Emiliano Brancaccio: "Dopo la capitolazione di Tsipras, la sinistra trovi un Piano B alla retorica europeista e globalista".
"La tenuta politica del progetto europeo è irrimediabilmente minata dall'insostenibilità economica dei debiti nell'Europa del sud"
In un'intervista rilasciata a Giacomo Russo Spena su MicroMega, il professore d'economia Emiliano Brancaccio ha spiegato perché il progetto europeo è destinato ad implodere nel breve periodo. “La tenuta politica del progetto europeo è minata dall’insostenibilità economica dei debiti. Anche il FMI ormai riconosce che il debito di Atene è insostenibile. Ma il problema non si limita alla Grecia. Basti notare che in tutti i paesi debitori i tassi d’interesse eccedono sistematicamente i tassi di crescita del Pil: per il 2015 la differenza attesa è di oltre un punto in Spagna, di due punti in Portogallo, di quasi tre punti in Italia e di oltre tre punti in Grecia. Questo significa che il rapporto tra debito e Pil è destinato a crescere in tutto il Sud Europa. E’ il risultato di una politica della Bce che non riduce abbastanza i tassi d’interesse, e di una politica di bilancio che resta ancorata alla dottrina dell’austerity e continua pertanto a deprimere la crescita della produzione. Di questo passo le contraddizioni tra creditori e debitori sono destinate a crescere ulteriormente, fino a esplodere”.
- Proprio il FMI insiste con la necessità di tagliare il debito della Grecia e l’Italia e la Francia gli si accodano. La Germania e gli altri creditori però si oppongono. È realistica la prospettiva di una rinegoziazione del debito greco?
Finché i Paesi del Sud Europa restano nell’euro, ai creditori non conviene avviare una rinegoziazione. Le cose cambiano però se un paese decide di uscire. Prendiamo ad esempio la bozza dell’Eurogruppo che riportava la proposta di Schauble di favorire un’uscita della Grecia dall’euro. Il ministro tedesco ha voluto inserire nel documento un passo in apparenza sorprendente, in cui si affermava che se i greci fossero tornati alla dracma sarebbe stato possibile avviare una rinegoziazione del debito. Cioè proprio la rinegoziazione che la Germania vuole negare ai paesi che restano nell’euro.
- Come si spiega questa apertura?
Schauble e i creditori temono che, una volta abbandonata l’eurozona, un Paese possa decidere di denominare nella nuova moneta svalutata anche i debiti, incurante della legislazione sotto cui siano stati emessi. La lunga storia dei default sovrani ci dice che questa eventualità è più probabile di quanto alcuni analisti che oggi vanno per la maggiore siano capaci di riconoscere. Agitando la carota della rinegoziazione Schauble vorrebbe convincere i paesi che abbandonassero l’Unione a mantenere i debiti in euro. Ma non è detto che ci riesca. Con quella postilla Schauble ha rivelato uno dei punti deboli dei creditori: il rischio di trovarsi con debiti fortemente svalutati se l’eurozona salta per aria.
- Lei ha più volte evocato il pericolo che un eventuale tracollo del progetto europeo trovi le sinistre impreparate e dia la stura a una nuova stagione politica di ultradestra. La parabola di Tsipras rischia di creare un grande disorientamento nella sinistra europea, da Podemos in Spagna, allo Sinn Fein in Irlanda fino alla nascente “coalizione sociale” in Italia. Quale insegnamento politico si può trarre dalle vicende della sinistra greca?
Che se davvero si vuol governare in questi tempi durissimi bisogna metter da parte la retorica europeista e globalista e occorre predisporre almeno un “piano B”. Servirebbe una nuova visione, io lo chiamo “nuovo internazionalismo del lavoro”, che favorisca i rapporti economici tra paesi che rispettino determinati standard sociali e introduca invece qualche limite agli scambi con quei paesi che pur di accumulare surplus verso l’estero insistono con una perniciosa politica deflazionista, fatta di schiacciamento dei salari e depressione della domanda interna. Si tratta di un lavoro complesso, non so dire se ci siano le condizioni oggettive per avviarlo. Credo tuttavia che sarebbe uno dei tasselli necessari per arginare l’onda montante di una nuova miscela di destra, fatta di liberismo e xenofobia, che mieterà sempre più consensi con l’inasprirsi delle contraddizioni interne all’Unione.