Kurz: «Con noi non ci sarà alcuna unione di debito»

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FAZ

Prima del vertice UE sugli aiuti Corona, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha formulato in un'intervista alcune condizioni: l'Europa dovrebbe investire in digitalizzazione, protezione del clima, riforme e introdurre una tariffa per la CO2.

L'intervista è stata condotta da Ralph Bollmann, Stephan Löwenstein e Andreas Mihm.


Signor Cancelliere, la Germania ha appena assunto la presidenza dell'Unione Europea. Quali sono le sue aspettative?

«È un bene che, in questa fase molto impegnativa, un Paese forte come la Germania abbia questa funzione, con al vertice un capo di governo esperto come Angela Merkel. Recentemente mi ha contattato in merito alla presidenza e abbiamo fatto una telefonata dettagliata.

Per me è importante che noi, come Unione europea, non solo superiamo bene la crisi sanitaria, ma che pure guadagniamo sul lungo termine in competitività. Prima della pandemia non eravamo ben posizionati in molti campi e dobbiamo fare tutto il possibile per evitare di tornare ancora più indietro».

Al vertice UE della prossima settimana, il cancelliere tedesco vuole decidere un programma di sviluppo per il quale l'Unione Europea sta per la prima volta prendendo in prestito. Come portavoce di un gruppo di "quattro frugali", lei ha protestato contro di esso. Ha paura che Angela Merkel terminerà il proprio cancellierato con l'introduzione di un'Unione Europea di solidarietà?

«Con noi non ci sarà alcun ingresso in un'unione del debito. Ma ovviamente dobbiamo aiutare i paesi particolarmente colpiti in questa straordinaria crisi, alcuni dei quali stanno attraversando malamente questa crisi sanitaria ed economica. Su come debba configurarsi questo aiuto, si negozierà nei dettagli. Sono ottimista sul fatto che alla fine raggiungeremo un accordo».

La Commissione di Bruxelles ha nuovamente ridotto in modo significativo le previsioni economiche per quest'anno. Il pacchetto previsto da 750 miliardi di euro è sufficiente?

“Non dovremmo fare una gara a superarci a vicenda con numeri sempre più alti, bensì assicurarci che gli aiuti siano investito nel modo giusto.

Il denaro in sé non è così tanto il problema. Pure i paesi particolarmente colpiti possono finanziarsi a buone condizioni sui mercati dei capitali. L'Italia paga meno dell'uno e mezzo percento di interessi sui suoi titoli di Stato, metà rispetto all'Austria ai tempi della crisi finanziaria. Inoltre, esiste ancora il MES, il quale è lungi dall'essere esaurito.

Ecco perché, riguardo il Recovery Fund, non dovremmo trafficare con numeri incredibilmente grandi, bensì riflettere: dove il denaro dovrebbe fluire, in cosa dovrebbe essere investito e può essere assorbito? Questo è più rilevante che la grandezza della somma».

Non è più così importante che si tratti di sovvenzioni o prestiti?

«Questo rimane un argomento molto importante per noi. Sosteniamo il principio "loans for loans", vale a dire che i soldi che l'Ue prende come prestito dovrebbero essere ritrasferiti principalmente come prestiti. Io sono perché ci sia un equilibrio complessivamente tra prestiti e sovvenzioni e perché le sovvenzioni non aumentino in misura smisurata. Non dovete scordare che il normale bilancio della Ue con i suoi oltre mille miliardi di euro è già un pacchetto di sole sovvenzioni».

Per cosa è disposto a pagare?

«Per l'ecologizzazione [sic], la digitalizzazione ed il sostegno delle riforme. Se il denaro non viene speso per le riforme, ma per i buoni vacanza …»

... a Vienna il sindaco aveva distribuito buoni per la cotoletta ...

«... o dovrebbe essere sborsato per aumentare un reddito di base incondizionato, in tal caso esso aiuta a un durevole miglioramento della competitività.

L'assegnazione del denaro degli aiuti deve essere ancorata a condizioni. La condizionalità è necessaria affinché il denaro non venga utilizzato solo per tappare buchi dei bilanci nazionali».

Chi dovrebbe controllarlo? È in arrivo una nuova troika, come con gli aiuti finanziari per la Grecia?

«Sulle questioni di struttura, noi siamo tutt'altro che ortodossi. Siamo aperti a qualsiasi soluzione ragionevole, purché sia snella, efficiente e non burocratica».

E lei in cosa è ortodosso?

