I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi

I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi

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L’invio di carri armati Nato è “l’ultima di una serie di graduali escalation che ha portato gli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO più vicini al conflitto diretto con la Russia”. A scriverlo è il New York Times di oggi. Peraltro, ieri la stranissima ministra degli Esteri della Germania, Annalena Baerbock, ha dichiarato: “Siamo in guerra contro la Russia”.


La verde interventista

E lo ha dichiarato all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di Strasburgo, cioè in una sede decisionale dell’Unione europea. Di fatto, dato che l’Italia è membro di tale consesso, tale dichiarazione di guerra, ché di questo si tratta anche se in via informale, riguarda anche noi. Lo stranissimo personaggio politico è il leader di quel partito dei Verdi che nel 2021 aveva sorpreso tutti vincendo 118 seggi nel Parlamento tedesco.

E ciò grazie a un manifesto politico nel quale si dichiarava che i Verdi intendevano vietare “l’esportazione di armi e attrezzature militari” nelle zone di guerra. “La Germania – si leggeva ancora nel documento – deve diventare una forza trainante nella ricomposizione politica dei conflitti”, in particolare con la Russia.

Sempre nel documento, si sottolineava il valore del “disarmo” e tante altre belle cose. La menzogna è parte della politica, nel caso specifico siamo di fronte a un’artista del settore. E sapere che tale figura è il ministro degli Esteri della nazione più influente d’Europa non rassicura.

Per fortuna, non tutti in Germania sono allineati con le direttive dei neocon americani. Interessante, ad esempio, quanto ha dichiarato il ministro della Difesa Boris Pistorius: “Non capisco quelli che salutano l’invio di carri armati con un ‘Alleluia’”.


Tra panzer e speranze d’armistizio

Per fortuna, anche in America non mancano cenni di ragionevolezza. Ieri il New York Times e il Washington Post hanno infatti pubblicato due articoli paralleli che, in forme e modi diversi, parlavano di pace, parola bandita da tempo dal dibattito sulla guerra ucraina.

Sul Washington Post, al termine di un articolo un po’ troppo trionfalistico riguardo la sicura vittoria totale dell’Ucraina (propaganda d’obbligo), David Ignatius spiegava che, mentre la guerra avanza verso un “Endgame”, si osserva che, “come negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, è già iniziata la pianificazione per l’ordine del dopoguerra” per costruire un’architettura di pace durevole.

Più interessante ancora quel che scriveva Ross Douthat sul Nyt, il quale spiegava come l’escalation Nato – l’invio dei carri armati – corra in parallelo con l’escalation russa, che ha lanciato l’offensiva invernale. E aggiunge che sia la dottrina Usa che quella russa prevedono l’escalation come fase necessaria a un de-escalation.

Ma mentre per i tanti falchi che volano sul conflitto, in Europa e in America, l’escalation dovrebbe avere come esito una vittoria totale dell’Ucraina, tale linea non è “condivisa dall’amministrazione Biden, o almeno non dai suoi più autorevoli esponenti”.

Infatti, “l’approccio cauto” alla guerra da parte del presidente, i suoi inviti all’Ucraina ad aprirsi al negoziato e la necessità di non esaurire le risorse Usa in questo conflitto, dovendo supportare anche il confronto con la Cina, “indica che l’obiettivo prossimo della Casa Bianca è un armistizio favorevole, non una sconfitta completa della Russia“.

Il palesarsi in parallelo di questi due articoli sui più autorevoli media dell’Impero, peraltro punti di riferimento dei due partiti presenti al Congresso, dimostra che nell’establishment americano lo scontro tra falchi e rapaci meno aggressivi è ancora in atto.

Resta, purtroppo, che l’invio dei carri armati segna un altro punto di svolta nell’ingaggio Nato nel conflitto. Certo, non sono i seicento carri armati chiesti dal Capo di Stato Maggiore ucraino, e avranno un impatto limitato sul campo di battaglia, forse non consentendo l’agognata controffensiva di primavera, ma non sono uguali a zero.

Se i Bradley e gli Abrams 1 che si appresta a inviare l’America sono poca cosa, non così i Leopard 2 teutonici provenienti dai vari Paesi europei. Questi, anche se inviati in piccoli numeri, potrebbero avere un impatto rilevante, soprattutto se combinati con altri sistemi d’arma.

In attesa di sviluppi, concludiamo ribadendo il titolo che abbiamo messo a questa nota, ripreso dal titolo di un articolo pubblicato su Israel Ayom: “I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi”. Si rinnova una nefasta memoria.

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