L'anima perversa del neoliberismo: le "ricette" dell'Ue per rottamare le imprese agricole italiane
L’UE e i regali alle multinazionali a spese di agricoltori e agricoltura sostenibile. Il Dott. Francesco Di Lorenzo, primo agronomo omeopata d’Europa: "dichiarano di voler perseguire una agricoltura sostenibile ma poi di fatto la legislazione europea vieta agli agricoltori di usare le sostanze presenti nella propria azienda"
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di Angela Fais per l'AntiDiplomatico
Pochi giorni or sono l’Istat ha diramato i dati provvisori dei prezzi al consumo di luglio 2025. Rispetto all’anno precedente l’inflazione subisce un aumento dell‘1,7%. Gli aumenti più consistenti li troviamo nel carrello della spesa, con grossi rincari per gli alimenti non lavorati. In particolare la frutta, alla base della dieta mediterranea, aumenta del 7,8%. I rincari stando alle informazioni validate dalla UE e diffuse dal mainstream sarebbero dovuti non alla speculazione ma alla scarsità di raccolti determinati dal cambiamento climatico: grande caldo, piogge, gelate improvvise e forte siccità avrebbero influenzato le rese agricole mettendo a rischio la sicurezza alimentare globale.
Pur volendo dare per buona questa versione, se si vuole seguire un filo logico mantenendo il senso di coerenza diventa davvero difficile orientarsi negli stretti dedali delle politiche dell’Unione europea. Ci riferiamo in particolare a quelle politiche comunitarie che da decenni di fatto falcidiano l’agricoltura e l’economia del nostro Paese. In primis agli incentivi per l’abbandono delle colture nel nome della sostenibilità ambientale dell’ agricoltura contenuti dalla PAC, Politica Agricola Comunitaria. Previsti anche incentivi per “le rottamazioni” dei vigneti. Ricordiamo le ultime nel 2010-11 devastanti e deleterie, riproposte oggi dall’ eco-schema 5 della PAC che letteralmente e senza alcun timore di ricorrere a particolari giri di parole, detta il “nuovo regime ecologico” fissando il termine del 30 agosto 2025 per l’estirpazione dei vigneti e la riscossione degli incentivi definiti “un riconoscimento concreto per l’impegno degli agricoltori a mantenere parte delle loro terre improduttive, per favorire l’equilibrio ambientale”.
Pur volendo dare per buona questa versione, se si vuole seguire un filo logico mantenendo il senso di coerenza diventa davvero difficile orientarsi negli stretti dedali delle politiche dell’Unione europea. Ci riferiamo in particolare a quelle politiche comunitarie che da decenni di fatto falcidiano l’agricoltura e l’economia del nostro Paese. In primis agli incentivi per l’abbandono delle colture nel nome della sostenibilità ambientale dell’ agricoltura contenuti dalla PAC, Politica Agricola Comunitaria. Previsti anche incentivi per “le rottamazioni” dei vigneti. Ricordiamo le ultime nel 2010-11 devastanti e deleterie, riproposte oggi dall’ eco-schema 5 della PAC che letteralmente e senza alcun timore di ricorrere a particolari giri di parole, detta il “nuovo regime ecologico” fissando il termine del 30 agosto 2025 per l’estirpazione dei vigneti e la riscossione degli incentivi definiti “un riconoscimento concreto per l’impegno degli agricoltori a mantenere parte delle loro terre improduttive, per favorire l’equilibrio ambientale”.
A nulla valgono le preoccupazioni e le proteste di varie associazioni di categoria che denunciano queste politiche poiché lasciando improduttive superfici vitifere fanno si che le zone collinari e montane interessate dall’ l’estirpazione dei vigneti vadano inesorabilmente incontro al depopolamento e all’ abbandono e non è dato sapere cosa tenga in serbo il futuro per loro. Forse parchi eolici e fotovoltaici? Ma allora che ne è dell’agricoltura sostenibile? tra l’altro i vigneti destinati all’estirpazione hanno rese molto elevate considerate responsabili di abbassare il prezzo del prodotto, come si legge nel bando della Citta Metropolitana di Bologna. Ma non si era detto che i raccolti raccolti sono scarsi a causa del cambiamento climatico? Sembrano misteri insondabili ma in realtà tutto rientra nella logica che l’UE persegue ormai da decenni rottamando il tessuto agricolo e industriale italiano.
