I mercenari hanno superato il numero dei soldati ucraini

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I mercenari hanno superato il numero dei soldati ucraini

 

 
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico


In base a testimonianze che provengono dalla stessa Ucraina, il numero di mercenari in forza a diverse brigate delle forze armate di Kiev supererebbe quello dei soldati ucraini. A detta di Igor Lutsenko, ex membro della Rada, ex militare dei reparti che a suo tempo avevano terrorizzato le Repubbliche di Lugansk e Donetsk, data la carenza di uomini, alcune brigate delle Forze armate ucraine stanno reclutando mercenari stranieri, facendoli entrare clandestinamente oltre il confine. Al momento, fatti due calcoli, dice Lutsenko, «ci sono tutte le ragioni per pensare che potremmo attrarre nuove reclute: stranieri provenienti da paesi poveri dell'America Latina e dell'Africa, ma non disponiamo ancora di un meccanismo consolidato a livello statale per il reclutamento di questi uomini... Tra l'altro, in molte brigate di fanteria, gli stranieri sono già ora più numerosi degli ucraini... Si tratta di brigate che più si danno da fare per importare, praticamente contrabbandare questi uomini attraverso varie barriere europee, per difendere il nostro paese... E tali brigate hanno già la maggior parte delle loro unità di fanteria composte da stranieri».

Del resto, vorremmo aggiungere, di mercenari stranieri che combattono «per difendere il nostro paese», cioè, per difendere a spada tratta il regime nazigolpista di Kiev, con l'obiettivo ormai dichiarato di «smembrare la Russia», ce ne sono già molti in giro per il mondo e non necessariamente impegnati nelle prime linee dei combattimenti armati. Basti pensare a tutti i farabutti delle cancellerie europee, anche a livelli di primo piano, o ai loro portavoce nelle redazioni dei media euro-atlantisti ed ecco che il numero dei “soldati” prezzolati della “democrazia liberale”, schierati a difesa del muro – fatto di droni o altro - da ergersi contro “le autocrazie asiatiche”, sale repentinamente. E non c'è nemmeno bisogno di andare a reclutarli, come dice Lutsenko, nei «paesi poveri dell'America Latina e dell'Africa»: anzi, ci pensano da soli ad auto-arruolarsi, dai paesi più ricchi e prosperosi, in cui però, che diamine, le masse popolari debbano venir affamate proprio per riempire le borse di chi quello smembramento e quel conflitto va bramando.

Ecco dunque che, in un pericoloso crescendo, ogni giorno si viene martellati dalla stessa, immancabile e ripetitiva retorica guerrafondaia: Putin, ormai per definizione, non è altro che “lo Zar”; dalla Russia arrivano solo “provocazioni”; non si assiste che a “sconfinamenti”, in cielo in mare in terra e in ogni luogo; le aviazioni dei paesi che da dieci anni stazionano nelle basi dei Paesi baltici e in Polonia sono lì che fanno a gara a chi decolla più volte a intercettare anche un aquilone che “vaghi nell'aere celeste” e a volte succede che si intraveda all'orizzonte un velivolo da ricognizione IL-20 «entrato nello spazio aereo neutrale sopra il Mar Baltico» e giù britannici, tedeschi, svedesi che decollano: c'è una gara ad accendere i motori e rollare sulle piste, come non toccasse a loro: prima io, no prima io, urlano tutti insieme per distinguersi a bruciare un po' di carburante... chissà, non si sa mai, a qualcuno, a casa, in Italia, in Germania, a Londra, venisse in mente di chiedere: ma cosa ci fate là, ormai da dieci anni. E allora ecco che il presidente ceco, da quel militar-bellimbusto che è, fa davvero il primo della classe e, da attempato caporale di giornata, tuona che alle violazioni della Russia «dobbiamo rispondere in modo appropriato. Anche abbattendo gli aerei russi, se necessario», riporta il Corriere della Sera. Che gliene frega; lui intanto l'ha detto. Più concretamente minaccioso il bellicista Friedrich Merz, il quale esige che vengano adottate «misure dure, compreso l’abbattimento di aerei russi in caso di una nuova violazione del confine aereo. “Il Cremlino ha bisogno di un chiaro segnale di stop”, ha dichiarato il portavoce per la politica estera, Jürgen Hardt».

