Sul Sole 24 ore di ieri Vito Lops scrive come la Germania guadagni tre volte dalla deflazione dei paesi del sud. Gli ingenui che credono che Berlino farà un passo indietro volontariamente rilanciando la propria domanda interna devono scontrarsi con questa realtà.
1) Prestando soldi al Sud Europa negli anni in cui l’Eurozona sembrava apparentemente funzionare (mentre però si gonfiava la bolla del debito privato nel Sud Europa) la Germania ha accumulato molti crediti. I saldi Target 2 evidenziano oggi una posizione creditoria per circa 500 miliardi, a fronte di un picco oltre 700 nel 2010. Crediti che sono debiti in particolare di Italia (197) e Spagna (211) (dati a settembre 2014). E’ ovvio che uno scenario di bassa inflazione o deflazione favorisce il creditore che incassa i crediti in moneta buona e non svalutata.
2) La deflazione, la disinflazione o la bassa inflazione favorisce anche i pensionati tedeschi e, in generale, i risparmiatori. A differenza degli italiani, la ricchezza finanziaria in Germania è per larga parte costituita da titoli finanziari, fondi pensione ecc (mentre nel caso degli italiani la componente immobiliare è predominante). Una risalita dell’inflazione penalizzerebbe le attività finanziarie mentre andrebbe a vantaggio di quelle immobiliari. Quindi la deflazione del Sud Europa piace anche a buona parte dell’elettorato tedesco, composto da pensionati e risparmiatori esposti in attività finanziarie.
3)Mentre si impone al Sud Europa indirettamente un aggiustamento tramite deflazione si spinge questa area verso una lenta e inesorabile deindustrializzazione. Questo significa che il Sud Europa rischia di diventare in futuro sempre più un’area da mercato di sbocco (per quanto con risorse via via decrescenti per importare) per i prodotti del Nord Europa, piuttosto che un’area industriale competitiva. Avere un mercato di sbocco vicino va a vantaggio della Germania, che genera il 51% del Pil dalle esportazioni.