La Gran Bretagna e il Mar Caspio: l'isola letale per il mare

Intervista ad Ainur Kurmanov, copresidente del movimento socialista del Kazakistan

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La Gran Bretagna e il Mar Caspio: l'isola letale per il mare

di Natalia Vinkler

Il copresidente del movimento socialista del Kazakistan Ainur Kurmanov con la sua testimonianza ci racconta in che modo la Gran Bretagna, per il profitto delle proprie aziende, stia distruggendo il più grande lago della terra, noto come Mar Caspio. Purtroppo, in questa vicenda è coinvolta anche l'Italia.

Ainur, gli abitanti dell'Italia di oggi difficilmente sanno cosa sia il Mar Caspio e sanno perché è tutt’altro che un mare, ovverossia un lago.

Il Mar Caspio è chiamato tale solo in virtù delle sue dimensioni colossali e dell'acqua salmastra. Ma in realtà non è collegato in alcun modo all'oceano mondiale. È un bacino chiuso, appunto un lago, la cui superficie è più grande di quella della Germania o dell'Italia. Nel Mar Caspio sfociano più di 130 fiumi, ma nessuno di questi trova uno sbocco. I geografi hanno denominato il Mar Caspio “il lago maggiore della Terra”.

Questo sito naturale unico ha generato e conserva tutt’ora forme di vita uniche: infatti, ospita 400 specie endemiche non riscontrabili in nessun'altra parte del nostro pianeta. Parliamo della foca del Caspio, di oltre 130 specie di pesci, piante rare e più di 100 specie di uccelli acquatici e palustri. Ogni anno il Caspio viene attraversato da circa 12 milioni di uccelli migratori, mentre altri 5 milioni rimangono a svernare sulle sue rive.

Poi, naturalmente, la costa del Mar Caspio è casa anche per milioni di persone provenienti dall'Azerbaigian, dall'Iran, dal Kazakistan, dalla Russia e dal Turkmenistan. E ora il nostro mare sta morendo, nel senso letterale del termine. Per essere più precisi, lo stanno uccidendo.

Ma cosa c'entra la Gran Bretagna, che è geograficamente lontana dal Mar Caspio?

Se pensate che la Gran Bretagna abbia smesso di essere un impero coloniale, vi sbagliate. Tutto è rimasto esattamente come prima, sono cambiate solo le modalità di saccheggio delle colonie. Ora non servono più cannoni e fregate, non servono più reggimenti e battaglioni coloniali: bastano le élite compradores, pronte a vendere gli interessi del proprio popolo. 

Dalla fine del XIX secolo, i capitalisti inglesi hanno iniziato a partecipare attivamente allo sfruttamento del petrolio del Caspio. Le società britanniche “Lane and MacAndrew”, “Samuel Samuel & Co” e “Shell Transport and Trading”. Nel 1911 la britannica “Royal Dutch Shell” acquistò da Rothschild tutti i suoi beni nella regione e da allora acquisì notorietà e influenza sul mercato petrolifero mondiale. 

Nel maggio del 1918 fu costituita la Repubblica Democratica dell'Azerbaigian, uno Stato fantoccio della Gran Bretagna, ma con l'annessione dell'Azerbaigian all'Unione Sovietica, lo sfruttamento delle risorse naturali si rivelò impresa impossibile. 

La rinascita del colonialismo è avvenuta in seguito al crollo dell'URSS, e le compagnie petrolifere e del gas britanniche, come BP e British Gas, hanno ripreso a sfruttare al massimo i territori del Caspio, ignorando le norme e gli standard ambientali di base. 

Allo stesso tempo, il Regno Unito continua a posizionarsi come protettore intransigente del benessere ambientale. Ma quando si tratta dei profitti derivanti dallo sfruttamento delle colonie, si applicano due pesi e due misure, ed ecco che la preoccupazione ecologista diventa una facciata. E, naturalmente, le élite dei paesi del Caspio, con cui gli inglesi condividono i profitti, sono pronte a difendere gli interessi delle imprese britanniche con ogni mezzo.

Ci racconti i fatti relativi all'inquinamento.

Ad esempio, il movimento ambientalista “Save the Caspian Sea” ha riferito che da inizio di maggio di quest'anno i satelliti Sentinel-1A e Sentinel-1C hanno registrato settimanalmente la comparsa di nuove macchie di petrolio nel Mar Caspio. Al 23 giugno sono state rilevate circa 40 chiazze per una superficie totale di oltre 64 chilometri quadrati nella zona costiera e in mare aperto. Eppure, il viceministro per l'Ambiente e per le Risorse Naturali del Kazakistan, Zhomart Aliev, ha dichiarato: “Non è petrolio, è l'ombra di una nuvola”. Una bugia così ingenua può essere convincente solo per un profano che non sa nulla del monitoraggio spaziale. In realtà, una chiazza di petrolio non può essere presa per un'ombra.

