, pertanto diventa un duro atto d’accusa contro la Francia che potrebbe avere pesanti ripercussioni.

La situazione è confusa e in costante evoluzione, sicuramente è troppo presto per fare previsioni su quello che sarà il destino della Francia (e di riflesso quello della UE), ad ogni modo, i colpi di scena non mancano e le prospettive possono essere eclatanti.

Alberto Fazolo

Alberto Fazolo

Alberto Fazolo. Laureato in Economia, esperto di Terzo Settore e sviluppo locale. Giornalista. Inizia l'attività giornalistica testimoniando la crisi del Kosovo e la dissoluzione della Jugoslavia. Ha trascorso due anni in Donbass, profondo conoscitore delle vicende ucraine. Attivo nei movimenti di solidarietà internazionalista, soprattutto in contrasto con le operazioni di "Regime change".

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