«Proprio nella questione, a cosa servono i soldi. Negli ultimi anni abbiamo visto che siamo stati sorpassati dagli Stati Uniti e dai paesi asiatici come la Cina, che la gran parte delle innovazioni tecnologiche non proviene più dall'Europa. Di fronte a noi, sul tavolo, ci sono tre telefoni cellulari, nessuno dei quali dalla Ue. È esattamente lo stesso su Internet, dai motori di ricerca ai social network. Abbiamo molto da recuperare, lì il denaro deve andare».

Vuole costruire con denaro statale un motore di ricerca europeo?

«Sono un fan di un'economia libera e non credo nel successo dello stato dirigista. Ma se decidiamo di usare molto denaro pubblico, esso dovrebbe almeno andare a finire nei settori giusti. Soprattutto, in più ricerca e sviluppo per una buona infrastruttura digitale, anche nel cambiamento tecnologico che è necessario per una migliore protezione del clima».

Quali paesi dovrebbero ottenere più soldi?

“Secondo il progetto di Bruxelles, l'Italia, la Spagna o la Polonia ne profitterebbero maggiormente. Ma nella Ue abbiamo paesi chiaramente più poveri. Il mio senso di giustizia mi dice: se noi nella Ue decidiamo di usare così tanti soldi, allora essi dovrebbero andare a finire ai più poveri tra i poveri. Se si assume come criterio la disoccupazione del 2015, come attualmente proposto, ciò non ha nulla a che fare con le sfide della situazione del coronavirus».

Il suo criterio è la crescita della disoccupazione nella crisi?

"Per esempio. Se il programma di aiuti deve essere una reazione al coronavirus, allora esso deve essere collegato al crollo dell’andamento economico a causa della pandemia».

Uno dei suoi alleati in materia di politiche di risparmio è la Svezia, la quale affronta il virus in modo più maldestro si tutti gli altri membri della Ue. Il paese rientra fra ‘i più poveri tra i poveri’ o i problemi lì sono auto-inflitti?

«A tal riguardo, posso solo dire: l'Austria ha scelto una strada diversa. Siamo stati tra i primi Paesi ad attuare un completo lockdown. Solo perché abbiamo reagito in anticipo, abbiamo potuto prevenire il peggio. In tal modo, abbiamo potuto riaprire completamente la nostra economia, più velocemente di qualsiasi altro paese».

L'Italia è il vostro secondo più importante partner commerciale. Già solo per questo, lei non dovrebbe essere interessato a rilanciare l'economia di quel paese?

«Naturalmente siamo interessati a uno sviluppo positivo nel paese nostro vicino. Ma pure i vicini si conoscono a vicenda molto bene. In Italia, alcuni programmi di finanziamento Ue non hanno raggiunto il successo desiderato. Il paese deve, oggi come prima, lottare con una grande economia sommersa e ha dei sistemi (dalle pensioni al mercato del lavoro) non competitivi. Se vogliamo sborsare 750 miliardi di euro, dobbiamo quindi chiedere: chi dovrebbe pagarli, chi dovrebbe riceverli e per quale fine cosa dovrebbe essere sborsato? Qualsiasi altro comportamento sarebbe negligente».

L'Italia è un contribuente netto nell'UE, non ha cercato aiuto nella crisi dell'euro e ha fornito garanzie per gli altri. Partecipa al finanziamento del pianificato pacchetto coronavirus. Il paese non è dunque solo un supplicante?

«La domanda sull'Italia la avete fatta voi. Potrei anche elencarvi pure i punti deboli di altri paesi.

Ma in Spagna, Portogallo o Irlanda abbiamo visto intense riforme sotto la pressione dei programmi di aiuto, in Spagna pure il leader dell'opposizione pretende che il denaro venga solo in cambio di riforme. E in Grecia non dovremmo parlare a lungo delle condizioni: il nuovo Primo Ministro Kyriakos Mitsotakis sta facendo le riforme da solo».

Questa settimana l'Italia ha presentato un vasto programma di riforme, ad esempio la riduzione della burocrazia. È abbastanza?

«Esso deve andare nella stessa direzione del programma di riforme italiano: ridurre la burocrazia, lotta contro l'evasione fiscale, sistemi economici competitivi [pensioni e mercato del lavoro, ndt]».

Anche l'Austria, già prima della pandemia, ha infranto il criterio di Maastricht e il suo programma di aiuti nazionale contro il coronavirus è quasi il doppio più grande rispetto alla Germania in proporzione alla popolazione. Lei è veramente così frugale come afferma?

«Da decenni l'Austria aveva il proprio bilancio non sotto controllo. Da quando sono diventato Cancelliere, è diverso. Prima del coronavirus, avevamo per due anni di seguito un avanzo di bilancio. Naturalmente, i pacchetti di aiuti che stiamo attualmente lanciando sono molto generosi, in un confronto internazionale, con buone ragioni: il nostro paese è fortemente dipendente dal turismo, che è stato colpito molto più duramente dalla crisi rispetto ad altri settori. Ma nei prossimi anni riporteremo il nostro bilancio in carreggiata».