Anche le autorità di un altro Paese, l'Azerbaigian, sono state più volte sorprese a nascondere informazioni sull'inquinamento e a minimizzare l'entità del danno ambientale. Ad esempio, l'incidente sulla piattaforma “Guneshli” della BP ha causato una fuoriuscita di petrolio per centinaia di chilometri quadrati. Ma il Ministero dell'Ambiente e delle Risorse Naturali dell'Azerbaigian ha cercato di nascondere la portata del disastro. Nonostante i numerosi casi di inquinamento del Mar Caspio con petrolio e altre sostanze tossiche, le autorità dell'Azerbaigian continuano a rilasciare licenze alle compagnie britanniche per lo sfruttamento di nuovi giacimenti. Le proteste ambientaliste vengono represse e gli esperti indipendenti che cercano di condurre indagini sono oggetto di persecuzioni.

In Turkmenistan, le informazioni riguardanti i problemi ambientali sono pienamente segretate. Le compagnie britanniche che operano in questo paese godono di totale impunità, scaricando i rifiuti di produzione direttamente nel Mar Caspio senza preoccuparsi della sicurezza dell'ambiente.

Ma la Gran Bretagna è a conoscenza della situazione?

 

Sì, certo. Due anni fa, il quotidiano britannico The Guardian ha scritto apertamente: «Il giacimento di Kashagan, scoperto nel 2000, è il più grande al di fuori della zona di Medio Oriente ed è gestito dalla North Caspian Operating Company, un consorzio di cui fanno parte le più grandi compagnie petrolifere mondiali, come Shell, ExxonMobil, Total e l'italiana Eni.

Da quando il consorzio ha iniziato a estrarre petrolio, l'inquinamento delle acque è aumentato. Nel dicembre 2022, la misteriosa moria di 2.500 foche ha fatto notizia a livello internazionale. Cento anni fa, la popolazione delle uniche foche del Caspio contava circa un milione di esemplari, ma ora in Kazakistan ne sono rimasti solo circa 60.000, mentre in tutto il mondo se ne contano tra 110.000 e 170.000. E questo è soltanto uno degli esempi. 

Oltre alle continue fuoriuscite di petrolio e all'accumulo di fanghi tossici, fatti di metalli pesanti, radionuclidi sul fondo, gli inglesi stanno uccidendo il Caspio in modo ancora più barbaro. La North Caspian Operating Company ha avviato la costruzione di canali sottomarini per consentire alle petroliere di avvicinarsi alle piattaforme petrolifere.
Per capire come funziona, immaginate l'esplosione di una potente bomba che lascia dietro di sé un cratere nel terreno. E ora immaginate un bombardamento a tappeto che, cratere dopo cratere, trasforma la superficie in un profondo canale lungo decine di chilometri. È chiaro che nella zona non rimarrà nulla di vivo, né animali né piante. Da questo bombardamento infernale non usciranno vivi nemmeno i microrganismi. 

È proprio questo che hanno ideato gli inglesi: scavare canali con le esplosioni. In più, centinaia di milioni di dollari saranno sottratti alle quote dei paesi del Caspio, poiché il bombardamento sottomarino viene presentato come un investimento.

Si potrebbe definire un ecocidio, ma c'è anche un'altra parte lesa: la popolazione locale. L'inquinamento sistematico del mare porta non solo alla distruzione di una biodiversità unica, ma anche al deterioramento della salute di milioni di persone.

Tuttavia, l'estrazione del petrolio fa parte dell'economia moderna...

Le ricchissime riserve di petrolio e gas del Mar Caspio appartengono di diritto ai popoli dell'Azerbaigian, del Turkmenistan e del Kazakistan. Tuttavia, invece di essere fonte di prosperità e sviluppo, queste risorse sono diventate uno strumento di arricchimento per una ristretta cerchia di funzionari e oligarchi legati al potere. Concludendo accordi capestro con le compagnie britanniche, le élite chiudono consapevolmente gli occhi sulle violazioni in materia di ambiente, ottenendo in cambio generosi compensi e la possibilità di trasferire capitali all'estero impunemente. Non si tratta solo di corruzione, ma di tradimento degli interessi nazionali e genocidio della propria popolazione.

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