La persecuzione del Leviatano occidentale a Julian Assange

 La persecuzione del Leviatano occidentale a Julian Assange

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Non appena coloro che detengono il potere

vedono minacciati i propri interessi fondamentali,

tendono di solito ad ignorare lo Stato di Diritto

come linea di confine per i propri comportamenti.

Nils Melzer, Il processo a Julian Assange. Pag 461(1) 

 

Vedere la lunga persecuzione a Julian Assange imbastita dal Leviatano Occidentale autoproclamatosi democratico, come una semplice ingiustizia contro un uomo (e magari i suoi familiari) è un errore di prospettiva strategico che rischiamo di pagare tutti.

La lunga persecuzione contro Julian Assange è la reazione delle élites occidentali ad una ribellione. Mi riferisco alla ribellione Cypherpunk (2) che prevede a tutti i livelli, compreso quello della informazione, la decentralizzazione e dunque una serie di nodi disposti a rete, nessuno dei quali in una situazione di predominanza sugli altri e conseguentemente di censurare verità scomode e di imporne altre comode (agli interessi di chi sta in cima alla piramide).

Ma come Julian Assange è riuscito a tramutare questa idea teorica in pratica? Grazie alla Criptografia; e specificatamente grazie ad un sito, WikiLeaks.org che ha una casella di posta criptata che non consente manco ai gestori del sito di risalire al mittente che invia documenti. Il successo fu da subito straordinario, decine se non centinaia di persone in possesso di documenti scottanti sentendosi sicuri di non essere scoperti iniziarono ad inviarli all'organizzazione di Assange che li pubblico generando scalpore a livello mondiale.

Si trattava di filmati e foto di esecuzioni sommarie, stragi, torture commesse dalle truppe occidentali che si recarono sotto la veste di civilizzatori ed esportatori di democrazia in paesi come l'Iraq e l'Afganistan. Oppure ancora si trattava dei cables diretti al Dipartimento di Stato a Washington delle ambasciate americane in tutto il mondo. Documenti questi che in molti casi riscrivevano la storia di molti paesi (e se non mi credete provate a cercare su Wikileaks i documenti sul caso Moro, tanto per fare un esempio).

La maschera del potere era definitivamente caduta grazie all'impresa di Assange e dei suoi collaboratori. Un affronto questo che non poteva essere lasciato impunito da parte delle élites occidentali che vedevano minata la propria legittimità.  Qui iniziarono i guai giudiziari di Assange. Una storia raccontata benissimo nel libro di Nils Melzer (Il processo a Julian Assange – Storia di una persecuzione, Fazi Editore). Una storia questa che è essa stessa una storia “da WikiLeaks” perché smaschera le tante ipocrisie del potere e il suo agire spietato. Solo che tragicamente Assange questa volta non si trova nella veste di narratore ma in quella di vittima.

False accuse di strupro (poi miseramente cadute a distanza di anni), accuse di spionaggio provenienti dal centro dell'Impero, gli USA. La tragica auto detenzione barricato all'interno dell'ambasciata londinese dell'Equador (protetto dall'extraterritorialità del plesso, ma di fatto in un carcere), la drammatica cattura tradito dal governo equadoregno. E infine la detenzione nel più terribile carcere britannico, quello di Belmarsh. Tutto questo tra processi farsa fondati sulla procedura (e dunque senza entrare nel merito), sempre in attesa dell'estradizione in USA dove lo attende la condanna al carcere a vita in un carcere di massima sicurezza.

Tutto raccontato benissimo da Nils Melzer, lasciando peraltro nel lettore l'angoscia che il potere può imbastire anche contro di lui, in qualsiasi momento, un simile processo kafkiano. Già, una storia che non è solo la storia di una persecuzione contro un uomo quella raccontata nel libro “Il processo a Julian Assange” ma una storia che racconta quanto sia fragile, se non finta, la nostra democrazia.

 

(1) Nils Melzer, Il Processo a Julian Assange – Storia di una persecuzione, Fazi Editore (2023).

(2) Julian Assange, Cypherpunks: Freedom and the Future of the Internet, 2016

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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