Al fine di rilanciare l'economia, lei sta di nuovo facendo una solerte promozione per i turisti, soprattutto dalla Germania. Così tanti viaggi al tempo del coronavirus non sono troppo pericolosi?

«Noi osserviamo questo aspetto con molta attenzione. Ove è possibile, c'è libertà di viaggio e frontiere aperte. Laddove la sicurezza non lo consente, dobbiamo prendere una strada diversa. Ecco perché abbiamo appena deciso di emettere Allerta-Viaggio per i Balcani e l'Europa sud-orientale, anche se siamo intrecciati economicamente e umanamente con questa regione».

Con la Germania lei è stato più indulgente: dopo lo scoppio della Corona a Gütersloh, il dibattito sulle restrizioni ai viaggi è stato rapidamente chiuso. A motivo del fatto che dal Nord Reno-Westfalia giungono turisti con un potere d'acquisto maggiore rispetto a alla Bulgaria o alla Romania?

«Non ha nulla a che fare con quello. Per quanto riguarda Gütersloh, abbiamo avuto un ottimo scambio con la Cancelliera, con il ministro tedesco della sanità e anche con il Presidente del Land Armin Laschet. Siamo stati informati in modo estremamente trasparente. Dopo che è diventato chiaro che la situazione [di crisi sanitaria] era limitata a pochi distretti, la questione di un Allerta-Viaggio generale per il Nordreno-Vestfalia era stata accantonata».

Il ministro delle finanze tedesco ha parlato di un "momento Hamilton" per quanto riguarda il programma di sviluppo europeo: come nel XVIII secolo dala unione dei debiti emersero gli Stati Uniti d'America, così potrebbero ora sorgere gli Stati Uniti d'Europa.

«Non abbiamo bisogno di un dibattito sugli Stati Uniti d'Europa, ma sul completamento del mercato interno, in particolare del mercato interno digitale. Io pure voglio una Ue forte, ma ciò non deve accadere in contrapposizione con gli stati nazionali e le regioni».

Se l'Unione europea raccogliesse debiti comuni, dovrebbe ricevere pure proprie entrate, un'imposta sulla CO2 ad esempio oppure un'imposta digitale?

«Per me, entrate proprie per l'Ue sono una via concepibile. Gradirei, non solo un'imposta digitale, ma pure le tariffe daziarie per la CO2. Nella lotta ai cambiamenti climatici, dobbiamo arrivare a costi più veritieri. Abbiamo bisogno in tutto il mondo di uno commercio libero leale e organizzato. Ciò significa che dobbiamo anche tenere conto dei danni climatici, ad esempio nel caso del trasporto sulle lunghe distanze. Nel caso di alimenti o altri prodotti che possono anche essere prodotti e consumati a livello regionale, le tariffe di CO2 sarebbero la strada giusta da percorrere».

Lei, per la sua insistenza sulla frugalità, ha ricevuto segretamente pure dell’incoraggiamento dalla politica tedesca?

"Naturalmente. Dopotutto, fino a poche settimane fa la nostra posizione era sostenuta pure dalla Germania.Su molte questioni, in particolare per quanto riguarda la necessità di riforme, siamo in linea con Angela Merkel. Ella, nella crisi finanziaria, ha combattuto acciocché la Grecia venisse aiutata, ma in combinato con le necessarie riforme. Alla fine, i risultati sono per lo più buoni quando sono influenzate da opinioni e approcci diversi».

Lei così gioca il poliziotto cattivo pure nell'interesse della Germania?

«Austria e Germania sono per struttura simili. Siamo entrambi paesi orientati all'esportazione, economicamente forti e molti dei paesi interessati dal coronavirus sono importanti mercati di sbocco. A questo proposito abbiamo interessi simili».

Come spiega il cambiamento di Angela Merkel?

«Ella ha le proprie convinzioni, ma allo stesso tempo vede la necessità di costruire ponti e scendere a compromessi. Così siamo tutti, e ciò costruisce l'Europa».

Gli Europei si accorderanno, la prossima settimana?

«Vedo movimenti tra i capi di governo - in particolare riguardo il regolare bilancio UE - ed una comprensione che molte delle nostre domande sono giustificate. Ci sono anche alcuni [capi di governo] disposti a fare passi nella nostra direzione. In questo dibattito nessuno ha ragione, entrambe le prospettive sono legittime. Ciò costruisce l'Europa, quando c'è spazio per questo dibattito e alla fine sarà trovato un consenso».

(Traduzione di Musso)

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