Chef Rubio risponde con un comunicato alle "notizie false" diffuse dai media
Torniamo a scrivere di Gabriele Rubini, meglio noto come Chef Rubio, protagonista suo malgrado di un episodio controverso. Lo scorso 17 luglio, l’attivista e noto volto televisivo ( prima che calasse la scure della censura e la sua marginalizzazione da parte dei media) - già al centro del dibattito pubblico per il suo sostegno alla causa palestinese - aveva infatti denunciato una perquisizione domiciliare e il sequestro dei suoi dispositivi elettronici da parte degli agenzi dell’ antiterrorismo. A raccontare l’accaduto, qualche giorno dopo, era stato il giornalista Alberto Fazolo, a cui lo stesso Rubio aveva affidato la sua voce.
La nostra testata è stata tra le prime a dare la notizia (https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-perquisizione_e_sequestro_in_casa_di_chef_rubio/45289_62056/).
Non tutti i media però hanno riportato i fatti con accuratezza; nonostante il comunicato rilasciato , alcune ricostruzioni hanno stravolto la dinamica degli eventi.
Riportiamo pertanto integralmente le nuove dichiarazioni rilasciate dallo stesso Chef Rubio , rilanciate anche stavolta dall’account Facebook di Alberto Fazolo:
IN TANTI SCIVOLANO SULLA VICENDA DI CHEF RUBIO
Comunicato di Gabriele Rubini
Incuranti di un comunicato rilasciato il 21 luglio scorso, molti media italiani hanno ritenuto opportuno fare delle sgangherate elucubrazioni sulla più recente vicenda giudiziaria di Gabriele Rubini -in arte Chef Rubio- a cui è stato contestato il reato di istigazione all’odio.
Sono assolutamente false le notizie che parlano di due suoi post relativi all’uccisione di una coppia di diplomatici israeliani avvenuta a Washington lo scorso maggio. Tant’è che uno dei due post incriminati è precedente all’evento. Il secondo invece, è successivo ed effettivamente riferito a quei fatti, ma non istiga proprio a nulla.
Chi ha parlato di due suoi post sui fatti di Washington, ha divulgato una “fake news”.
Dichiara Rubini:
“Il primo post incriminato è delle 17:45 del 21 maggio scorso. Fa riferimento all’intimidazione dell’esercito israeliano -effettuata quello stesso giorno- contro delle delegazioni diplomatiche internazionali che si trovavano a Jenin, in Cisgiordania. Erano di 25 paesi (tra cui anche l’Italia) e furono respinte a colpi d’arma da fuoco sparati dai soldati israeliani. Per quell’evento, lo stesso Governo Italiano convocò l’ambasciatore israeliano a Roma. Si tratta di fatti ben noti e documentati.
Il mio post sottolineava il doppio standard utilizzato in questa vicenda; a dispetto del generale dramma palestinese, ritengo che lo sdegno sollevatosi era dovuto al fatto che si trattasse perlopiù di cittadini occidentali.
Come si evince dall’orario, quel post era precedente ai fatti di Washington che si sono consumati verso le 21:00 ora locale, cioè quando in Italia era già il 22 maggio, alle 3 di notte. Volendo, con una semplice e rapida verifica della cronologia, si sarebbe potuto evitare di raccontare il falso: i miei post sono ancora online, chiunque può verificare.
Si può andare a leggere anche il secondo post incriminato -che è del giorno successivo ed effettivamente parla dei fatti di Washington- non istiga a nulla, si limita a stimolare una riflessione sulle responsabilità oggettive in cui tutti siamo invischiati: il genocidio del popolo nativo della Palestina che va avanti da più di 77 anni.
Pertanto, assume contorni grotteschi la ricostruzione relativa a un fantomatico reato d’istigazione a cui facevano riferimento gli articoli.
Non vorrei che qualcuno -operando in maniera approssimativa- non abbia prestato adeguata attenzione alla cronologia degli eventi, arrivando così a tirare delle assurde conclusioni.
Io non ho nulla da nascondere e resto a disposizione di chiunque desideri ulteriori chiarimenti. Tuttavia l’unico limite oggettivo è la difficoltà nel contattarmi, perché il mio telefono e il mio computer sono ancora sotto sequestro.
Mi auspico che alla luce di tutto ciò, giornalisti e inquirenti vadano a mettere mano con maggiore attenzione al calendario. Il mio invito però è a non fermarsi solo ai giorni 21 e 22 maggio 2025, ma di andare indietro di un anno e una settimana, fino al 15 maggio 2024: data in cui venni massacrato di botte da una squadraccia che mi aspettava sotto casa. Mi sembra che le indagini sulle mie attività e quelle sull’aggressione che ho subito, non procedano con la medesima solerzia”.
Il presente comunicato vale anche come richiesta di rettifica delle informazioni errate o false riportate da molti media.