E’ l’anima perversa del neoliberismo, è il “Capitalismo e Schizofrenia” di cui scrisse Gilles Deleuze per cui una serie di elementi inconciliabili strutturano dalle fondamenta le politiche europee: da una parte si dichiara come obiettivo una agricoltura sostenibile e competitiva, dall’altra si decimano le aziende agricole; si punta la bussola sul biologico ma poi la Commissione Europea, molti parlamentari e la maggioranza degli Stati membri di fatto abbandonano il principio di precauzione valutando i nuovi OGM sulla base di una falsa equivalenza coi prodotti della natura, facendo ricadere l’onere della prova sui cittadini danneggiati e non sui chi trae profitto danneggiandoli.
Così l’Ue spinge su Tea e Ogm che, è noto, richiedono necessariamente l’uso di pesticidi ed erbicidi e non si comprende come questi possano conciliarsi con una agricoltura sostenibile. E’ curioso quanto inquietante a tal proposito che quella dei diserbanti e pesticidi, largamente adoperati dalla agricoltura industrializzata non solo dagli ogm, sia anche una storia di guerra che si intreccia funesta con quella delle armi chimiche. Alcuni esempi: il nitrato di ammonio è un esplosivo usato come fertilizzante, l’agente orange è un defoliante erbicida usato dagli americani contro i vietnamiti, lo zyclon B, erbicida e gas nervino tristemente noto. Questa ambiguità certo non sembra essere una garanzia per gli obiettivi dichiarati dall’UE. Stupisce -ma non troppo- che pratiche agricole che al contrario realmente perseguono una agricoltura pulita, sostenibile e circolare non vengano valorizzate quando addirittura non siano messe all’ angolo.
E’ l’anima perversa del neoliberismo, è il “Capitalismo e Schizofrenia” di cui scrisse Gilles Deleuze per cui una serie di elementi inconciliabili strutturano dalle fondamenta le politiche europee: da una parte si dichiara come obiettivo una agricoltura sostenibile e competitiva, dall’altra si decimano le aziende agricole; si punta la bussola sul biologico ma poi la Commissione Europea, molti parlamentari e la maggioranza degli Stati membri di fatto abbandonano il principio di precauzione valutando i nuovi OGM sulla base di una falsa equivalenza coi prodotti della natura, facendo ricadere l’onere della prova sui cittadini danneggiati e non sui chi trae profitto danneggiandoli.
Così l’Ue spinge su Tea e Ogm che, è noto, richiedono necessariamente l’uso di pesticidi ed erbicidi e non si comprende come questi possano conciliarsi con una agricoltura sostenibile. E’ curioso quanto inquietante a tal proposito che quella dei diserbanti e pesticidi, largamente adoperati dalla agricoltura industrializzata non solo dagli ogm, sia anche una storia di guerra che si intreccia funesta con quella delle armi chimiche. Alcuni esempi: il nitrato di ammonio è un esplosivo usato come fertilizzante, l’agente orange è un defoliante erbicida usato dagli americani contro i vietnamiti, lo zyclon B, erbicida e gas nervino tristemente noto. Questa ambiguità certo non sembra essere una garanzia per gli obiettivi dichiarati dall’UE. Stupisce -ma non troppo- che pratiche agricole che al contrario realmente perseguono una agricoltura pulita, sostenibile e circolare non vengano valorizzate quando addirittura non siano messe all’ angolo.
Abbiamo incontrato il Dott. Francesco Di Lorenzo, agronomo specializzato in Agricoltura Biologica, Organico-rigenerativa e Biodinamica, nonchè primo agronomo omeopata d’Europa. Attualmente opera come agronomo di campo, come divulgatore agricolo ed insegnante freelance presso il Master di Agroecologia e agricoltura Biologica all’Università Alma Mater Studiorium di Bologna.
In Italia ha fondato presso la FIAMO (Federazione Italiana Associazioni e Medixo Omeopatici), assieme al Prof. Dinelli, il Dipartimento di Agro-omeopatia.
Tra le tante cariche rivestite è anche componente del ‘Coordinamento Agroecologia Sicilia’, ente organizzatore del primo Congresso Internazionale di Agroecologia tenutosi la scorsa estate. Di Lorenzo ci spiega che “un’ agricoltura sostenibile è realmente praticabile nonostante le disposizioni dell’Ue restino a volte oscure e incomprensibili. Come diceva R. Steiner un’ azienda agricola è un sistema complesso, un unico organismo. Per questo motivo l’approccio da tenere nella scelta e nella applicazione delle pratiche agricole deve essere necessariamente di natura sistemica. Grazie a questo approccio squisitamente agroecologico è possibile garantire una economia sostenibile e circolare”.
