Cina: la strategia di Hu per restare alla guida dell'esercito
A pochi giorni dall'apertura ufficiale del 18° Congresso del partito, a Pechino la lotta interna continua
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In vista dell'apertura ufficiale del 18° Congresso del partito comunista che sancirà la transizione al potere a Pechino, la lotta per il riassetto della leadership è tutt'altro che conclusa. In un incontro del partito comunista di domenica, Hu Jintao, che lascerà il 19 novembre l'incarico di capo del partito e da marzo quello di presidente, ha avallato la promozione dei generali Fan Changlong e Xu Qilan come vice-presidenti della potente commissione centrale militare, da lui stesso presieduta. Lo riporta lunedì l'agenzia di stampa statale Xinhua.
Gli analisti hanno descritto questa mossa come il tentativo di Hu di assicurarsi il controllo delle forze armate anche quando lascerà il testimone politico a Xi Jinping. Willy Lam, esperto di politica cinese all'Università di Hong Kong ha infatti sottolineato come la strategia del presidente in carica sia divenuta quella di rimanere “altri cinque anni al comando della commissione militare, dopo che perderà ogni influenza nel prossimo Politburo, dove non ci saranno suoi affiliati. Fino a che avrà quella poltrona, sarà il potere dietro il trono”. Entrambi i neo vice presidenti della commissione hanno legami diretti con Hu Jintao, a cui devono la loro ascesa.
Secondo l'indiscrezione riportata la settimana scorsa dal sito web cinese con base ad Hong Kong, Mirror backs, la prossima commissione permanente del Politburo vedrà oltre a Xi Jinping e Li Keqiang - che sostiuiranno Hu e Wen come presidente e primo ministro del paese - Zhang Dejang, Yu Zhengsheng, Liu Yunshan, Zhang Gaoli e Wang Qishan, che hanno tutti legami con l'ex presidente Jiang Zemin, quindi l'ala conservatrice del partito. I membri riformatori maggiormente legati all'attuale presidente non avranno cariche di prestigio. La composizione finale della commissione non sarà resa pubblica fino alla chiusura del congresso del partito a metà novembre. Il dibattito interno è reso molto teso da una serie di scandali al vertice - in particolare la vicenda personale di Bo Xi Lai, recentemente espulso dal partito e dal Congresso – e dal conflitto crescente con il Giappone per la sovranità delle isole Senkaku.