L'accordo Israele-Emirati e l'apertura di Macron all'Iran

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Piccole Note
 

Israele e gli Emirati Arabi Uniti si accordano per normalizzare le relazioni. Un’intesa che viene salutata come storica, annunciata al mondo da Donald Trump, che ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno fatto la loro parte per far interagire i due Paesi.


Gli Emirati Arabi Uniti sono il primo Stato arabo a normalizzare i rapporti con Israele, impossibilitati in precedenza dalla questione palestinese.


L’accordo dovrebbe portare alla sospensione dei piani per l’annessione della Cisgiordania (parte di essa) a Israele, peraltro già sospesa a causa del niet di Trump, anche se la questione resta alquanto controversa.


Non estranea all’accordo potrebbe essere anche “Amal” (Speranza), “la prima sonda spaziale degli Emirati Arabi Uniti diretta a Marte” (la Stampa). Dopo che una missione israeliana era malamente terminata con lo schianto della sonda sulla Luna lo scorso mese di aprile, Tel Aviv potrebbe essere interessata anche a sinergie aerospaziali.


Netanyahu in cerca di nuovi successi


Possibile che Netanyahu cerchi di riposizionarsi: sta perdendo terreno a destra, dove Naftali Bennet, con il suo Yamina, gli sta erodendo sempre più consensi, mentre deve affrontare un’opposizione sempre più agguerrita e proteste di piazza ad oggi irriducibili.


Un accordo internazionale, un rapporto meno conflittuale con Trump può aiutarlo a ricostruire l’usuale immagine vincente che negli ultimi tempi si è un  po’ appannata.


L’accordo con gli Emirati Arabi Uniti era cosa facile, dato il riavvicinamento degli ultimi anni tra Israele e i Paesi sunniti in funzione anti-Iran e quello particolare con sauditi e emiratini a causa della guerra che hanno intrapreso con gli Houti in Yemen (che appartiene al più ampio confronto con Teheran, alla quale sono legati i ribelli Houti).


Così di storico in tale accordo c’è poco o nulla, porta solo alla luce del sole i nuovi rapporti tra i due Paesi. A parte rilanciare il cosiddetto “Accordo del secolo” di Trump tra Israele e Palestina, che resta però ancora aleatorio (non lo vuole nemmeno il presidente Usa).


Da vedere se cambierà qualcosa nei rapporti tra Iran e Emirati, dato che Abu Dhabi e Teheran da tempo stanno tentando un difficile dialogo.


Immaginare che Abu Dhabi possa rappresentare un tramite tra Tel Aviv e Teheran per attutire le tensioni tra i due Paesi è irenico, anche perché avrebbero loro e più segrete vie, ma l’impossibile è di casa in Medio oriente.


Più realisticamente, è probabile che Abu Dhabi stia tentando una via tutta sua per evitare incidenti di percorso nelle infiammate vie mediorientali e di aprire nuove strade alla sua Finanza.


Da vedere, cosa più importante, se tale passo rappresenta un riavvicinamento tra Netanyahu e Trump, che negli ultimi mesi sono entrati in aperto contrasto, come denotano gli attacchi di John Bolton – sodale di Bibi – al presidente Usa e la freddezza di Trump sui piani di annessione della Cisgiordania.


Marcon apre all’Iran


In realtà, più storica e ardua appare la strada che sta percorrendo Emmanuel Macron, che, proponendosi come interlocutore del Libano ferito dall’esplosione di Beirut, ha chiesto alla Russia e soprattutto all’Iran di aiutare la Francia nell’opera di  ricostruzione del Paese.


Già nella sua visita in Libano Macron aveva voluto interloquire con tutti i libanesi, compresi i rappresentanti politici di Hezbollah. L’apertura all’Iran ribadisce tale prospettiva inclusiva, l’unica che può evitare ulteriori tragedie al Paese dei cedri.


Una propensione che ha spinto Netanyahu a telefonare a Macron, ufficialmente per chiedere che le milizie sciite non immagazzinino le loro armi presso centri abitati, ma il focus della conversazione sarà stato di certo altro e più riservato.


La missione che si è proposta Macron è difficile: il Libano è attraversato dai venti della Primavera araba, la sua economia è al collasso, anche a causa delle sanzioni emanate dagli Stati Uniti. E il forcing Usa per eliminare le forze di pace Unifil che si interpongono tra Hezbollah e Israele appare alquanto inquietante.


Ma Macron sta tenendo la posizione. Si sta ritagliando un ruolo desueto, e se si vuole nostalgico, da padre nobile dell’ex colonia, ma può essere utile a evitare al Paese il precipizio. Sempre che riesca a e che continui a tenere dritta la barra del timone. Non gli sarà facile, sia per i venti contrari che per le sue consuete incertezze.


Due notizie che denotano come la situazione in Medio oriente stia evolvendo velocemente. Motus in fine velocior.

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