Di Lorenzo argomenta e racconta che in qualità di agronomo e tecnico di campo, si e no ce ne saranno 10 in tutta Italia, si relaziona ai problemi che gli si presentano di volta in volta nelle varie aziende operanti in regime di agricoltura biologica, con un approccio multidisciplinare e trasversale, che prevede l’uso di svariate tecniche, quali la fitoterapia applicata alle piante, la micoterapia, la biodinamica e l’utilizzo di sostanze naturali altamente diluite o in microdosi.
L’obiettivo dice Di Lorenzo è “somministrare alle colture tutto ciò di cui hanno bisogno prelevandolo semplicemente dalla azienda agricola in cui esse sono coltivate. Sostanze quindi a km zero come si ama dire oggi, senza bisogno di acquistare costosi composti naturali prodotti in aziende distanti migliaia di km ed in sistemi agricoli con caratteristiche agroecologiche differenti da quello cui sono destinati, elemento questo di non secondaria importanza per garantire l’efficacia del trattamento. Così in un'azienda agricola, tramite una approfondita analisi agroecologica è possibile preparare estratti, macerati, fermentati etc, per trattare le patologie delle piante o semplicemente stimolarne la crescita o migliorarne la qualità. Lo scopo è quello di realizzare una agricoltura economicamente ed ecologicamente sostenibile. Con l’agroecologia si può lavorare per aumentare il livello di vitalità del suolo; questo significa potenziare la biodiversità microbiologica. “La siepe è la farmacia del terreno”, chiosa Di Lorenzo.
Così è possibile ottenere la risoluzione di moltissime patologie non risolvibili con le metodologie della agricoltura “convenzionale” e di ottenerlo a con sostanze naturali presenti in azienda e utilizzabili a costi veramente irrisori. L’obiettivo che il Dott. Di Lorenzo si propone “è in primis quello di insegnare agli agricoltori a produrre direttamente in azienda i rimedi di cui l’azienda necessita. Ad esempio la portulaca è un’erba tradizionalmente considerata infestante la cui presenza però dal punto di vista agroecologico ci indica che all’interno del sistema “azienda agricola”, vi è stato un uso eccessivo di azoto da parte dell’agricoltore, informazione importante, questa, tra le altre, che ci permette di inquadrare il livello di patogenesi del sistema in cui bisogna agire e preparare specifici rimedi in grado di ripristinare una corretta microbiologia del terreno. Un suolo sano garantisce coltivazioni sane. Inoltre l’estratto di portulaca può essere usato in microdosi o in dosi altamente diluite. Il suo estratto risulta utile come fungicida e per aumentare la colorazione dei frutti grazie alla presenza di numerosi e specifici pigmenti. In tal modo si realizza una agricoltura a basso costo, a basso impatto".
La parola chiave è quindi autoproduzione. Con questo tipo di approccio si è in grado di abbattere i costi rispetto alla agricoltura sia industrializzata che biologica anche dell’85%. Il dott. Di Lorenzo ci tiene a mettere in luce un controsenso enorme delle politiche agricole europee: "dichiarano di voler perseguire una agricoltura sostenibile ma poi di fatto la legislazione europea vieta agli agricoltori di usare le sostanze presenti nella propria azienda, rendendo tecnicamente dei 'fuorilegge' quanti per gestire una patologia a costo zero vorrebbero usare i batteri presenti in azienda, e li costringe invece ad acquistare a caro prezzo microrganismi selezionati col copyright. Per una agricoltura realmente sostenibile sarebbe utile insegnare a isolare e riprodurre, quando questo è possibile, funghi e batteri locali, che aiutano a portare vita all’interno del suolo. L'agricoltore versa anche nell’impossibilità di usare i semi derivati dalle proprie piante ed è costretto da provvedimenti inverosimili e assurdi ad acquistare e usare ogni anno per legge quelli cartellinati, selezionati e brevettati".
Uno dei tanti ostacoli alla costruzione di una agricoltura veramente sostenibile e sicuramente un gran regalo alle multinazionali che detengono i brevetti. Apparirà più chiaro a tutti adesso perché questi approcci sono osteggiati dalle multinazionali e non sono promossi dall’Ue. Si compone un quadro che non ci porta in Cina né nella vecchia Unione Sovietica comunista, entrambe usate sempre come spauracchio. No. Oggi si vive così in Italia grazie all'UE e il merito è tutto del neoliberismo.