IL BIO-COLPO DI STATO DELLA REGIONE LOMBARDIA

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Ripubblichiamo qui, per gentile concessione di  COMIDAD, l’articolo IL BIO-COLPO DI STATO DELLA REGIONE LOMBARDIA di estremo interesse per comprendere le dinamiche politiche che hanno portato alla emergenza Covid 19 in Italia.
 
di Comidad

Si è ormai di fronte all’evidenza di un colpo di Stato in Italia. Si tratta però di un colpo di Stato atipico. Nei colpi di Stato “normali” è un governo centrale ad acquisire e gestire tutto il potere. Assistiamo invece ad una strana contraddizione, per cui le libertà fondamentali, e persino elementari, dei cittadini vengono azzerate, mentre le prerogative delle autonomie locali non solo non vengono toccate, ma si dilatano al punto da violare completamente l’ordinamento vigente. L’emergenza sanitaria ha impresso al regionalismo la più forte spinta dell’ultimo mezzo secolo, creando nuovi precedenti che hanno sovvertito l’assetto istituzionale in termini tali da rendere ormai obsolete e preistoriche le pur larghissime concessioni del ministro Boccia all’autonomia differenziata. Vediamo di ricostruire il quadro della situazione.

Se i dati sulla mortalità per Corona Virus della Regione Lombardia fossero stati riscontrati in qualche Regione meridionale, si sarebbe, del tutto giustamente, invocato ed attuato il commissariamento della Sanità di quella Regione per stabilire le cause di una tale anomalia. Al contrario, la Regione Lombardia non solo non è diventata oggetto di indagine da parte del governo, ma addirittura ha acquisito una posizione di privilegio, per cui può dettare la linea di condotta all’intero Paese. È stata infatti la Giunta regionale lombarda ad annunciare lo stato di emergenza e ad imporlo al governo.
Già dal febbraio scorso le cose avevano assunto questa piega paradossale. Di fronte alle perplessità del Presidente del Consiglio Conte per le “invasioni di campo” della Regione Lombardia, l’assessore alla Sanità di quella Regione reagiva in modo insolente, accusando Conte di ignoranza e intimandogli in pratica di conformarsi a quanto gli veniva imposto. Di fronte a tanta arroganza, Conte si è ritirato con la coda tra le gambe. Il governo, da Roma, si era spostato a Milano.
Si era creata infatti una di quelle situazioni in cui interessi diversi avevano trovato un comune denominatore emergenziale e si sono fatti da sponda l’uno con l’altro. La Cina aveva interesse ad enfatizzare il pericolo del contagio per sedare la rivolta interna di Hong Kong; l’Organizzazione Mondiale della Sanità (alias la lobby dei vaccini) non aspettava altro che l’occasione per proclamare lo stato di pandemia a livello planetario, perciò ha offerto agli allarmismi della Regione Lombardia tutto il credito possibile. A loro volta Fontana e soci avevano trovato l’occasione d’oro, quella che si presenta una sola volta nella vita, cioè veicolare e camuffare il proprio autonomismo/separatismo con l’alibi inattaccabile, “oggettivo”, dell’emergenza sanitaria, evitando di fare la fine ingloriosa del separatismo catalano, che aveva avuto l’ingenuità di uscire troppo allo scoperto. Forse è un caso ma il flirt del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, con la Cina era cominciato già da qualche mese, ufficialmente per viaggi d’affari.

In tutto il mondo il Corona Virus presenta tassi di mortalità comparabili con quelli di una normale influenza. Solo in Lombardia i dati hanno assunto proporzioni allarmanti, superiori persino a quelle segnalate dalla Cina. La stessa stampa mainstream non può fare a meno di notare che qualcosa non torna nei metodi di rilevamento dell’infezione e si insinua il dubbio che i numeri siano se non taroccati quantomeno confusi.

In questi giorni, il quotidiano francese “Le Monde” si chiede: "E se facessimo altrettanto contro l'influenza?". In effetti è piuttosto strano che l'influenza stagionale passi quasi sotto silenzio; eppure in Francia i numeri sono impressionanti: 8100 decessi nel 2019, 13.000 nel 2018 e ben 14.000 nel 2017. Visto che i numeri in Italia sono paragonabili, c'è da chiedersi dove siano finiti i decessi per influenza semplice e per polmonite in questo periodo.

