Il programma russo di armamenti e la “dezinformatsija” che piace a Rutte e a Ursula
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Nel giorno in cui Vladimir Putin presiedeva al Cremlino la riunione sulla bozza di programma statale di armamenti 2027-2036 e alla vigilia della cosiddetta Festa della Russia, il 12 giugno, che dovrebbe celebrare l'adozione, nel 1990, della dichiarazione di “sovranità statale” della RSFSR e la supremazia delle leggi repubblicane su quelle dell'URSS - in sostanza, uno dei passi che avrebbero portato alla fine dell'Unione Sovietica – varie voci, qua e là per il mondo, Italia compresa, non ce l'hanno proprio fatta a rimanersene confinate in gola, al sicuro da meritati motteggi di ascoltatori e lettori.
È il caso però di procedere con ordine, anche perché si passa da momenti seri (per qualcuno, preoccupanti), a esternazioni di relativo peso e orientamento, per arrivare a facezie contrabbandate per spine «nel fianco della macchina putiniana della disinformatia» - scritto proprio così: nemmeno l'accortezza di traslitterare come si deve il russo “dezinformatsija”. Ahi, ahi: siamo davvero lontani dall'allegoria del segretario NATO e pare che sì, «parleremo tutti russo», ma molto maccheronico.
Dunque, dopo il programma adottato dalla Russia una quindicina d'anni fa, teso fondamentalmente a sviluppare il complesso militare-industriale, il nuovo obiettivo è quello di formulare, ha detto Putin, un piano a lungo termine per un'intera gamma di armamenti, con un'enfasi particolare sui sistemi d'arma più moderni, soprattutto per quanto riguarda l'aviazione, senza però dimenticare che, in qualsiasi operazione militare, determinanti rimangono le forze di terra. Se dal piano precedente erano usciti “Kinžaly”, “Tsirkony” e “Orešniki”, ha detto Putin, l'attuale conflitto in Ucraina indica una molteplicità di nuove aree di sviluppo: velivoli e mezzi anfibi senza pilota, difesa aerea e anti-drone, robotica da combattimento, come mitragliatrici su telaio, sistemi di comunicazione, armi con intelligenza artificiale; e, naturalmente, missili supersonici.
Il nuovo programma dovrebbe inoltre servire all'attuazione della Strategia di sviluppo della Marina, valida fino al 2050, ha detto ancora Putin, rimarcando l'opportunità di accrescere il potenziale di esportazione di armi e mezzi militari, «in particolare quei modelli testati non nei poligoni, ma in reali operazioni di combattimento ad alta intensità», attirando gli acquirenti con prezzi competitivi e basse spese di manutenzione. Da tener presente, ha ricordato Putin, che l'arsenale nucleare russo è oggi rinnovato al 95%: uno dei migliori indicatori mondiali.
Lo stesso 11 giugno, quasi in un indiretto botta e risposta a distanza, ecco che Wesley Clark, ex Supreme Allied Commander Europe (ovviamente, americano) della NATO, suggerisce all'Ucraina di armarsi con sistemi laser, contro droni russi e bombe a volo planato. Kiev può e deve farlo, ha detto Clark, dato che dispone di scienziati brillanti, motivati a lavorare su questi temi.
Il capo di stato maggiore della difesa britannico, invece, ammiraglio Antony Radakin, è tornato sulla ormai chiesastica parabola di Mark Rutte sulla lingua russa e ha risposto con un perentorio "net", in russo, alla domanda se si dovrà imparare il russo, nel caso la NATO non aumenti il bilancio di guerra: «siamo una potenza nucleare, facciamo parte della più grande e forte alleanza militare del mondo ... Questo è ciò che garantisce la nostra sicurezza... per non preoccuparci di parlare russo».
Si tratta dello stesso Radakin che, perentoriamente, si dice convinto che la Marina britannica sia pronta alla guerra... se solo avesse le navi. Come dire: mi siedo a tavola a mangiare, ma non ho né pane né companatico. E, comunque, dice il genio, la modernizzazione delle forze britanniche richiederà almeno 10 anni. Se l'aeronautica sembra aver completato il programma di ammodernamento, ha detto, la Marina è a metà strada: mancano nuove fregate e il personale arruolato «non è così preparato come si vorrebbe». D'altro canto, però, Londra sta aggiornando il proprio deterrente nucleare, destinando allo scopo 40 miliardi di sterline.
Insomma, si vuol fare la guerra, ma non sappiamo da che parte cominciare: Radakin è indeciso se mettere l'accento su una presunta debolezza della Russia o sulla supposizione che, comunque, la guerra contro di essa, che rappresenta «la principale minaccia alla sicurezza britannica», sarà lunga. Chissà se con la vista annebbiata dai fumi dell'alcool, l'ammiraglio ha bofonchiato di una «Russia pericolosa e ostile», che è però «anche debole e perdente in Ucraina». Interrogandosi sulla prospettiva di controllare lo spazio militare russo, ha detto che la RAF sembra essere al massimo dell'efficienza, ma non è dato valutarne la portata, mentre in mare, pur mancando fregate e personale, Londra vanta una forza navale «fenomenale... incredibilmente forte rispetto alla nostra più grande minaccia, la Russia». Ma, alla fin fine, se davvero «entrassimo in guerra con la Russia, quanto velocemente potremmo prendere il controllo dello spazio aereo?»; la risposta è: bah.
E dunque? Chi è più forte? Per quali strade traverse si muovono coloro che nei cieli si ritengono al “massimo dell'efficienza” e in mare vorrebbero solo avere qualche fregata in più per esser pronti a alla guerra? Che, comunque, la Gran Bretagna sia non da oggi in cima ai sospetti di Mosca, quanto a macchinazioni guerrafondaie e giochi spionistici, costituisce un mistero solo per chi finga di dimenticare le svariate occasioni in cui, solo negli ultimi cent'anni, Londra, “alleata” di Mosca, ha brigato per farle guerra. Riguardo quindi ai recenti attacchi terroristici ucraini a varie strutture civili e militari russe, a proposito dei quali sia il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, sia l'ambasciatore russo a Londra, Andrej Kelin, hanno pubblicamente denunciato la mano britannica, ecco che ora, intervenendo su “Judging Freedom”, il canale dell'ex giudice della Corte Suprema del New Jersey, Andrew Napolitano, l'ex funzionaria della NSA, Karen Kwiatkowski ha dichiarato che «O gli inglesi non hanno paura delle armi nucleari, oppure hanno a Mosca una valida rete di agenti».
Napolitano ha osservato che, se Lavrov ha ragione, allora una potenza nucleare ne ha attaccata un'altra, con ciò consentendo a Mosca di contrattaccare. Alla domanda dell'ex giudice, se gli inglesi siano davvero così malvagi «da rischiare una guerra nucleare per ottenere popolarità politica e distrarre la gente dal fallimento economico», Kwiatkowski ha detto che «le persone che hanno guidato il governo britannico negli ultimi decenni continuano a immaginare un impero che non esiste più. Non credo sia molto saggio, ma sembrano vederne dei vantaggi. O è così, oppure hanno in Russia un'ottima intelligence e sono fiduciosi che Mosca non attaccherà. Queste élite stanno giocando a giochi che non costano loro quanto costerebbero alla gente comune se scoppiasse una guerra».
Ma è comunque Putin a fare la guerra, una «guerra ibrida»: parola del signor Claudio Rocco su Avantionline. Una “guerra” cui la “democrazia” - questo è un assioma europeista: in Russia, sin dall'epoca dei “dissidenti” antisovietici, dei vari Sinjavskij e Daniel degli italici TG di cinquant'anni fa, o si è “autocrati”, o si è senz'altro “democratici”, vittime del regime - risponde con canali “informativi” i cui soli nomi, per chi magari ha qualche anno in più e non è nuovo alle vicende di “dezinformatsija” d'oltrecortina, evocano attacchi di mal di stomaco come solo qualche fogliaccio della milanese via Solferino o della torinese via Lugaro è in grado di scatenare. Si comincia, comunica il signor Rocco, col programma satellitare “Svoboda”, «nato dalla collaborazione tra “Reporter senza frontiere” e il movimento politico di opposizione “Russia del futuro” creato da Aleksej Naval’nyj». Il progetto, udite, intende costituire «una spina nel fianco della macchina putiniana della disinformatia che dall’invasione dell’Ucraina produce senza sosta false informazioni e “narrazioni”, tentativi di sabotaggio o di infiltrazione degli apparati di difesa e di intelligence di molti Stati. Italia compresa, e forse, soprattutto, perché la nostra opinione pubblica è considerata dal regime russo tra le più manipolabili».
Con meno dolori addominali e più risate, ci si comunica che la «controffensiva di “Reporter senza frontiere” si avvale di giornalisti di Novaya Gazeta Europe, A Pogovorit?, iStories, di canali di informazione quali Gordon Live ucraino, Belarus Tomorrow bielorusso, Ost/West 24 berlinese in lingua russa, TV8 Moldavia, Current Time delle statunitensi Radio Free Europe/Radio Liberty e Voice of America, Svoboda News, Deutsche Welle (DW) Russia emittente internazionale tedesca, e delle emittenti radiofoniche Ekho di Mosca, che ha trovato una nuova sede a Berlino dopo essere stata colpita in Russia dal divieto di trasmettere, Radio Sakharov, e la bielorussa Euroradio».
