L'Argentina e l'abbraccio mortale del Fondo Monetario Internazionale

Proprio come avvenne alle fine del secolo scorso. Col triste epilogo che vide il presidente De La Rua costretto a fuggire in elicottero per evitare di essere linciato dalle masse inferocite

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L'Argentina e l'abbraccio mortale del Fondo Monetario Internazionale

 

Non esistono pasti gratis. Si tratta di una frase di Milton Friedman, padre del neoliberismo, abbastanza ricorrente in economia. Vuol significare che ogni azione in campo economico ha un relativo costo. Abbastanza esoso dal punto di vista sociale per l’Argentina di Mauricio Macri che ha deciso di lasciarsi prendere dall’abbraccio mortale del Fondo Monetario Internazionale. Proprio come avvenne alle fine del secolo scorso. Col triste epilogo che vide il presidente De La Rua costretto a fuggire in elicottero per evitare di essere linciato dalle masse inferocite. 

 

Il paese finì la propria corsa in default. Per rialzarsi ci sono voluti anni e la fermezza dei coniugi Kirchner. 

 

Cosa prevede il nuovo accordo?

 

L’accordo tra il regime neoliberista argentino e il Fondo Monetario Internazionale prevede l’erogazione di 50 miliardi di dollari. L’Argentina riceverà la somma richiesta in varie tranche. Ad ogni passaggio l’organismo finanziario riesaminerà la pratica. Il governo di Buenos Aires riceverà 12 controlli fino al termine del programma denominato ‘Stand-By Arrangement’. Si prevede inoltre un monitoraggio mensile per i tassi d’inflazione, o quotidiano, per conoscere le politiche della Banca Centrale. 

 

Quali sono i costi?

 

In una lettera indirizzata al presidente dell’FMI, Christine Lagarde, il regime di Buenos Aires si impegna a ridurre il deficit primario e la spesa pubblica: «Continueremo ad avanzare nella riduzione delle sovvenzioni all'energia e ai trasporti con l'obiettivo di aumentare la percentuale del costo di produzione di quei servizi coperti dal prezzo pagato dai consumatori». 

 

In parole povere, i costi saranno scaricati sugli utenti che si troveranno a pagare tariffe più alte per servizi essenziali come gas ed elettricità. 

 

Con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica del 3,2% sul Prodotto Interno Lordo (PIL) si prevede di diminuire l’occupazione nel pubblico. A tal fine il governo afferma di essere intenzionato a «non rinnovare le posizioni in posti non prioritari, congelare nuove assunzioni nel governo nazionale per due anni ed eliminare le posizioni ridondanti». 

 

Dopo la riforma delle pensioni lanciata nel 2017 da Mauricio Macri, che si è conclusa con proteste e gravi incidenti nelle vicinanze del Congresso a causa delle ridotte entrate di molti pensionati, il documento promette a Lagarde «di introdurre miglioramenti nel sistema pensionistico per renderlo  finanziariamente sostenibile». 

 

Per rendere un’idea chiara ai lettori italiani di quel che ha promesso il governo argentino al massimo dirigente dell’organismo internazionale, basti pensare che la famigerata riforma Fornero attuata dal governo Monti, aveva come obiettivo proprio rendere sostenibile il sistema pensionistico italiano. Quel che non viene detto è che queste riforme sono invece insostenibili per i diretti interessati: ossia i pensionati e coloro i quali dopo una vita di lavoro vorrebbero giustamente godere del proprio diritto al riposo. 

 

La ricetta prevede inoltre la classica riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi da parte del governo nazionale del 15% rispetto al 2017, per gli anni 2018 e 2019. Per quanto riguarda i lavori pubblici, saranno portati avanti quei progetti «essenziali» per aumentare la «competitività» del paese. Tutti quelli non ritenuti essenziali saranno invece posticipati.

 

Colpo finale: maggiore autonomia della Banca Centrale

 

Ogni regime neoliberista che si rispetti parte dall’assunto che la Banca Centrale deve esercitare il proprio ruolo senza il condizionamento del governo. Un mantra fallace e pericoloso che lungi dal riuscire a tenere sotto controllo l’inflazione, provoca un esplosione della spesa per gli interessi sul debito. Anche in questo caso, l’esempio italiano con il famoso divorzio tra il Tesoro e la Banca d’Italia del 1981, è calzante.  

 

Le misure appena descritte avranno come unico effetto quello di far ripiombare l’Argentina in una situazione di dissesto finanziario. Gravi saranno le ripercussioni dal punto di vista sociale. Sulla pelle di un popolo argentino già segnato dalle ottuse politiche di neoliberismo selvaggio implementate dal governo Macri sin dal suo insediamento. 

 

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