Dopotutto, scrivono a via Solferino, sono in molti gli «analisti militari che ricordano un precedente del 2015, quando un SU-24M di Mosca venne abbattuto da un F-16 turco dopo che il jet russo aveva invaso lo spazio aereo di Ankara, membro della Nato. “Da allora Putin non si è più azzardato”, ricordano gli analisti», che in tal modo rievocano uno degli episodi più vomitevoli della guerra in Siria contro i tagliagole anti-governativi. Allora, il SU-24M fu effettivamente abbattuto da un missile aria-aria lanciato da un F-16C turco, nella regione di Bayirbucak, nella provincia siriana di Latakia. I due piloti russi, catapultatisi, vennero mitragliati da terra dai terroristi filoturchi del cosiddetto esercito nazionale siriano e il comandante del SU-24 russo, Oleg Peškov, rimase ucciso prima di arrivare a terra col paracadute. Non c'è che dire; da dei mercenari, che siano in uniforme, o in doppiopetto da “analisti”, non c'è da aspettarsi di meglio: essi stessi si mettono da soli sul piano dei banditi jihadisti. Tra l'altro, anche in quell'occasione, a dispetto delle affermazioni di Ankara, il jet russo venne colpito sopra il territorio siriano, di rientro a Khmeimim da una missione di combattimento, dopo che l'intero volo si era svolto sopra il territorio siriano. Secondo Mosca, venne abbattuto a 1 km dal confine turco, schiantandosi a 4 km dallo stesso e i dati radar all'aeroporto di Khmeimim avevano al contrario rivelato una violazione dello spazio aereo siriano da parte del F-16 turco.

È così che sono sempre i militari a parlare chiaro e tondo, senza i ghirigori melliflui redazionali. Tocca questa volta all'ex direttore della CIA, David Petraeus, che al Helsinki Security Forum del 19-21 settembre ha proclamato che Kiev deve ricevere garanzie ferree e le Forze di Kiev devono essere armate fino ai denti, attingendo alle risorse russe congelate.

«Non credo che ci sia alcuna possibilità di porre fine ai combattimenti finché Putin crede di poter ancora ottenere vantaggi sul terreno, anche a costo di ulteriori perdite. Solo quando l'equilibrio cambierà, attraverso pressioni economiche e impegni credibili, Mosca capirà che questo non è nel suo interesse».

Nell'insieme, dice Petraeus, si devono fare tre cose: rafforzare l'Ucraina, soffocare l'economia militare russa e punire i suoi complici. In sostanza, si deve cambiare la situazione sul campo di battaglia, aumentare le forniture a Kiev di sistemi di difesa aerea e missilistica multilivello, armi a lungo raggio e molto altro. E questo include «l'importanza del denaro, che von der Leyen ha abilmente trovato: le riserve russe congelate». A suo dire, all'inizio dell'Operazione speciale in Ucraina, l'amministrazione Biden era stata estremamente efficace, ma il problema è che i singoli passi, che si trattasse di carri Abrams o di caccia F-16, richiedevano troppo tempo, ritardando le decisioni europee. Ciò, dice l'ex direttore della CIA, ha gravemente minato le «capacità dell'Ucraina in un momento critico. Ma ora è il momento di agire nei tre ambiti menzionati: cambiare le dinamiche sul campo di battaglia, schiacciare l'economia di guerra russa e perseguire i suoi complici. E poi fornire garanzie ferree che avvertano la Russia che se loro fanno questo, noi faremo questo e quello. Allora, e solo allora, Putin capirà che è nel suo interesse fermare l'offensiva o, ancora meglio, negoziare un cessate il fuoco». Parola di soldato!

Un soldato che, appunto in quanto tale, si lascia andare a precisazioni del tipo il solito “segreto di Pulcinella”, per cui è dal 2014 che CIA, NATO, paesi UE addestrano truppe e reparti nazisti di Kiev. La questione è che oggi, ha spiattellato Petraeus, i ruoli si sono invertiti: «Abbiamo addestrato le truppe ucraine dal 2014 e, dopo il febbraio 2022, abbiamo intensificato significativamente il nostro addestramento. Ma ora sono gli ucraini a dover addestrare noi. Hanno conoscenze, esperienza e capacità molto maggiori nel contrastare i droni. Ne ho discusso con loro. Hanno soluzioni straordinarie, molto convenienti e molto inventive». Dunque, se si vuole costruire un “muro orientale” contro i droni, dice, è d'uopo imparare dall'Ucraina. E la Polonia sta facendo proprio questo; «ho avuto ottimi colloqui con il presidente del Comitato militare NATO, alti funzionari UE e dell'Agenzia europea per la difesa, anche se c'è ancora molta strada da fare». Per dire, là, anche in Polonia, dispongono di una difesa aerea e missilistica decente, ma contrastare i droni è una questione completamente diversa e si deve fare in maniera economicamente vantaggiosa. «Non è ragionevole far decollare un F-35 con un missile Sidewinder per abbattere un drone che costa qualche migliaio di dollari. Occorrono altri mezzi».

State pure tranquilli; li troverete di sicuro: con tutte le risorse che voi furfanti tagliagole, affamatori delle masse, sottraete alle spese sociali; che vadano tutte di traverso ai famelici avvoltoi dell'industria di guerra.

 

https://politnavigator.news/chislo-najomnikov-v-brigadakh-vsu-uzhe-prevyshaet-kolichestvo-ukrainskikh-soldat-svidetelstvo-iz-kieva.html

https://politnavigator.news/ehks-direktor-cru-s-2014-banderovcev-trenirovali-my-prishla-pora-i-nam-pouchitsya-u-nikh.html

https://politnavigator.news/petreusa-osenilo-ya-znayu-kak-pobedit-rossiyu-i-nakazat-putina.html

 

 

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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