Funzioni locali. Un contratto da respingere

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Funzioni locali. Un contratto da respingere

 

di Federico Giusti

Un contratto nazionale degno di questo nome dovrebbe rispettare due requisiti essenziali: da una parte recuperare potere di acquisto e di contrattazione, dall'altra ridurre le disuguaglianze stipendiali all'interno del comparto evitando di ricorrere al sistema delle deroghe demandate agli accordi di secondo livello

Il CCNL funzioni locali, da poco siglato, non rispetta questi requisiti, il potere di acquisto perduto nel triennio 202124 è pari a due terzi dell'aumento del costo della vita, gli aumenti salariali sottoscritti arrivano a malapena al sei per cento con una  inflazione di quasi al 18 %, gli annunciati interventi perequativi per adeguare lo stipendi negli enti locali a quelli dei ministeriali si sono persi per strada insieme alle risorse economiche necessarie a questa operazione di equità (poi si chiedono la ragione per la quale preferisce non lavorare nei Comuni optando per altri comparti della Pubblica amministrazione).

Facciamo due conti allora per non essere accusati di parzialità: il contratto prevede incrementi retributivi medi mensili lordi di € 136,76 per tredici mensilità, pari al 5,78% sul monte salari 2021,  a cui sommare la miseria dello 0,22% per il trattamento accessorio pari a 4 euro mensili. Quanto avremo al netto? Poco più di 80 euro. Poi dai futuri aumenti dovremo detrarre le somme anticipate con la indennità di vacanza contrattuale, alla fine saranno pochi i soldi in busta paga.

Ma anche sotto il profilo delle normative questo contratto è assai carente, anzi del tutto inadeguato alle reali necessità.

Infatti, viene decantata come una conquista l'attuazione del Patrocinio Legale per aggressioni subite dal personale, sembra una sorta di lusso il permesso per le terapie salvavita fino alla possibilità di accrescere, non si dice quanto, i giorni di lavoro in modalità agile previa contrattazione integrativa. Si rafforza lo strumento della informazione per "il corretto esercizio delle relazioni sindacali" a mero discapito dell'aumento delle materie da contrattare. E la informazione sul piano di fabbisogno di personale è un'arma spuntata se poi le amministrazioni locali non terranno conto minimamente delle osservazioni di parte sindacale.

Si conferma l'angusto spazio dell'istituto contrattuale del confronto, strumento alla fine utile solo alla parte datoriale, molte materie infatti oggi oggetto di confronto dovrebbero essere invece demandate alla vera e propria contrattazione trattandosi di problematiche dirimenti per la forza lavoro. Di cosa stiamo parlando? Di formazione, delle politiche orarie, dello smart, del ricorso alla intelligenza artificiale che da qui a pochi anni potrebbe essere utilizzata per tagliare i posti di lavoro.

Una volta aperto il confronto  ci sono i fatidici 30 giorni finiti i quali la parte pubblica potrà trarre le dovute conclusioni con la posizione sindacale che all'atto pratico si tradurrà in un inutile verbale. L'Ente sarà del tutto libero di procedere in direzione contraria alle richieste dei lavoratori e delle loro rappresentanze.

Invece di ampliare le prerogative contrattuali della Rsu (una rappresentanza ormai relegata a un ruolo ragionieristico e divisivo senza effettivo potere contrattuale se non quello di decidere gli importi di alcuni istituti contrattuali destinati alla forza lavoro) si potenzia l'inutile Organismo paritetico per la innovazione, formato dai soli sindacati firmatari (inclusi quelli privi di rappresentanza in quell'Ente  per ricordarci che la democrazia non alberga nei luoghi di lavoro) per fornire, su materie che dovrebbero essere prerogativa delle Rsu, pareri per altro non vincolanti. E i sindacati non firmatari dell'ultimo contratto potrebbero intanto  assumersi l'onere di una scelta : uscire una volta per tutte da questi organismi, rifiutarsi di barattare aumenti salariali con il welfare aziendale, accettare di essere esclusi dalla contrattazione di secondo livello non avendo firmato il contratto nazionale (amara sorte per chi, come la Cgil, certe regole le ha avallate e sottoscritte per anni)

La contrattazione si sviluppa quindi su materie che condannano la Rsu a un ruolo formale e ragionieristico, ad esempio accrescere l'importo di alcuni istituti contrattuali quando l'ammontare del Fondo resta del tutto insufficiente. Del resto quantificare la spesa di personale resta di competenza esclusiva della parte pubblica tenuta a rispettare vincoli e regole pensate a suo tempo in una ottica di austerità. Se si tolgono i soldi da una voce per destinarli ad un'altra, il risultato sarà sempre deludente, non aumenteranno le risorse e la coperta "economica" resterà sempre troppo corta alimentando le disparità di trattamento. Facciamo un esempio calzante per rendere il nostro ragionamento comprensibile anche ai non addetti ai lavori: se hai un fondo di 100 euro, quella cifra non dovrà essere superata e potrai aumentare l'importo di alcune voci a discapito di altre. Tuttavia la somma finale e invalicabile resterà sempre la stessa anche se nel frattempo il costo della vita è visibilmente cresciuto

Se avessimo invece la facoltà di accrescere non solo gli istituti contrattuali ma anche i tetti di spesa, i benefici sarebbero evidenti (maggiori servizi, più personale e paghe maggiori. Tenete conto che il superamento delle attuali regole  non rientrava neanche nelle piattaforme rivendicative presentate a suo tempo dai sindacati rappresentativi.

E' poi possibile contrattare l'aumento dei part time, i limiti delle ore destinate alla banca delle ore. le fasce di flessibilità in entrata ed in uscita, la elevazione delle settimane previste nell'anno per attuare l'orario multi periodale che serve solo per ridurre la spesa per lo straordinario e ridurre le assunzioni in determinati settori. Vi sembrano queste materie dirimenti per rafforzare le istanze del personale?

A noi no, anzi arrivano in silenzio le deroghe peggiorative rispetto al Contratto nazionale da contrattare a livello di Ente, ad esempio per accrescere le ore di straordinario e gli orari settimanali in alcuni periodi dell'anno.

Il contratto integrativo vale  tre anni vincolato alla durata del CCNL, una scelta atta a impedire di fatto la rinegoziazione, anno dopo anno, della parte economica anche in base agli aumenti del costo della vita. Chi invece si aspettava un ampliamento dei diritti sindacali dovrà ricredersi, ad esempio le ore annue di assemblea  restano a 12.

Ma al contempo non c'è traccia di un cambiamento di rotta rispetto alle continue e indebite intromissioni della Magistratura contabile sulla contrattazione, prova ne sia quel famigerato tetto alle progressioni di carriera  per il solo 50% degli aventi diritto (progr. economiche nelle aree). Agli esclusi dalle progressioni da almeno sei anni potrà arrivare al massimo un punteggio aggiuntivo pari al 5% aggiuntivo, il che non permetterà per anni di accadere alla progressione stessa per la limitatezza dei posti a disposizione. A farne le spese saranno soprattutto i più giovani, quelli sui quali la retorica governativa vorrebbe basare il futuro della Pubblica amministrazione. Nessun ripensamento sulla performance, servita solo a ridurre il potere di acquisto dei salari accrescendo il potere dirigenziale con la forza lavoro sempre più subalterna nel timore che una cattiva valutazione pregiudichi la progressione di carriera e si ripercuota negativamente sul salario accessorio con un calo della produttività.

Aumentano i soldi per le Elevate Qualifiche (EQ) attraverso la retribuzione  di posizione  che passa da 18 a 22 mila euro.

La scelta di costruire un'area di quadri nella PA è quindi pagata dal personale riducendosi il fondo del salario accessorio con parti importanti dello stesso destinate al pagamento delle Elevate qualifiche. Ma a tutti gli altri dipendenti? Perchè le amministrazioni locali non si pagano con fondi propri i quadri? Le stesse EQ potranno ricevere i compensi dello straordinario per calamità naturali ed elettorale, una situazione ben poco logica ed equa (visto che la retribuzione di posizione e di risultato dovrebbe essere onnicomprensiva) se pensiamo ai tanti dipendenti esclusi da qualsivoglia istituto contrattuale, privi di straordinario, turnazioni e quindi con salari da fame. Le tante pagine dedicate alle EQ sono lo specchio di un contratto nazionale che pensa ai ruoli apicali ma ben poco alla stragrande maggioranza del personale del comparto

Invece di ridurre l'orario settimanale da 36 a 35 ore viene prevista la possibilità di suddividere, in via sperimentale e per gentil concessione datoriale, l'orario in 4 giorni. E troppi vincoli vengono introdotti a proposito della turnazione senza accrescere le varie maggiorazioni previste dal contratto

E intanto il buono pasto resta fermo alla miseria dei 7 euro pur a distanza di anni da questa inusitata imposizione Governativa.

Infine, invece di ridurre l'età pensionabile si inventano l'age management per favorire la permanenza in servizio dei lavoratori prossimi alla pensione. Ma in sostanza sono solo chiacchere senza un reale miglioramento delle condizioni lavorative e senza la possibilità di accedere a mansioni meno gravose.

Restano invariati alcuni odiosi istituti come la  insopportabile differenziazione del premio individuale che assegna a una percentuale di dipendenti una somma maggiorata. Perchè definiamo insopportabile questa decisione? Per una ragione di mera equità, stiamo parlando di risorse economiche destinate a tutto il personale, se fossero tramutate in una quattordicesima mensilità saremmo in presenza di soluzione meno discrezionale e senza dubbio più eque, al contrario il salario accessorio diventa ostaggio della performance e del volere dirigenziale.

Se l'impianto normativo è arrendevole e del tutto inadeguato, gli aumenti stipendiali restano comunque irrisori, di motivi per non sottoscrivere un contratto del genere ve ne sarebbero stati a sufficienza, eppure Cisl e Uil con qualche sindacato autonomo hanno deciso di ratificarlo nel nome, sempre verde, dell'austerità salariale e della contrazione dei diritti. E la loro firma ha salvato il Governo da una situazione scomoda, ragione per cui sarà lecito chiedersi quale sia la merce di scambio futura, ci resta solo incrociare le dita e sperare che non sia partorito l'ennesimo accordo a perdere.

 

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