Cosa bolle in pentole nella prossima Manovra finaziaria

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Cosa bolle in pentole nella prossima Manovra finaziaria

 

di Federico Giusti e Emiliano Gentili

  1. Come il Governo utilizza l’aumento (fittizio) dell’occupazione

Tanto ottimismo da parte del Governo non sarebbe giustificato alla luce dei recenti dati statistici: la crescita economica in termini reali del 2024 è stata più o meno la stessa dell'anno precedente; ha fatto eccezione qualche timido segnale di miglioramento sul deficit che ha subito fatto sperare all’Italia di potere superare le criticità e il regime di controllo a cui si viene sottoposti da parte di Bruxelles per il superamento della fatidica soglia del 3%.

            Ma i dati non significano nulla senza il contesto a cui fanno riferimento. Un Paese che non cresce e che, allo stesso tempo, vede collocato l’85% della base imponibile Irpef tra i redditi da lavoro dipendente non può essere un Paese “sano”. Non per niente, infatti, quando ultimamente si parla di ridurre ulteriormente la pressione fiscale per le aziende si fa riferimento a quell’esigua crescita del numero degli occupati (una “crescita” basata sull’aumento dei contratti precari e del numero degli occupati più anziani) che ha portato un leggero incremento del gettito contributivo. Come a dire: la ricchezza la genera il lavoro dipendente ma a beneficiarne sono le imprese, e al contempo si ignorano gli effetti positivi che un reale e significativo aumento dell’occupazione potrebbe comportare per l’economia, in primis per le cosiddette “spese improduttive” (pensioni, welfare state, servizi…).

            Sicuramente sarebbe utile introdurre un maggior numero di aliquote fiscali, per bilanciare la situazione, ma il Governo ha voluto la “flat tax” che è l’esatto opposto. Una scelta veramente coraggiosa, all’opposto, sarebbe stata quella di aumentare le tasse per le imprese e i redditi elevati, destinando i maggiori introiti a investimenti reali, dal welfare all'aumento dei salari. Si tratterebbe di una manovra che allontanerebbe il contenimento del debito ma con effetti benefici sulla classe lavoratrice; una scelta siffatta romperebbe la gabbia di Bruxelles, quella stessa in cui la Meloni, al pari di chi l'ha preceduta, ci ha rinchiuso.

  1. Anticipazioni sulla prossima Manovra Finanziaria

Il Ministro Giorgetti ha anticipato i principali contenuti del Disegno di Legge di Bilancio per il triennio 2026-2028, da cui, dopo il passaggio in Consiglio dei Ministri, nascerà la Legge di Bilancio vera e propria. Questa dovrebbe prevedere interventi pari a circa 18 miliardi annui di media.

Al centro della manovra si troverà l’approfondimento della flat tax, l’imposta non progressiva basata sulla logica della riduzione fiscale complessiva, anche per i redditi bassi, in ragione della diminuzione del peso fiscale su quelli più alti e del supposto, conseguente effetto benefico su tutte le fasce di reddito. Per cui prosegue la riduzione della tassazione sui redditi da lavoro, con la seconda aliquota IRPEF che dall’attuale 35% passerà al 33%. La riduzione del numero delle aliquote è cosa vecchia:

Nel 1998 l’aliquota minima aumentò al 18,5 per cento e la massima scese al 45, mentre gli scaglioni diminuirono da sette a cinque. Nello stesso anno, poi, i redditi da capitale iniziarono ad essere tassati in maniera proporzionale, non più progressiva (vennero, cioè, eliminate le variazioni di aliquota all’interno dello scaglione, indipendentemente dalle dimensioni dei redditi da capitale da tassare). Complessivamente si può affermare che dal 1974 al 2022 le aliquote per i redditi bassi siano aumentate, mentre sono invece diminuite quelle per quelli alti. Così come il numero di scaglioni: nel 1974 ce ne erano 32, col 10% come aliquota minima e il 72% come massima; nel 2022 abbiamo 4 scaglioni, 23% di aliquota minima, 43% di massima[1].

Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, inoltre, «per il complesso dei lavoratori dipendenti le modifiche normative hanno comportato una riduzione del prelievo di circa 3 punti percentuali, che viene tuttavia più che compensata dall’effetto del drenaggio fiscale, pari a circa 3,6 punti percentuali, con un saldo sul reddito disponibile negativo per circa 0,6 punti»[2]. Il drenaggio fiscale è proprio quell’effetto per cui, a causa dell’inflazione, cresce il proprio reddito nominale mentre si contrae quello reale e pertanto si viene tassati di più anche se in realtà si possiede di meno. In breve, si tratta dell’effetto dell’inflazione sulle imposte, proprio ciò da cui la flat tax dovrebbe difendere i lavoratori dipendenti, diminuendo il numero di aliquote. Eppure, i dati parlano chiaro: senza indicizzazione all’inflazione l’unico effetto conclamato è la riduzione del peso fiscale sui redditi alti (senza contare il fatto che diverse tipologie di reddito, ad esempio quelli da capitale o da attività finanziarie, non fanno più parte della base imponibile dell’imposta).

            Quando parliamo la tassazione, inoltre, dovremmo anche considerare la diminuzione dei redditi reali – per dirla in breve, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie – e, nello specifico, la caduta del potere di acquisto dei salari. Siamo dunque convinti che non sarebbe stato preferibile un intervento strutturale a proposito di progressività delle aliquote, salari e democrazia nei luoghi di lavoro, invece che il prosieguo della flat tax e del percorso di regolamentazione normativa in favore della contrattazione di secondo livello e del cosiddetto “coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell’impresa”[3]?

            Per concludere, fra i contenuti della Manovra anticipati dal Ministro ci sono i circa 3,5 miliardi per la famiglia e contrasto alla povertà previsti per il prossimo triennio (assolutamente insufficienti se rapportati all’effettivo aumento della popolazione in povertà occorso negli ultimi anni[4]). Notizie dell’ultima ora dal pianeta previdenziale con la esclusione dei lavori usuranti dall’aumento di 3 mesi dell’età necessaria per andare in pensione in base all’aspettativa di vita. Per una maggioranza andata al Governo promettendo la cancellazione della Fornero un magro risultato e l’ennesima beffa ai danni di un elettorato ora smemorato e prima credulone.

  • La Difesa

Le spese per la difesa sono favorite attraverso il ricorso alla clausola di salvaguardia pensata appositamente per andare in deroga alla regola aurea del contenimento del rapporto debito/Pil. La Ue non poteva rinunciare a uno dei suoi capisaldi, pur se risalente agli anni delle politiche economiche di austerità, ma al contempo doveva favorire la spesa per le armi: da qui il ricorso al sistema delle deroghe.

Secondo le proiezioni, nel 2028 – ultimo anno previsto per applicare la clausola di salvaguardia – l'indebitamento risulterebbe più elevato rispetto ad oggi, ma la scommessa del Governo sembra essere quella di tenere a bada il rapporto debito/Pil nonostante l'aumento della spesa militare. L’idea è che «il 60 per cento della maggiore spesa venga soddisfatta attraverso l’importazione di beni militari»[5], il che farebbe aumentare il Pil, rendendo però la nostra economia sempre più dipendente dall’industria bellica e il nostro Paese via via più legato alle dinamiche pre-belliche che si svolgono negli ultimi anni, sotto i nostri occhi, tra le principali potenze globali.

Tutta l’analisi del Governo e dei suoi centri studi parte dal presupposto che l'aumento delle spese militari produrrà effetti benefici sulla economia e che fondamentalmente il Pil sia destinato a crescere, assieme a un progressivo abbattimento del debito e all’aumento della produttività del lavoro. A pagare queste scelte sarà senza dubbio la classe lavoratrice mentre gli effetti benefici paventati dal Governo sono ancora da dimostrare e in ogni caso avrebbero come merce di scambio guerre e devastazioni in vaste aree del Globo.

[1] E. Gentili, L’attacco degli imprenditori. Roma: Sensibili alle foglie, 2025, p. 475.

[2] Ufficio Parlamentare di Bilancio, Rapporto sulla politica di bilancio, Giugno 2024, p. 17.

[3] E. Gentili, F. Giusti, S. Macera, Legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese, https://cub.it/legge-sulla-partecipazione-dei-lavoratori-alla-gestione-al-capitale-e-agli-utili-delle-imprese/

[4] https://www.openpolis.it/parole/che-cose-la-poverta-assoluta/

[5] Audizione della Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio nell’ambito delle audizioni preliminari all’esame del Documento programmatico di finanza pubblica 2025 (Doc. CCXLIV, n. 1), p. 84.

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