Ehud Barak: "Trump non rompa con l'Iran"

9214
Ehud Barak: "Trump non rompa con l'Iran"

«Ehud Barak, l’ex leader israeliano conosciuto per le sue posizioni dure verso l’Iran, ha dichiarato che sarebbe un “errore” se il presidente Trump decidesse di de-cerificare l’accordo sul nucleare iraniano, sia perché avvantaggerebbe l’Iran, sia perché verrebbe vanificata ogni speranza di negoziare con la Corea del Nord». Inizia così un articolo di Mark Landler, corrispondente della Casa Bianca del New York Times pubblicato l’11 ottobre.


«Il signor Barak, soldato decorato, primo ministro e ministro della Difesa, è l’ultimo e più importante israeliano a sollecitare  Trump a non rinunciare all’accordo». Continua Lander, che spiega come il presidente debba annunciare a breve se far decadere o conservare l’intesa (scade il 15 ottobre).


Barak ha spiegato che se l’America compisse tale passo, nessuno gli andrebbe dietro, né russi, né cinesi né europei. «L’Iran, ha sottolineato, è conforme alle condizioni dell’accordo. Vorrà “continuare a raccogliere” i benefici economici dell’operazione». Se invece Trump rompe, avrebbe il pretesto per riprendere la corsa all’atomica.


Allo stesso tempo, tale passo indurrebbe la Corea del Nord a non trattare con gli Stati Uniti: «Diranno che non ha senso negoziare con gli americani se, dopo un tempo relativamente breve, possono recedere unilateralmente da un accordo siglato».


Un incubo per l’Asia: indurrebbe «Giappone e Corea del Sud ad acquisire armi nucleari». Allo stesso tempo un Iran nucleare farebbe lo stesso effetto in Medio Oriente, con particolare riguardo all’Arabia Saudita, all’Egitto e alla Turchia.


In questi giorni «altri israeliani importanti» stanno sollecitando Trump «a non revocare l’accordo», continua il cronista del NYT, tra questi «Uzi Arad, ex ufficiale del Mossad, già consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro Benjamin Netanyahu», giunto a Washington per tentare di persuadere i repubblicani.


L’opinione di Barak sull’accordo con l’Iran, spiega Lander «è particolarmente importante perché, come ministro della Difesa di Israele dal 2007 al 2013, ha condotto i preparativi per un possibile raid militare contro gli impianti nucleari iraniani», avvertendo che se gli israeliani non avessero agito tempestivamente la corsa iraniana alla bomba non avrebbe potuto più essere fermata da un’azione militare.


Barak e Netanyahu, attuale primo ministro israeliano  «erano completamente allineati su tale prospettiva, ma hanno affrontato la resistenza dai capi delle agenzie di intelligence di Israele, che sostenevano che un raid militare avrebbe comportato conseguenze catastrofiche e che essi esagerassero l’imminenza della minaccia iraniana».


«Con l’accordo in vigore», ha dichiarato, «L’Iran è tutt’altro che una minaccia esistenziale per Israele».


Stesso ragionamento Barak applica alla Corea del Nord, che non può essere attaccata a causa delle conseguenze che tale iniziativa causerebbe alla Corea del Sud. «Ciò lascia solo la strategia del negoziati, sostenuta da sanzioni, per costringere il Nord a frenare il suo comportamento».


Quindi una dichiarazione più che illuminante: «Kim Jong-un è estremo. Ma è totalmente prevedibile e quasi trasparente, semplice da capire. Semplicemente non vuole sperimentare quello che è successo a Gheddafi e Saddam Hussein», ai quali non portò bene l’ostilità degli Stati Uniti.


Sul tema abbiamo scritto tante note in passato e nell’ultima abbiamo citato vari esponenti politici europei che hanno chiesto a Trump di evitare la rottura.


Se abbiamo riportato ampi stralci di questo articolo del New York Times è per i cenni di rara intelligenza ivi contenuti. E  perché dedicato al tema chiave sul quale, a breve, si giocherà il destino del mondo. La pace o la guerra.


Probabile che Barak abbia preso una posizione così netta ed esplicita per motivi personali: ha fatto eleggere  il suo pupillo, Avi Gabbai, a capo dei laburisti. E ora vorrebbe farne il nuovo premer israeliano.


Netanyahu ha dalla sua Trump. Barak si presenta al mondo che vuole conservare l’accordo con l’Iran, quasi tutto, come moderato, anti-Trump e soprattutto anti-Netanyahu, il primo motore immobile della (ancora) eventuale rottura tra Usa e Teheran, compimento del suo sogno politico. Detto questo, anche se quella dell’ex primo ministro israeliano fosse solo una mossa politica, l’esito non cambia.


Resta che nessun giornale italiano, si intende quelli mainstream, ha accennato a tale articolo e alle dichiarazioni di Barak, non certo l’ultimo degli sprovveduti.


Indice non ultimo della vacuità del giornalismo italiano. Non è solo solo tragica miopia, anche calcolo: prendere posizione espone a rischi. Limitarsi ad attendere gli eventi aiuta. Anche la carriera. Grazie al cielo esiste ancora del giornalismo. Altrove.

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Potrebbe anche interessarti

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri di Loretta Napoleoni La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

La Nuova Era dell'Economia Globale  di Giuseppe Masala La Nuova Era dell'Economia Globale

La Nuova Era dell'Economia Globale

I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google di Francesco Santoianni I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google

I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google

Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America? di Raffaella Milandri Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America?

Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America?

Papa "americano"? di Francesco Erspamer  Papa "americano"?

Papa "americano"?

Il 25 aprile e la sovranità di Paolo Desogus Il 25 aprile e la sovranità

Il 25 aprile e la sovranità

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi di Geraldina Colotti Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Lavoro e vita di Giuseppe Giannini Lavoro e vita

Lavoro e vita

La Festa ai Lavoratori di Gilberto Trombetta La Festa ai Lavoratori

La Festa ai Lavoratori

Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace di Michelangelo Severgnini Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace

Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace

La California verso la secessione dagli Stati Uniti? di Paolo Arigotti La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

Un sistema da salari da fame che va rovesciato di Giorgio Cremaschi Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti