Il (vero) partito della guerra

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Il (vero) partito della guerra


di Paolo Desogus*

La posizione dell'UE sulla guerra in Ucraina ribadisce un dato su cui non credo che ci possano essere più dubbi è cioè la trasformazione della Commissione nel partito della guerra. Dal suo secondo incarico Ursula Von Der Leyen ha concentrato tutta la sua attenzione sul conflitto in Ucraina e sull'esigenza di un riarmo per non si sa quali obiettivi. Il paradosso è che tale impulso non ha prodotto alcun vero progetto. Diremmo, anzi, tutto il contrario. La stessa idea di un esercito comune europeo è ostacolata degli stessi provvedimenti della Commissione, la quale sostiene il riarmo nazionale, cioè dei singoli stati senza dare vere indicazioni per un coordinamento o, come era stato proposto, un indirizzo per rafforzare al livello nazionale singoli settori da integrare in seno all'Europa.
 
L'UE alza i toni bellicosi, grida al pericolo russo e tutto quello che produce sono politiche neonazionaliste tra le quali spicca il progetto di ricostituzione della leva militare lanciato da Macron per la Francia, subito seguito da Crosetto in Italia. L'idea di tornare alla naia è in realtà un vecchio pallino delle destre continentali. Ma se prima era adombrato per ragioni che diremmo nostalgiche per quel vecchio ordine morale che sapeva impartire l'esperienza militare, il ritorno alla leva si inserisce in un quadro politico che sta gradualmente prendendo forma e che riguarda la ridefinizione della funzione dello stato.
 
A dispetto di quello che hanno affermato i cantori della fine della storia, lo stato nazionale non ha mai cessato di esistere. In Europa è stato semmai ridimensionato, in parte smantellato e soprattutto depurato degli elementi democratici e di socialismo che dopo la Seconda guerra mondiale erano divenuti parte della stessa idea di stato.
 
Dopo trent'anni di globalizzazione e di smantellamento, socialismo e socialdemocrazia non rientrano più nel perimetro di possibilità storiche dell'azione dei governi europei. Questo risultato è stato ottenuto in parte anche sul piano formale: l'equiparazione di nazismo e comunismo votata dall'UE serve a quello.
 
Oggi, dunque i partiti che professano ancora un legame con il socialismo o il comunismo sono infatti stati resi marginali e qualora anche dovessero avvicinarsi alla stanza dei bottoni del governo, anche solo nelle vesti di partiti moderati, verrebbero allontanati, come accaduto in Francia recentemente.
Il riarmo sta riabilitando lo stato nazionale in una cornice molto particolare, quella in cui l'UE conserva il suo ruolo di garante dell'ideologia neoliberale nella sua attuale declinazione radicalmente antisocialista, guerrafondaia e filoatlantica. Tale ritorno sta dunque maturando da destra, senza gli anticorpi delle forza laburiste, socialiste e comuniste del secondo dopoguerra. Certo è un equilibrio precario. L'equilibrio tra stato e sovrastato può cedere da un momento all'altro. Vedremo, non escludo comunque anche un ritorno al nazionalismo e un incremento del razzismo, per la verità già molto forte nella forma del razzismo antiarabo. In Europa il genocidio a Gaza ha di fatto ridato respiro all'ideologia secondo cui ci sono esseri umani di serie A e di serie B.

*Post Facebook del 28 novembre 2025

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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