Mancherebbero solo Emilio Fede, Maurizio Belpietro e Iva Zanicchi, in qualità di eurodeputata “di sostegno”, per riequilibrare una situazione che, dice la “martire” Julija Navalnaja, vede in Russia «una censura totale. E sotto una dittatura è molto difficile diffondere informazioni». Va da sé che, ci ricorda il signor Rocco, il progetto “Svoboda”, «finanziato dalla Commissione Europea, è la risposta più efficace messa finora in campo dall’Unione per reagire alla guerra della disinformazione scatenata dalla Russkiy Mir... imposta alla popolazione russa e diffusa all’esterno da Vladimir Putin e dai suoi apparati». Ma non solo dagli apparati: quella serpe di Putin, vedete un po', è riuscito addirittura a infiltrare sua figlia al festival parigino “Doc en scène. Ucraina: la voix humaine”, secondo un gioco che «esercita un potere di suggestione sulle élites culturali che rischiano di farsi inconsapevolmente collaborazioniste». Scopriamo così di essere tutti degli autentici Quisling, Pétain, Laval: solo, non al soldo di Bruxelles, come alcuni “disinformatori”, ma del Cremlino, che per giunta ci paga in rubli.
Fin qui, però, non si tratta in fondo che di parole, scritte o pronunciate. Dove il ribrezzo si fa invece concreto è sulla «pietra angolare della manipolazione di cui la nomenklatura della Federazione russa si mostra capace»: la disputa dei «bambini ucraini russificati», in cui è invischiato – lo assicurano Meduza, BBC e Ukrainska Pravda: vangeli e atti degli apostoli – il poeta Denis Beznosov, col «famigerato progetto “La prima libreria arriva per i bambini”», anche questo rientrante nelle tresche del Cremlino volte alla «russificazione dell’infanzia ucraina rapita in questi anni di guerra» ai danni dei bambini di Lugansk, Donetsk e altre città del Donbass.
Peccato per quei bambini del Donbass che, invece, non ce l'hanno fatta a essere “rapiti e russificati”, prima che le gioiose artiglierie di Kiev li facessero a pezzi, nel 2015, 2016, 2018, mentre giocavano nei parchi, negli asili, nelle aree sportive delle scuole di quelle stesse Lugansk, Donetsk, Stakhanov, Gorlovka. Peccato. Davvero, per “fortuna loro”, non hanno fatto in tempo a essere irretiti dalla «guerra ibrida di Putin, fatta di propaganda, cyber-attacchi e aggressione militare... per assicurarsi posizioni avanzate non solo nella geopolitica dell’Est europeo e del bacino del Mediterraneo, ma anche nella coscienza delle fragili opinioni pubbliche occidentali». Fragili, come quei politici occidentali, assicura ancora il signor Rocco, che minimizzano «la possibilità di un attacco russo all’Europa», venendo meno alla fede nel verbo Rutte-Kubilius, secondo cui la Russia, “entro cinque anni, o forse anche prima, attaccherà sicuramente un paese europeo, o forse più di uno”.
Ma basta, o si rischia di rimanere strozzati dalle sghignazzate dopo aver appreso, ancora dal signor Rocco, che nientepopodimeno che anche la “storica” Anne Applebaum (quante volte l'abbiamo ricordata su questo giornale!?!) mette in guardia dai disegni putiniani di «falsificazioni della realtà abilmente mescolate a dichiarazioni che dovrebbero essere invece prese alla lettera: per tutte, l’affermazione di voler contrastare le democrazie europee sul piano dei loro valori fondativi, di libertà e di cittadinanza»: “valori”, per dire, così, a casaccio, tipo quelli al momento sperimentati nella Repubblica Ceca.
“Avantionline”: una sicura fonte di “valori” europeisti e dunque, per assioma, esempio di “dezinformatsija” formato Rutte-Kallas, Kubilius, von der Leyen...
FONTI:
https://www.avantionline.it/ultime-dalla-guerra-ibrida-di-vladimir-putin/
https://politnavigator.news/ehks-komanduyushhijj-nato-khochet-vooruzhit-ukrainu-lazerami.html
https://politnavigator.news/britanskijj-admiral-vnezapno-pereshel-na-russkijj-yazyk.html