Forse è possibile spiegare il collasso delle strutture ospedaliere anche con la sovrapposizione di persone colpite dal mitico virus e di quelle colpite da influenza grave e da polmonite che negli anni scorsi venivano fatti "tranquillamente" morire a casa, magari con la diagnosi neutra di “arresto cardiaco”. Da anni in Italia molti anziani avevano infatti rinunciato al sistema sanitario a causa degli alti costi. Fra l'altro, sembra ormai certo che le persone morte per altre malattie, ma che in sede di referto autoptico risultano positive al CV19, vengono conteggiate tutte come vittime del Covid.

Del resto anche negli ambienti scientifici si comincia a sospettare che proprio l’ospedalizzazione massiccia abbia determinato un “effetto lazzaretto”, cioè la creazione di aree in cui i degenti potessero scambiarsi le rispettive patologie. D’altronde anche l’effetto lazzaretto può spiegare solo in parte il divario delle cifre sui morti.

La Francia, come la Cina, aveva un preciso interesse ad enfatizzare l’emergenza sanitaria allo scopo di sedare le rivolte interne; eppure la Francia ha spinto sull’acceleratore emergenziale meno dell’Italia. Da noi la realtà dell’emergenza non può assolutamente essere messa in discussione e giustifica continue restrizioni. Nei giorni scorsi la Regione Lombardia ha intimato al governo di imporre la chiusura delle fabbriche. I toni della Regione Lombardia sono stati ultimativi: o fai quello che ti diciamo, oppure l’ordinanza di chiusura delle produzioni “non essenziali” (e quali sarebbero?), la facciamo noi. Conte si è calato le brache ancora una volta, anche perché sapeva bene che Fontana sarebbe stato immediatamente seguito acriticamente dagli altri presidenti di Regione, ormai ubriacati dal nuovo protagonismo che gli è capitato tra le mani. Se oggi Fontana e soci possono tenere in ostaggio un intero Paese, è anche grazie alla sete di potere di questi nuovi ducetti.

La Lega ha ovviamente sponsorizzato la linea della Regione Lombardia ed al diktat si è adeguata anche la Meloni, a dimostrazione di quanto diceva Benedetto Croce, cioè che i fascisti fanno un’ambigua retorica nazionale ma, nei fatti come nello stile comunicativo, sono degli anti-italiani. Al presidente di Confindustria Boccia è toccato il ruolo, per lui inedito, di chi richiama al buonsenso, ricordando che le produzioni sono quasi tutte interconnesse, per cui, tolta la bigiotteria o l’alta moda, tutto è essenziale. Non si possono produrre generi alimentari senza macchinari, senza pezzi di ricambio, senza detersivi, senza tute da lavoro, eccetera. I sindacati invece si sono schierati con la Regione Lombardia. Maurizio Landini è diventato ormai il clone del sindacalista giallo Marco Bentivogli, perciò ha imboccato la strada dello sciopero generale per spingere il governo alla chiusura delle fabbriche, senza minimamente chiedersi quante di queste riapriranno, cioè quanti imprenditori approfitteranno della situazione per delocalizzare le produzioni. Che il colpo di Stato autonomista (o separatista?) della Regione Lombardia abbia trovato appoggi nelle cancellerie estere e nelle lobby industriali e finanziarie degli altri Paesi europei, è quindi abbastanza ovvio. Saccheggiare il sistema industriale italiano sarà ora un gioco da ragazzi. Come pure sarà uno scherzo, a questo punto, imporre ad un’Italia economicamente prostrata la ratifica del MES.

Forte degli appoggi finanziari bavaresi e dell’ispirazione di quel centro di destabilizzazione europea che è l’Intereg di Monaco di Baviera, la Lega in questi anni ha agito come un’agenzia di dissoluzione dello Stato unitario e, al tempo stesso, ha creato il fantoccio pseudo-sovranista Matteo Salvini, in modo da occupare preventivamente lo spazio politico di coloro che avrebbero potuto contrastarla. Tutto è avvenuto con la complicità dei talk-show, i quali, nel momento in cui la Lega integrava le Regioni del Nord nella Macroregione Alpina a guida bavarese, propinavano all’opinione pubblica la fiaba della Lega “partito nazionale”. Il colpo di Stato della Regione Lombardia è una rivincita storica di quella corrente politica filogermanica che i rivoltosi milanesi delle Cinque Giornate del 1848 chiamavano spregiativamente gli “austriacanti”. Pare proprio che oggi gli “austriacanti” siano all’offensiva.

 
Articolo già pubblicato su COMIDAD il 26/03/2020
 
 

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